L’ANTICIPAZIONE

Truffa dei diamanti: politici, massoni e ’ndrine
“REPORT” – Il programma torna sul business delle pietre vendute in Mps a prezzi gonfiati che hanno rovinato migliaia di italiani: il ruolo di Profumo, Viola e Pitelli
DI NICOLA BORZI
Dietro il business miliardario dei diamanti venduti in banca a prezzi gonfiati, che ha distrutto i risparmi di migliaia di italiani, c’erano altissimi dirigenti del credito, politici, avvocati massoni legati alla ‘ndrangheta. Quando un ispettore della Banca d’Italia che controllava Mps, una delle banche coinvolte, ha scoperto gli snodi di questa vicenda, i superiori lo hanno costretto a una perizia psichiatrica (che lo ha dichiarato idoneo al servizio), demansionato, sottoposto a procedimento disciplinare e sospeso da servizio e stipendio. Il Fatto ha raccontato questa storia il 26 ottobre. La puntata di Report in onda stasera, firmata da Emanuele Bellano, fa nomi e cognomi dei protagonisti a partire da quello del funzionario di Bankitalia, Carlo Bertini.
I diamanti erano venduti in banca da due società, Dpi – Diamond Private Investment – di Maurizio Sacchi e Idb – Intermarket Diamond Business – di Claudio Giacobazzi, suicidatosi quando è esploso lo scandalo. Dal 2012 Dpi e Idb hanno firmato accordi con Mps, UniCredit, Intesa Sanpaolo e Banco Bpm. Le pietre erano vendute ai clienti in base a un “listino prezzi” pubblicato sul Sole24Ore, che non riportava però prezzi di mercato ma dati autoprodotti da Idb e Dpi. Le banche ricevevano lucrose commissioni e i bancari più bravi a vendere premi come cellulari, tablet, denaro, gioielli. Dal 2013 al 2017 Mps ha venduto pietre di Dpi per 340 milioni, incassando commissioni per 42 milioni. La Procura di Milano ha sequestrato oltre 700 milioni e ora un centinaio di manager rischiano il processo per truffa e autoriciclaggio.
Il 21 novembre 2019 Il Fatto aveva rivelato che già cinque anni e mezzo fa Bankitalia sapeva delle anomalie usate dal Monte per piazzare diamanti ai clienti. Lo dimostrava l’esposto anonimo inviato l’8 gennaio 2016 da un “onesto impiegato di Mps” alla Vigilanza e alla filiale di Firenze di Bankitalia, alla Procura di Siena e allo stesso Montepaschi. “Il risparmiatore paga 10mila euro un oggetto acquistato a meno di 2.000 e l’80% dei suoi risparmi è diviso tra banche, il broker Dpi e sponsor”, scriveva il bancario. “Mps è stata oggetto di numerose ispezioni della Banca d’Italia, come altre banche. Gli ispettori non hanno visto nulla?”, chiedeva l’esposto.
In realtà l’ispettore Bertini scopre che il primo accordo tra Mps e Dpi è del 2012, quando a guidare la banca c’erano il presidente Alessandro Profumo e l’ad Fabrizio Viola. Sotto il loro mandato la vendita si consolida fino al culmine tra 2015 e 2016. Un dirigente Mps il 13 settembre 2013 appunta: Sacchi ha incontrato Viola.
In una mail del 12 ottobre 2012 si legge: Sacchi ha un contatto diretto con Profumo. Il 7 febbraio 2013 due bancari di Mps si scrivono che Profumo “è amico di Mario Baldassarri”, ex viceministro all’Economia, nel 2013 senatore del Pdl e amministratore di Dpi, la società che vende tramite Mps. Il meccanismo l’ha messo in piedi Massimo Santoro, per trent’anni direttore centrale della Vigilanza di Banca d’Italia che nel 2011 diviene presidente di Dpi. Quando il business si blocca, Sacchi trasferisce soldi all’avvocato Giancarlo Pittelli, legale di Dpi, ex parlamentare di Forza Italia poi in Fratelli d’Italia, avvocato delle famiglie di ‘ndrangheta Piromalli e Mancuso, legato alla massoneria. Ma quando il funzionario ne parla con i suoi superiori in Banca d’Italia, Ciro Vacca, capo della supervisione bancaria, Paolo Angelini, capo della Vigilanza, e Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale, viene sanzionato: l’ispettore ha fatto il suo lavoro troppo bene, dunque va punito.