Svolta sui rifiuti nucleari, Sogin verso il commissariamento. In forse il destino della Centrale del Garigliano
Svolta sulla gestione dei rifiuti nucleari. Da una parte arriva la notizia, pubblicata dall’Espresso, di un’indagine della Guardia di finanza a carico di Sogin, dall’altra si apprende dal Corriere della Sera il prossimo commissariamento della stessa Sogin deciso dal Governo. Dell’indagine non si conoscono molti particolari, ma si sa che sono in corso attività di verifica sull’operato di tre dirigenti della società pubblica, già sostituiti dall’amministratore delegato. La Finanza alla vigilia di Natale si è presentata negli uffici della società ed ha sequestrato computer e documenti.
Ma ecco, in un articolo di Stefano Agnoli e Milena Gabanelli, cosa scrive il Corriere della Sera
A più di vent’anni dalla sua creazione, e dopo essere costata finora a chi paga le bollette 4 miliardi di euro per concludere solo il 30% dei lavori di smantellamento nucleare, la Sogin si avvia al commissariamento. La procedura per l’amministrazione straordinaria della società che ha il compito di chiudere la stagione del vecchio nucleare italiano (conclusasi nel 1986 dopo l’incidente di Chernobyl) sta per essere definitivamente portata a termine dall’azionista, il ministero dell’Economia di Daniele Franco, e potrebbe diventare esecutiva nei prossimi giorni. «Un problema di ordine nazionale», era stato poche settimane fa il commento del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ha preso la decisione del commissariamento e l’ha concordata con il Mef.
Quella di Sogin è una storia di tempo e denaro perso per mettere in sicurezza, ad oggi senza riuscirci, i rifiuti nucleari nazionali, in primo luogo con lo smantellamento delle quattro vecchie centrali di Caorso, Trino Vercellese, Garigliano e Latina. Un compito ineludibile dopo che nel 1987 il referendum popolare aveva deciso il «phase out» e l’abbandono dell’energia nucleare. Nel 1999 la Sogin (Società gestione impianti nucleari) viene istituita. I decreti Bersani e Marzano, del 2001 e 2004, le affidano il compito di smontare le centrali entro il 2019. I costi previsti per l’operazione dovevano ammontare a 3,7 miliardi di euro. Ad oggi, come si ricordava, meno di un terzo dei lavori è stato effettuato, la spesa è stata progressivamente aumentata fino ai 7,9 miliardi odierni, mentre i lavori non hanno ancora nemmeno sfiorato alcun reattore, e la previsione della loro conclusione è stimata al 2036. Dei 4 miliardi finora pagati dagli italiani, più della metà (2,2 miliardi) sono serviti a coprire gli stipendi del personale e dei dirigenti, auto di alta gamma, benefit e bonus compresi.
In parallelo, dal 2000 è partita la lunga marcia per l’individuazione e la costruzione del Deposito Nazionale, il sito dove collocare i rifiuti radioattivi, che peraltro ancora non sono stati condizionati e messi in sicurezza come dovrebbero. A partire da quelli sul sito di Saluggia, in Piemonte, dove 140 mila litri di rifiuti liquidi sono stoccati in serbatoi costruiti negli anni 60, e collocati a 30 metri dal fiume Dora Baltea e sopra la falda del Monferrato. Impossibile verificare lo stato di conservazione dei contenitori perché inavvicinabili a causa dell’alta radioattività. Negli ultimi giorni del 2021 la Guardia di Finanza ha fatto irruzione in forze negli uffici della Sogin, sequestrando carte e computer. Ancora non si conoscono le contestazioni ai due funzionari indagati. C’è solo da augurarsi che il nuovo commissario faccia presto e bene: in caso di violenta esondazione del fiume per Saluggia potrebbe non esserci un «dopo».