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Firmiamo tutti per la liberazione di Julian Assange
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SENZA GIUSTIZIA
Verdetto contro Assange: Boris Johnson “vende” Mr. Wikileaks
LO SPETTRO DELL’ESTRADIZIONE – Il whistleblower rischia 175 anni di galera. “Questo processo è una vendetta voluta da Trump” dice Kristinn Hrafnsson, nuovo direttore del sito di rivelazioni
Nessuno si aspettava una sentenza giusta, perché di giustizia in questo caso non ce n’è mai stata. Julian Assange potrà essere estradato negli Stati Uniti e processato per la pubblicazione dei documenti segreti del governo Usa, che hanno permesso di rivelare crimini di guerra e torture. Se riconosciuto colpevole rischia 175 anni in galera. A decidere di ribaltare completamente il verdetto del giudice di primo grado, Vanessa Baraitser, che il 4 gennaio scorso aveva negato l’estradizione, è stata la High Court di Londra con una sentenza dei giudici Lord Burnett e Lord Holroyde, letta da quest’ultimo in appena dieci minuti. Il fondatore di WikiLeaks non era presente in aula o perlomeno non si è mostrato ai giornalisti, ma lo choc è prevedibile.
“È un giorno oscuro per il giornalismo ed è agghiacciante che questa sentenza sia stata emessa proprio nel giorno in cui si celebra la Giornata mondiale dei diritti umani e in cui altri due giornalisti, Maria Ressa e Dmitry Muratov, ricevono il premio Nobel per la Pace”, dichiara al Fatto Quotidiano l’attuale direttore di WikiLeaks, il giornalista investigativo islandese Kristinn Hrafnsson, che continua: “Julian è oggetto di vendetta per aver praticato il giornalismo e questo processo penale, voluto da Donald Trump, non è altro che una persecuzione politica”.
In primo grado, il giudice Baraitser aveva rigettato ogni argomento della difesa di Assange, tuttavia, aveva negato l’estradizione esclusivamente sulla base del fatto che, se trasferito negli Stati Uniti, rischierebbe di commettere un suicidio, sia per le sue condizioni fisiche e mentali, fotografate nella loro gravità dalle perizie psichiatriche agli atti, sia per il regime carcerario di eccezionale durezza a cui sarà soggetto. Le udienze del procedimento di estradizione, infatti, hanno permesso di chiarire che se mandato negli Usa, verrebbe sottoposto alle cosiddette “sams”, misure di isolamento totale, e verrebbe, in tutta probabilità, detenuto nella prigione più estrema degli Stati Uniti: l’Adx Florence, in Colorado, che, secondo le autorità americane, è destinata a condannati che non mostrano alcun rispetto per la vita umana, come il re del narcotraffico, El Chapo. Dopo aver perso in primo grado, gli Stati Uniti avevano subito incassato una vittoria, ottenendo che Julian Assange rimanesse comunque in carcere, nella prigione di massima sicurezza di Londra, Belmarsh – dove si trova dall’11 aprile 2019 –, nonostante, a oggi, non sia condannato per alcun reato. Poi, avevano prontamente appellato la sentenza del giudice Baraitser, argomentando, tra l’altro, che il giudice di primo grado ha errato nella sua valutazione del rischio di suicidio e che le autorità americane hanno fornito garanzie diplomatiche. In cosa consistono esattamente queste “garanzie?
Si tratta di pure rassicurazioni verbali sul fatto che, se estradato, Assange non verrà né sottoposto alle misure carcerarie sams né mandato nella prigione Adx Florence, gli verranno assicurate le cure mediche necessarie per il suo grave stato di salute mentale e potrà chiedere di scontare la pena nel suo Paese, l’Australia. I giudici della High Court non hanno rigettato il rischio suicidio, hanno però dato ragione agli Stati Uniti sul fatto che le garanzie diplomatiche offerte possono mitigare questo rischio e quindi hanno stabilito che il fondatore di WikiLeaks può essere estradato. Poco importa che nelle settimane scorse sia emerso, grazie a un’inchiesta giornalistica di Yahoo! News, che la Cia aveva pianificato di uccidere o rapirlo e che organizzazioni eminenti per la difesa dei diritti umani, come Amnesty International, abbiano denunciato la completa inaffidabilità delle garanzie diplomatiche messe sul piatto dagli Usa.
Il team legale di Julian Assange, coordinato dall’avvocata inglese Gareth Peirce, ha prontamente annunciato che appellerà la sentenza alla Corte Suprema inglese.
Per Julian Assange si prospettano anni di battaglia legale, in carcere. Sempre che non si suicidi prima. I criminali di guerra e i torturatori, denunciati dalle pubblicazioni di WikiLeaks, invece, non hanno mai fatto un’ora in galera. Dormono sonni tranquilli con questa “giustizia”.