“Macelleria sammaritana”, ammesse le parti civili. Ora serve la riforma

di Damiano Aliprandi

IL Dubbio, 5 febbraio 2022

Lo ha deciso il gup al processo per i pestaggi del 6 aprile 2020 a Santa Maria Capua Vetere, ammettendo il ministero della Giustizia, i garanti e le associazioni che si sono costituite. L’udienza di giovedì scorso, si è conclusa con il Gup, Pasquale D’Angelo, che ha ammesso la costituzione di parte civile del ministero della Giustizia, del Garante Nazionale e del Garante dei detenuti della Regione Campania Samuele Ciambriello, dalle cui denunce è partita l’inchiesta della procura sammaritana, e ha ammesso tutte le associazioni come Yairahia Onlus, Antigone, A.C.A.D. e il Carcere possibile onlus, compreso enti come l’Asl.

Accertando le responsabilità individuali si farà luce anche sulle pratiche violente – Il gup ha quindi accolto le richieste avanzate dai legali che rappresentano persone fisiche, sodalizi o enti che hanno in qualche modo interesse a costituirsi in giudizio contro i 108 imputati, per la maggioranza agenti della polizia penitenziaria protagonisti di quella che venne definita “un’orribile mattanza” avvenuta il 6 aprile del 2020 al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Ricordiamo che Antigone, ha lavorato nel corso di quest’anno, coordinandosi con l’Ambasciata d’Italia ad Algeri e con l’Ambasciata algerina in Italia, per consentire anche ai familiari di Lamine Hakimi, il ragazzo algerino deceduto il 4 maggio del 2020 nel carcere F. Uccella di Santa Maria Capua Vetere, di costituirsi parte civile. Secondo l’avvocata Simona Filippi e Luigi Romano, presidente di Antigone Campania (rispettivamente difensori della madre e del padre di Lamine Hakimi, il detenuto morto nel carcere pochi giorni dopo aver subito il pestaggio), sarà un processo molto impegnativo in cui si dovrà considerare ogni aspetto della vicenda anche precedente e successiva ai pestaggi, specie in virtù delle condotte che avrebbero posto in essere numerosi imputati al fine di ostacolare l’accertamento di quanto accaduto. I legali sono consapevoli che attraverso l’accertamento delle responsabilità individuali degli imputati si farà luce anche sulle pratiche violente che hanno attraversato il mondo penitenziario soprattutto nel corso del primo lockdown.

Il garante campano Ciambriello: “Apprezzo la serenità e il senso di giustizia del magistrato” – Il garante regionale Samuele Ciambriello, alla notizia della sua ammissione come parte civile, ha così commentato: “Il Giudice ha ritenuto giusti e validi gli argomenti esposti dal mio difensore Francesco Giuseppe Piccirillo, nonostante le numerose opposizioni sollevate e argomentate dai difensori degli imputati. Mi sento di apprezzare la serenità e il senso di giustizia che ha dimostrato il magistrato Pasquale D’Angelo, nei cui confronti devo esprimere la mia ammirazione e gratitudine”. Ricordiamo che Ciambriello, appena ha ricevuto notizia dei pestaggi da parte dei familiari e testimonianze dirette, subito ha denunciato la notizia di reato in procura. Soddisfatta anche l’associazione Yairahia Onlus per l’ammissione come parte civile. “La nostra costituzione di parte civile ai sensi e per gli effetti degli artt. 74 e ss. c.p.p., nei confronti di tutti gli imputati, e per tutti i capi di imputazione contestati (tortura, perquisizione personale arbitraria, abuso di autorità contro detenuti, maltrattamenti, lesioni personali pluriaggravate, falsità in atti, calunnia, favoreggiamento, omessa denuncia, omicidio colposo ed altro, commessi dal 6 aprile 2020) – scrive in un comunicato l’associazione Yairahia-, è stata legittimamente riconosciuta per l’impegno profuso a difesa dei diritti dei detenuti, anche in rete con altre associazioni, attraverso azioni concrete, denunce pubbliche e formali ponendo all’attenzione delle autorità competenti e della società civile l’esistenza di abusi e situazioni di criticità segnalate direttamente dai detenuti o dai loro familiari, in quasi 20 anni di attività”.

Il legale dell’associazione, l’avvocata Caterina Calia, nell’udienza odierna sostituita dall’avvocato Paolo Conte, ha rimarcato che la vicenda di Santa Maria Capua Vetere si caratterizza per la cruda ed inaudita violenza esercitata nei confronti dei detenuti, commessi da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, in un momento di particolare fragilità stante la paura data dall’emergenza covid19. Ad avviso di Yairahia Onlus, questo rappresenta un maggiore disvalore sociale e penale, perché “il potere violento, e gratuito, è stato esercitato nei confronti di persone loro affidate e, di fatto, assolutamente inermi ed indifese in quanto soggette alla gerarchia degli agenti e dei funzionari che li hanno offesi, minacciati e colpiti, provocando lesioni fisiche anche gravi e, nel caso di Lamine Hakimi, persino la morte”. Ha anche ricordato il pesante interrogativo sugli altri 13 detenuti morti. Tredici persone la cui morte è stata prontamente imputata a overdose di metadone prima ancora che venisse effettuata una autopsia; 9 persone sono morte nel solo carcere di Modena e tranne che per la morte di Sasà Piscitelli per la morte di 8 di loro è stata disposta l’archiviazione.

Presentate 32 proposte di patteggiamento per le posizioni “più marginali” – Nel frattempo, sempre nel corso dell’udienza preliminare di giovedì, trentadue proposte di patteggiamento per le posizioni “più marginali” sono state avanzate dal Procuratore Aggiunto di Santa Maria Capua Vetere. La scelta della Procura, ha spiegato Milita, ha lo scopo di snellire un procedimento già peraltro corposo, visto che con gli imputati, sono un centinaio le parti civili che, com’è detto, lo stesso gup, sciogliendo la riserva, ha autorizzato a partecipare al processo. Il gup D’Angelo deciderà invece nell’udienza calendarizzata per il 15 febbraio se autorizzare una ventina di parti civili che ne hanno fatto richiesta – tutti detenuti tranne un’associazione – a citare lo stesso ministero retto da Marta Cartabia come responsabile civile; il gup ha concesso tempo fino all’otto febbraio alle parti civili per depositare richiesta e farsi autorizzare a citare il ministero per le condotte degli agenti.

Il sistema penitenziario attende la riforma. Senza dimenticare il sovraffollamento – Da un lato le violenze, dall’altro le criticità che possono riportare all’esasperazione. Mentre la giustizia fa il suo corso, rimane il problema del sistema penitenziario che ancora attende nell’essere riformato. Molte cose – per ora – si possono fare anche senza passare dalla via legislativa, ma – come elaborato da Antigone – attraverso una modifica del regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario. Una strada che ha suggerito anche la Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario guidata dal professor Marco Ruotolo. E poi c’è il sovraffollamento. Ci sono ancora migliaia di detenuti con pene al di sotto dei tre anni e che, perciò, potrebbero accedere alle misure alternative alla detenzione. Così come giace da tempo la proposta di legge a firma del deputato di Italia Viva Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata speciale. Proposta ancora disattesa, per questo è in corso una staffetta del digiuno per tenere accesa la “fiammella della nonviolenza” portata avanti da Rita Bernardini del Partito Radicale. Da ricordare, che tutto è partito dall’input dato dalle detenute del carcere Le Vallette di Torino. Esempio di nonviolenza, che punta al dialogo con le istituzioni per rendere più umano e civile il sistema penitenziario. Solo così, si rende anche più civile il nostro Paese.

Violenze nel carcere di Santa Maria C.V., imputato minaccia le vittime: sospeso dal servizio

Corriere del Mezzogiorno, 5 febbraio 2022

Provvedimento chiesto dalla Procura e concesso dal gip nei confronti di un vice ispettore della polizia penitenziaria solo indagato: avrebbe chiesto ai detenuti di ritrattare le accuse in sede di processo.

Il processo agli agenti di polizia penitenziaria e ai funzionari coinvolti nelle violenze perpretate ai danni dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile di due anni fa è alle prime battute. Di ieri la notizia che il giudice ha ammesso 100 parti civili (gli imputati complessivamente sono invece 108). Di oggi invece quella relativa alla sospensione dal servizio di uno degli indagati per presunte minacce nei confronti di detenuti per “costringerli” a ritrattare le accuse.

Si tratta di un vice-ispettore della Polizia penitenziaria imputato nel processo per le violenze commesse il 6 aprile 2020 ai danni di detenuti, che avrebbe avvicinato e minacciato, ricorrendo anche alla violenza, alcuni reclusi vittime dei pestaggi per indurli a rendere dichiarazioni a suo favore. L’accusa è contestata dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, che ha chiesto e ottenuto dal gip la sospensione del poliziotto per la durata di sei mesi per il reato di intralcio alla giustizia. L’agente non era stato raggiunto nel giugno scorso dalle 52 misure cautelari emesse nei confronti di poliziotti e funzionari del Dap, ed essendo solamente indagato aveva continuato a lavorare nel carcere dove l’anno prima aveva preso parte alle violenze, a stretto contatto con alcuni dei detenuti che avevano denunciato i pestaggi.