Pulci di notte
di Stefano Lorenzetto
Su Specchio, settimanale della Stampa, l’intervista con Maurice Lévy, presidente del gruppo Publicis, firmata da Alain Elkann (che è il padre dell’editore e quindi dovrebbe essere trattato con ogni riguardo), è corredata da due foto con un’unica didascalia, che qui riportiamo alla lettera, strafalcioni inclusi: «Maurice Levy pggi e sopra conMarcel Bleustein Blanchet». Nella foto piccola compare Lévy, in quella grande un camion della Coca-Cola. Può anche darsi che al volante ci fosse Marcel Bleustein-Blanchet, fondatore della società oggi presieduta dall’intervistato, però non si riesce a scorgerlo…
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Aldo Bonomi sul Sole 24 Ore, sotto il condivisibile titolo «Sono le virtù civiche che generano crescita, non il contrario», scrive cose non altrettanto condivisibili: «A muoverle è il radicamento territoriale tipico del nostro modello di capitalismo famigliare, più che la benevolenza filantropica, che è qualcosa di molto più concreto e “caldo” rispetto agli schemi tiepidi della Corporate social responsibility e anche qualcosa di diverso dal give back anglosassone imperniato sulla scissione tra momento del profitto e della beneficienza». La frase è contorta, familiare sarebbe stato preferibile a famigliare e beneficenza non vuole la i.
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Titolo della Verità per la rubrica La scommessa di Cesare Lanza: «Credenti o non, è indispensabile il rispetto delle sensibilità». L’avverbio negativo olofrastico (detto così perché, da solo, costituisce un’intera frase) in italiano è soltanto no, come insegna il linguista Luca Serianni. Quindi bisognava scrivere «Credenti e no».
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Carlo Macrì, inviato a Ravanusa dal Corriere della Sera, afferma che l’esplosione di gas ha danneggiato «decine di altri stabili in un raggio di 400 metri quadrati». Difficile che un raggio possa essere espresso in metri quadrati, trattandosi della metà del diametro della circonferenza. Delle due l’una: o il raggio era di 400 metri e la superficie investita dalla deflagrazione di 502.560 metri quadrati, oppure la superficie devastata era di 400 metri quadrati e il raggio di 11,28 metri. Jacopo Strapparava su Anteprima ha ripreso pari pari lo svarione, rendendosene conto solo il giorno dopo. Il che gli fa molto onore.
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Su Libero, un toccante articolo dedicato da Renato Farina alla tragedia di Ravanusa è stato intitolato «Il dolore non è così distante: Ravanuso siamo noi». Invece è così distante che in redazione manco sanno come si scrive.
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Su Domani, un giornalista di lungo corso come Enrico Deaglio parla della Procura di Milano e di «un suo breve momento di integrità». Poiché momento significa «minima frazione di tempo», ci chiediamo come farà una minima frazione di tempo a essere ancora più minima.
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Sommario dal Fatto Quotidiano: «Battaglia legale. Il nipote dell’aristocratico chiede beni per 10 milioni. Una vittoria gioverebbe ai parenti delle vittime ebree della Shoah». Affermazione tautologica. Non esistono vittime della Shoah che non siano ebree, giacché questo sostantivo femminile designa unicamente «lo sterminio degli Ebrei a opera dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale» (Lo Zingarelli 2022).
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Sommario dalla Verità: «Ai cittadini vengono nascoste le notizie scomode, come fossero davvero delle pecore». Le notizie ovine costituiscono una novità assoluta.
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In un articolo su Domani, Paolo Morando infila questa perla: «Il nome di Guido Rossa, probabilmente, senza quel delitto sarebbe resistito oggi al più nella cultura alpinistica italiana». Il verbo resistere richiede l’ausiliare avere, come dovrebbe essere ben noto a Morando, autore di quattro corposi saggi per Laterza, nell’ultimo dei quali, Eugenio Cefis. Una storia italiana di potere e misteri, cita l’autore della presente rubrica per un’intervista in cui Michel Thoulouze parlava della tragica fine di Enrico Mattei. Tuttavia, «amicus Plato, sed magis amica veritas».
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