Brusca ai pm: “Le stragi miravano a portare Berlusconi in sella con Dell’Utri”

IL VERBALE – L’ex boss è stato interrogato dai pm Luca Turco e Luca Tescaroli l’11 giugno scorso nel procedimento che vede indagati l’ex cavaliere e il suo fidato Marcello per le bombe esplose a Firenze, Milano e Roma nel 1993-1994

31 DICEMBRE 2021

Giovanni Brusca torna a parlare del movente delle stragi degli anni 90 e fa i nomi di Berlusconi e Dell’Utri. L’ex boss è stato interrogato dai pm Luca Turco e Luca Tescaroli l’11 giugno scorso nel procedimento che vede indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri per le bombe esplose a Firenze, Milano e Roma nel 1993-1994.

L’ipotesi accusatoria di un presunto ruolo di mandanti esterni dei due fondatori di Forza Italia nelle stragi e negli attentati, va da sé, è enorme e tutta da verificare. Sono già stati iscritti e archiviati su richiesta dei pm di Firenze tre volte nei decenni precedenti. Nel 2020, per la quarta volta, a seguito delle dichiarazioni del boss Giuseppe Graviano (tutte da verificare) sui suoi presunti rapporti con Berlusconi, le indagini sono state riaperte. Ed è stato interrogato di nuovo Giovanni Brusca.

Un breve stralcio del verbale è stato depositato il 14 dicembre davanti al Tribunale del Riesame di Firenze dai pm per difendere i sequestri effettuati a ottobre nelle case dei fratelli di Giuseppe Graviano, non indagati. Per Brusca: “Quello che ha dichiarato Salvatore Cancemi in ordine alla finalità delle stragi di portare in ‘sella’ Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri è la verità”.

Cosa disse Cancemi? Il collaboratore di giustizia, deceduto nel 2011, non parlò chiaro delle confidenze di Riina su Berlusconi subito ma solo alcuni anni dopo l’avvio della sua collaborazione, risalente al 1993. Il 23 aprile 1998 davanti ai pm di Caltanissetta, Firenze e della Dna, si ricordò che Riina nel 1992 gli disse “che aveva nelle mani” Berlusconi e Dell’Utri. Secondo Cancemi le stragi erano state fatte da Riina per un fine politico. Gli disse il Capo dei capi “dobbiamo sfiduciare a quelli che sono in sella e quindi noi poi dobbiamo portare in seguito a queste persone”.

A quell’interrogatorio del 1998 di Cancemi, per la Procura Nazionale Antimafia c’era l’attuale senatore Pietro Grasso e per Caltanissetta c’era un giovane pm Tescaroli, ora procuratore aggiunto di Firenze.

Le dichiarazioni di Cancemi sono state già vagliate dai magistrati che hanno più volte prosciolto nei decenni scorsi sia a Caltanissetta che a Firenze, Dell’Utri e Berlusconi. Il gip Giovanbattista Tona a Caltanissetta nel 2002 scrisse che Cancemi su Berlusconi e Dell’Utri “non ha spiegato nulla del tipo di accordo che con loro sarebbe intervenuto e di quale poteva essere l’interesse di costoro alle stragi per cui si procede”. Il gip aggiungeva: “Brusca dal canto suo ha dichiarato di non sapere nulla di questi contatti, ma si è anche visto che le sue propalazioni in ordine al suo coinvolgimento e alle sue conoscenze circa i contatti politici intrattenuti dall’organizzazione negli anni 1991-1994 sono apparse particolarmente reticenti”. Per il gip Tona, quel Brusca di allora “non vale a dare netta smentita alle dichiarazioni di Cancemi, per altro verso non consente di dare ad esse alcun riscontro né di superare la loro genericità”.

Tutto ciò premesso va detto anche che la Procura di Firenze giustamente non molla e si interessa ancora alle stragi ponendo domande che a distanza di quasi 30 anni non hanno trovato risposte certe. Brusca il 21 giugno scorso dopo aver detto ai pm fiorentini “quello che ha dichiarato Salvatore Cancemi in ordine alla finalità delle stragi di portare in ‘sella’ Berlusconi e Dell’Utri è la verità” aggiunge “anche se credo che abbia fuso due interlocuzioni che invece erano parallele: la trattativa con i Carabinieri e i rapporti con Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Per me ora – conclude Brusca con i pm – conoscendo il modo di ragionare di Salvatore Riina, e tenuto conto delle varie risultanze processuali di cui sono venuto a conoscenza nel tempo, è molto chiaro che vi sono state contemporaneamente queste due interlocuzioni”.

Nell’ordinanza che conferma i sequestri effettuati a casa dei fratelli di Graviano, non indagati, i tre giudici del Riesame (relatore Grazia Aloisio, presidente Elisabetta Improta) scrivono che il sequestro è avvenuto “nell’ambito del procedimento penale n. 47032020”, poi elencano i reati per i quali si procede, cioé strage continuata e pluriaggravata per i fatti di Firenze del 27 maggio e Milano del 27 luglio (10 morti in tutto) e per gli attentati di Roma del 28 luglio contro le basiliche e del 14 maggio 1993 contro Maurizio Costanzo. Infine indica i nomi legati ai reati: “per i quali sono indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”.

Il decreto di perquisizione dei pm, per i giudici, è “sorretto da idonea motivazione (…) in ordine al fumus”. Sul punto i giudici scrivono: “Invero dalle investigazioni effettuate dalla Dia (…) è emersa la necessità di riscontrare le dichiarazioni rese da Giuseppe Graviano in ordine alla partecipazione finanziaria di Quartararo Filippo, nonno del Graviano e di altri esponenti della mafia palermitana, alle attività economiche di Silvio Berlusconi, che sarebbe stata sancita da una scrittura privata in disponibilità di soggetti di cui il Graviano non ha fornito le generalità, ma riconducibili al suo ambito familiare. Tali rapporti costituirebbero antefatto rispetto alla strategia che ha portato all’esecuzione delle stragi del biennio 1993-1994 – delitto per il quale il Graviano è stato condannato all’ergastolo – come ipotizzabile anche alla luce della ulteriore documentazione prodotta dalla Procura della Repubblica (dichiarazioni pentiti e sentenze della Suprema Corte)”.

L’avvocato dei fratelli di Graviano, non indagati, Mario Murano, ha annunciato ricorso in Cassazione.