Pulci di notte

di Stefano Lorenzetto

Incipit di un articolo di Irene Soave sul Corriere della Sera: «“Tutti i regimi russi si somigliano”, come le famiglie infelici di Tolstoj». È l’esatto contrario. «Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo», scrive il grande romanziere russo nel primo capoverso di Anna Karenina.

Su Robinson, supplemento culturale della Repubblica, il lettore Piero Orrù infila due strafalcioni bellamente ignorati dalla redazione: «André Malreaux» invece di Malraux e «profiqui contatti» invece di proficui. Sorge il sospetto che questo Orrù, firma già notata in passato nella rubrica Mail nella bottiglia, abbia voluto affidare un messaggio al mare magnum repubblicano per saggiare il livello culturale dei giornalisti, come nelle prove Invalsi. Esperimento riuscito.

Titolo dalla prima pagina del Fatto Quotidiano: «Quanti sono davvero i decessi e i contagi fra vaccinati e non». L’avverbio negativo olofrastico (detto così perché, da solo, costituisce un’intera frase) è soltanto no, quindi bisognava scrivere «vaccinati e no». Come fece Elio Vittorini per il titolo del suo romanzo Uomini e no.

Titolo a tutta pagina su Libero: «La casa di Pasolini interessa a nessuno». L’occhio si ribella a questa bizzarra costruzione. Infatti, «nessuno ha di per sé forza di negazione solo quando è preposto al verbo di modo finito: nessuno parlava», insegna Aldo Gabrielli nel suo Dizionario linguistico moderno (Edizioni scolastiche Mondadori). «Quando è invece posposto, richiede sempre la negazione: non parlava nessuno. Èrrano quindi coloro che dicono “parlava nessuno”, “voglio nessuno” e simili; si dirà sempre non ho veduto nessunonon lo crede nessunonon voglio nessuno eccetera».

Sommario da Domani: «Ma il passato insegna che è solo un’escamotage». Il gender dilaga.

Alessandro Barbera parla di Giancarlo Giorgetti sulla Stampa: «Durante la riunione il ministro dello Sviluppo camuffa il giudizio dietro ad un’apparente no all’allargamento degli obblighi». No in questo caso è sostantivo maschile, quindi l’aggettivo apparente ne segue il genere: un apparente, non una apparente, pertanto senza l’apostrofo. Confermiamo che il gender dilaga.

Beppe Scienza scrive sul Fatto Quotidiano, nella rubrica Il risparmio tradito: «Conclusioni operative: chi vuole evitare i rischi peggiori per il proprio risparmio previdenziale, interrompesse ogni versamento in polizze previdenziali, fondi pensione e pip (piani individuali pensionistici). Riscattasse, inoltre, quanto più può». Ci pare tradita anche la sintassi: nelle due frasi non era richiesto il congiuntivo imperfetto, bensì l’imperativo presente: interrompa e riscatti.

Titolo dal Corriere della Sera: «Test, lunghe code da Milano fino a Palermo». Quindi code multiple lunghe 1.467 chilometri? Un po’ troppi per un tampone.

Corrado Zunino a pagina 31 della Repubblica, sotto il titolo «L’emergenza. Un ragazzo su cinque schiavo del porno web. “Aiutiamoli a dire no”»: «Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, dice: “Troppi colleghi pensano che la pornografia sia liberatoria, invece è un’automobile in mano ai bambini. Vanno fatti scendere, se no si schiantano”». Elena Stancanelli a pagina 40: «La pornografia ha uno scopo ricreativo e non fa male». Vi dispiacerebbe mettervi un attimo d’accordo?

Salvatore Dama sul Tempo racconta di un attacco informatico ai danni della Gazzetta Ufficiale. «Una manina del ministero dei Trasporti» avrebbe inserito nell’edizione online, in calce al testo della legge 29 luglio 2021 numero 108, questa annotazione in caratteri rossi (poi prontamente rimossa dal sito): «Visto che nessuno dei ministri si è vergognato a firmare una simile legge, noi ci vergogniamo di pubblicare l’Allegato e ci limitiamo a pubblicare il testo coordinato (già più che sufficiente a provocare ulcere gastriche nei lettori)». Commenta Dama: «Per capirci, è come se un writer avesse disegnato un uccello sul portone di Palazzo Chigi». Tordo? Fringuello? Padùlo?

Dalla Gazzetta di Mantova: «Anche la scelta del titolo, “Cavoli a merenda”, ovvero come qualcosa che non c’entra nel contesto, è dell’autrice. “In realtà me ne aveva proposti due e mi ha detto, scegli tu”, racconta Parenti, la cui casa editrice nel 2022 celebrerà i suoi primi 25 anni». Anche quel primi c’entra come i cavoli a merenda: se fossero i secondi 25, la casa editrice celebrerebbe il cinquantenario.

SL

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