Pulci di notte

di Stefano Lorenzetto

Veronica Gentili sul Fatto Quotidiano: «Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E Sergio Mattarella lo sa bene». Tenuto conto che il capo dello Stato è costretto a utilizzare una protesi acustica, non c’è peggior cieco di chi non si avvede delle gaffe.

Con la sua serie I grandi gialli, pubblicata da Specchio, settimanale della Stampa, Gianluigi Nuzzi non cessa mai di stupire. Nell’ultima puntata scrive: «Siamo nell’inverno del 1955, agli inizi di novembre». Segnaliamo al collega che l’inverno astronomico comincia il 21 dicembre e quello meteorologico il 1° dello stesso mese. Conclusione dell’articolo: «Quattro ergastoli inflitti ma Morandini si impiccherà nel 1960 nella sua cella con nove persone uccise in pochi mesi, dal novembre del 1955 al gennaio del 1956». Togliersi la vita in galera insieme con nove persone, l’ultima delle quali morta (ammazzata) quattro anni prima, è un esercizio davvero ragguardevole. Dal riassunto della vicenda che correda l’articolo apprendiamo infine che «tra il 1955 e il 1956, un serial killer colpisce nella Bergamasca». Trattasi di Vitalino Morandini, «nato nel 1961, bambino disciplinato». Talmente disciplinato che cominciò a uccidere addirittura sei anni prima di essere concepito nel ventre materno.

Secondo Carlo Macrì, mandato dal Corriere della Sera a Catanzaro per seguire lo scandalo del viadotto progettato da Riccardo Morandi e restaurato con materiali scadenti, i fratelli Eugenio e Sebastiano Sgromo, titolari della Tank di Lamezia Terme, si erano aggiudicati i lavori di manutenzione «per 25 miliardi di euro». Considerato che per il nuovo ponte Morandi di Genova si sono spesi 202 milioni di euro, quello di Lamezia Terme conveniva ricostruirlo. (Ovviamente, per il risanamento strutturale del cavalcavia calabrese l’Anas in realtà ha speso 1.000 volte di meno: 25 milioni di euro).

Enrico Franceschini sulla Repubblica si occupa di Terry Kelly, fermato per il sequestro della piccola Cleo Smith, «la bambina di quattro anni scomparsa dal campeggio in cui era andata in vacanza con la famiglia e liberata in un casolare dilapidato dopo diciotto giorni di affannose ricerche». Già il fatto che sia stato dilapidato un casolare pare singolare, ma che ciò sia avvenuto dopo che il medesimo era stato affannosamente cercato per 18 giorni è ancora più straordinario.

L’inserto culturale del Sole 24 Ore ricorda il traduttore Luigi Reitani, morto lo scorso 31 ottobre. Il sommario dell’epicedio suona lapalissiano: «Intellettuale finissimo, Reitani era capace di dedicare decenni all’edizione di un testo letterario (come le prose di Hölderlin) e di scrivere rapidamente articoli illuminanti sulle pagine della “Domenica”». Viene da pensare che finissimo sarebbe stato se avesse dedicato decenni per scrivere articoli illuminanti e sfornato rapidamente l’edizione di un testo letterario.

Il Corriere della Sera celebra L’Ora, glorioso quotidiano di Palermo chiuso nel 1992, nel quale lavorava Mauro De Mauro, il coraggioso cronista rapito e ucciso dalla mafia (il suo cadavere non fu mai ritrovato). Per l’occasione, pubblica il ricordo di Antonio Calabrò, che fece parte di quella squadra formidabile. Vi si legge questa frase: «Alcuni di noi redattori e dei commentatori politici avevamo in tasca una tessera del Pci». Poiché redattori (categoria cui apparteneva Calabrò) e commentatori politici erano soggetti ben distinti, l’avevamo appare improprio. Bastava scrivere: «Alcuni di noi – redattori e commentatori politici – avevano in tasca una tessera del Pci». O, volendo mantenere la prima persona plurale dell’imperfetto, ricorrere a una ripetizione: «Alcuni di noi redattori avevamo in tasca una tessera del Pci, così come alcuni dei commentatori politici». L’Ora esatta resta preferibile.

Vincenzo Bisbiglia si occupa sul Fatto Quotidiano dell’inchiesta della Procura di Roma sulle mascherine anti Covid, una commessa da 1,2 miliardi di euro in cui «avrebbe fatto da mediatore Mario Benotti (giornalista Rai in aspettativa) che ha incassato come provvigione 12 milioni di euro pagate dalle ditte cinesi fornitrici». Non si comprende a chi sia riferito il participio al femminile. Subito dopo si chiede: «Ma come è funzionato il sistema delle certificazioni?». Il verbo intransitivo funzionare richiede l’ausiliare avere e non essere.

Didascalia da Domani: «Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, aveva emesso un’ordinanza per chiedere ai No-pass di predisporre un servizio d’ordine». Lo stesso che con una virgola separa anche il soggetto dal verbo?

«A Murano hanno chiuso otto fornaci. Non hanno retto all’aumento vertiginoso dei prezzi del gas, cresciuti quasi del 500%. Costi che hanno estrogenato le bollette», informa Laura Berlinghieri sulla Nuova Venezia, parlando dei maestri artigiani del vetro soffiato. Non ci eravamo mai imbattuti nel verbo estrogenare, di cui peraltro non si trova traccia nei dizionari. Trattandosi di una collega, ci procura un qualche imbarazzo dover richiamare il significato dell’aggettivo estrogeno secondo il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia: «Che produce l’estro venereo. — Anche sostantivato: sostanza che promuove le modificazioni periodiche del ciclo femminile culminanti con l’estro (e specialmente agisce in soggetti femminili immaturi o che hanno subìto l’ovariectomia)». Ci pare che gli attuali costi del metano, più che indurre all’accoppiamento, spingano alla depressione.

SL