TUTTI I VERBALI
Graviano: “C’è la carta del patto firmato da B.”
FIRENZE – Il boss rivela ai pm: “Il nonno mi disse che Berlusconi gli aveva chiesto un investimento di 20 miliardi di lire per le sue attività. Mio cugino mi mostrò l’atto privato”
18 DICEMBRE 2021
Eccoli i verbali di Giuseppe Graviano su Berlusconi. Portano la data del 20 novembre 2020 e del 1º aprile 2021. Sono stati depositati dai pm di Firenze che indagano su Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi per l’ipotesi (enorme e tutta da dimostrare) che l’ex premier e l’ex senatore di FI abbiano avuto un ruolo di mandanti esterni nelle stragi del 1993 che costarono la vita a dieci persone a Milano e Firenze e negli attentati del 1993 contro le Basiliche e Maurizio Costanzo a Roma.
Il procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, e i due aggiunti, Luca Turco e Luca Tescaroli, hanno sentito il boss come ‘persona condannata per reato connesso’ essendo già condannato per quei fatti.
Le affermazioni di Graviano sono tutte da riscontrare. Nel febbraio 2020, quando parlò al processo ‘Ndrangheta Stragista’ l’avvocato dell’ex premier Nicolò Ghedini tuonò: “Dichiarazioni totalmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà e palesemente diffamatorie”. La Corte di Reggio che ha condannato Graviano per altri fatti, scrisse in sentenza che le sue dichiarazioni su Berlusconi sono prive di riscontro.
Fatte queste premesse, per dovere di cronaca, non si può non riportare quanto Graviano ha dichiarato su Berlusconi che è pur sempre un candidato alla Presidenza della Repubblica. Ieri L’Espressone ha anticipato alcuni stralci, qui proponiamo il testo esteso del verbale del 20 novembre 2020. Quando i pm gli chiedono: “Riferisca in ordine a eventuali rapporti economici con Berlusconi e Dell’Utri”, il boss risponde: “Mio nonno Quartararo Filippo, che lavorava nel settore ortofrutticolo, mi raccontò che aveva conosciuto Silvio Berlusconi attraverso un tramite il cui nominativo non conosco; Berlusconi gli aveva richiesto di operare un investimento di 20 miliardi di lire per le sue attività, con l’intesa di una partecipazione al 20% a tutte le attività e ai proventi derivanti da tale investimento.
Mio nonno (…) non aveva a disposizione la somma intera e allora si rivolse ad alcuni conoscenti coinvolgendoli nell’operazione. Mio nonno investì l’importo di 4,5 miliardi di lire; le altre persone che investirono denaro insieme a lui erano Alfano Carlo per l’importo di 10 miliardi di lire, Serafina, moglie di Salvatore Di Peri, Antonio La Torre detto Nino il pasticcere e Matteo Chiazzese, per l’importo residuo. (…) Mio nonno – prosegue Graviano – mi ha raccontato di tale vicenda dopo la morte di mio padre avvenuta il 7 gennaio 1982; egli mi disse che mio padre non aveva voluto sapere nulla di questa situazione e mi chiese di occuparmene insieme a mio cugino Salvatore Graviano (morto nel 2002, ndr). Io e mio cugino ci siamo rivolti a Giuseppe Greco, papà di Michele (detto Il Papa, boss condannato al Maxiprocesso, ndr), per essere consigliati da lui, ed egli ci invitò a coltivare il rapporto iniziato dal nonno”. Qualche mese dopo, prosegue il boss, “mio nonno portò me e Salvatore a Milano ad incontrare Silvio Berlusconi. L’incontro avvenne all’Hotel Quark (..) presso tale hotel sono tornato per festeggiare il cenone di fine anno 1990/1991 nel corso del quale vi erano ballerine sudamericane (…). Mio nonno ha consegnato a mio cugino Salvatore una ‘carta’ che quest’ultimo mi mostrò: era firmata da Berlusconi e da tutte le persone che avevano effettuato l’investimento e prevedeva l’impegno di condividere il 20% di quanto era stato realizzato con l’investimento iniziale. La carta era stata predisposta da un professionista, non so dire se un notaio, un avvocato, un commercialista. Mi pare di ricordare che alcuni degli investitori avevano come professionista di fiducia l’avv. Canzonieri. L’intendimento mio e di mio cugino è sempre stato quello di ottenere da Berlusconi la formalizzazione dell’accordo. L’ultimo incontro che ho avuto con Silvio Berlusconi è avvenuto nel dicembre 1993, nel corso del quale ci accordammo per formalizzare l’accordo di partecipazione societaria davanti ad un notaio per la data mi sembra del 14 febbraio 1994. Tale incontro avvenne in un appartamento, presso Milano 3, che Berlusconi aveva messo a disposizione di mio cugino Salvo; Berlusconi era accompagnato da due persone di cui non so riferire niente.
Era un appartamento posto al primo o al secondo piano di una palazzina; dalla finestra posta sul retro (rispetto all’ingresso) dell’appartamento si vedeva una caserma dei carabinieri; sul davanti della palazzina la strada si attraversava per il tramite di un ponticello (ve n’era più di uno) che conduceva a uno spazio antistante a una piscina e più avanti vi era un albergo e un esercizio commerciale (…) era un appartamento piccolo, forse un paio di stanze, era al primo o al secondo piano e c’era l’ascensore (Omissis)”. Poi Graviano teorizza: “Sono convinto che io e mio cugino Salvatore siamo stati arrestati per impedirci di formalizzare l’accordo economico di cui ho riferito con Silvio Berlusconi; e le stragi sono cessate per addossare tutte le precedenti a me”. Poi i pm propongono a Graviano alcuni passi delle sue conversazioni intercettate in carcere nel 2016. Alla domanda dei pm “Si riferiva a Berlusconi?”, Graviano risponde deciso: “Sì”. Poi i pm gli chiedono a bruciapelo: “Ci dica se Berlusconi è stato il mandante delle stragi”. Graviano replica: “Non lo so se è stato lui” e segue un omissislungo. I pm Creazzo, Turco e Tescaroli tornano in cella a Terni il primo aprile. In questo secondo interrogatorio chiedono dove sta la carta dell’accordo “firmato da Silvio Berlusconi e dagli altri investitori, che prevedeva l’impegno di condividere il 20% di quanto era stato realizzato con l’investimento di 20 miliardi di lire, di cui ha parlato nel precedente verbale?”. E Graviano: “Questo documento era in possesso di mio cugino Salvatore; mi devo sentire con dei miei parenti che devono mettermi nelle condizioni di recuperare il documento; non ho interesse a recuperare il denaro, ma solo a far rispettare l’impegno e a far emergere la verità. Mi si chiede chi siano queste persone e dico che non intendo fornire il nominativo di costoro, con le quali peraltro teneva i contatti mio cugino Salvo”.
Nell’interrogatorio integrale registrato si legge che il pm Turco chiede: “Lei l’ha vista questa carta privata?”. Graviano: “Sì sì sì l’ho vista”. Turco chiede: “E cosa c’era scritto in questa carta?”. Graviano replica: “Che prima possibile dovevano regolarizzare la società facendo entrare il signor Alfano c’era la cifra precisa il 10 per cento … mio nonno il 4,5 … divise queste con Berlusconi”.
Dal verbale sintetico si apprende che i pm il primo aprile scorso hanno chiesto di nuovo a Graviano dell’appartamento di Milano 3 dopo un’ispezione a Basiglio, nel residence, della Dia. “Si dà atto che, nel corso dell’interruzione, Graviano – si legge nel verbale – ha visionato i video (suddivisi in 31 frame) realizzati a Milano 3 (…)”. Graviano commenta “il residence che ho appena visionato nelle immagini è quello da me indicato, anche se non riesco individuare esattamente l’appartamento; vi chiedo di effettuare una ripresa che evidenzi l’accesso allo stabile; nell’uscire dallo stesso si arriva alla portineria, si esce si gira a sinistra ricordo che sulla destra ci sono delle siepi, si attraversa un ponte pedonale e tramite un viadotto piccolino che si percorre a piedi tra due stabili, si arriva ad uno spiazzo dove c’era una piscina”.
I pm tornano a parlare del nonno: “Come furono consegnati a Berlusconi i soldi? Chi fece da tramite? Berlusconi era a conoscenza della provenienza di tali soldi?”. Graviano tentenna: “Non lo so, io sono intervenuto soltanto nel 1982; mio nonno non penso che abbia conosciuto direttamente Berlusconi; ha avuto un tramite; anzi in sede di verbalizzazione riassuntiva preciso che il tramite è la persona che ha fatto conoscere a mio nonno, Berlusconi; i due, mio nonno e Berlusconi, si conoscevano”. I verbali di Graviano sono stati depositati al Tribunale del Riesame. L’avvocato Mario Murano ha impugnato i decreti di perquisizione nell’interesse dei fratelli Nunzia e Benedetto Graviano (terzi non indagati). Al Fatto dice: “Dopo decenni si continua a compiere attività intrusiva nei confronti dei miei assistiti che non hanno nulla a che fare con le indagini in corso e non risultano depositari di alcun documento segreto”.