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GIALLO DI ARCE: LA MACCHINA DEL FANGO. Ho in telefono foto osè, ergo sono un assassino? di Ferdinando Terlizzi –
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GIALLO DI ARCE: LA MACCHINA DEL FANGO. Ho in telefono foto osè, ergo: sono un assassino? di Ferdinando Terlizzi –
GIALLO DI ARCE: IL MARESCIALLO DEI CARABINIERI MOTTOLA NON PEDOPORNOGRAFICO E L’ITALIOTA IPOCRISIA: ESEMPIO DELL’INFAME SOSPETTO INSINUATO AD ARTE NEL PROCESSO E STRUMENTALIZZATO DAI MESTATORI DI FANGO E DAI FORCAIOLI
Dopo le incredibili e scandalose asserzioni di alcuni giornali abbiamo chiesto al criminologo Prof. Carmelo Lavorino (del Pool difesa dei Mottola) quanti grammi di verità ci sarebbero nella ipotetica accusa di “pedopornografia” per il maresciallo Mottola.
Il prof. Lavorino ha così esordito:
“Al momento opportuno viene calato il jolly del sospetto senza prove e dell’infamia della caccia alle streghe. Che caso strano! In un processo dove l’impianto accusatorio basato sul nulla si sta sgretolando, dove i testimoni dell’accusa si sono rivelati boomerang, dove le consulenze scientifiche dei Pm (pagate inutilmente migliaia di euro dal povero Pantalone) si manifestano in tutta la loro vacuità, arriva il diversivo del “sospetto di pedopornografia”.
Ma come è venuta fuori l’accusa?
“Su circa 30.000 foto rinvenute su un supporto informatico dei Mottola sono state rinvenute “ben” dieci foto ipotizzate “pedopornografiche”, al che scatta la caccia-condanna all’untore di manzoniana memoria, cioè allo “zozzone maresciallazzo” che ha dieci foto provenienti/scaricate da chissà dove e quando”.
“E la notizia “scioccante” di un sospetto non dimostrato domina le cronache processuali dell’omicidio di Serena Mollicone: così si fa dimenticare che l’inchiesta è fondata sul nulla. Ma “il sospetto è fra il pensiero degli uomini come il pipistrello fra gli uccelli: vola sempre al tramonto”. Ma dopo il tramonto arrivano la notte e il sonno, e il della Ragione genera mostri”.
“Il m.llo Mottola è stato buttato ancora una volta nelle ganasce trituratutto dei FORCAIOLI SEMINATORI DELL’INFAMIA E DEL SOSPETTO, ALLA FACCIA DELLA PRESUNZIONE D’INNOCENZA”.
Alla faccia della ultima legge Cartabia sulla presunzione di innocenza non le pare professor Lavorino?
“Vogliamo aspettare per giustizia, logica e scienza che si chiuda l’inchiesta? Che il maresciallo chiarisca? Che si difenda? Che la sua Difesa intervenga? Perché si anticipa ancora una volta senza prove la colpevolezza di una persona? Perché questo sadico forcaiolo voyeurismo mediatIco-giudiziario? Vi ricordate che il primo imputato per il delitto di Arce che NOI facemmo assolvere dopo 18 mesi d’ingiusta prigionia venne additato e sospettato anche di perversioni sessuali che in realtà non aveva?”.
“Questa e’ purtroppo L’ITALIOTA cronaca giudiziaria del gratuito Sospetto, dove i cronisti sono schiavi del clamore del sospetto e dove l’opinione pubblica ha la libidine della forca che anticipa la condanna dopo un “giusto” processo”.
“Ora aspettiamo che riprenda il vero processo con veri Giudici, che Mottola madre, padre e figlio si difendano pubblicamente e nel dibattimento da tutte le accuse, che vengano enunciate nel processo le nostre relazioni tecniche criminalistiche forensi a confutazione di tutte le accuse. Che la Ragione abbia la supremazia sugli istinti della caccia alle streghe e del “dalli all’untore”.
IL MATTINO DI OGGI
DELITTO DI ARCE, SPUNTA LA PISTA PEDOPORNOGRAFICA
Tra le immagini ce ne sarebbe anche una di Yara Gambirasio, la ginnasta assassinata
IL PROCESSO di Angela Nicoletti
Un procedimento per reati pedopornografici che potrebbe divenire l’ago della bilancia nel processo a carico di Franco Mottola, l’ex comandante della stazione dei Carabinieri di Arce, nel Frusinate, accusato di aver ucciso, insieme alla moglie Anna ed al figlio Marco, la studentessa diciottenne Serena Mollicone. Il presidente della Corte d’Assise del tribunale di Cassino, Massimo Capurso, ha infatti chiesto alla pubblica accusa di poter visionare il fascicolo inerente la presenza di fotografie proibite rinvenute sul telefono del militare in congedo di Teano. «Un atto necessario a comprendere la personalità dell’imputato» ha spiegato Capurso.
LA DEPOSIZIONE
L’udienza di ieri ha visto deporre il vice brigadiere Luigi Giobbe, l’esperto di sistemi informatici in servizio presso il comando provinciale dei carabinieri di Frosinone, che ha esaminato il contenuto dei pc e dei cellulari in uso ai cinque imputati. «Abbiamo esaminato oltre 30mila foto appartenenti al maresciallo Mottola – ha detto il sottufficiale rivolgendosi ai pubblici ministeri Maria Beatrice Siravo e Maria Carmen Fusco – ma solo una decina sono state di rilevanza investigativa. Tra queste alcune a sfondo pedopornografico, altre pornografico ed una raffigurante Yara Gambirasio (la 13enne assassinata in provincia di Bergamo nel novembre del 2010)». Nella memoria del telefono anche un video scaricato dalla rete e nel quale si vede un uomo che colpisce alla testa con il pugno destro una giovane donna. In aula a deporre l’attuale vice sindaco di Arce, l’imprenditore Sisto Colantonio che durante l’escussione è caduto più volte in contraddizione, tanto che il presidente Capurso si è visto costretto a chiedere l’invio degli atti in Procura. Colantonio, legato da amicizia di vecchia data con la famiglia Mottola, rischia di finire sotto processo per falsa testimonianza. Due sono i punti che non è riuscito a chiarire: l’aver visto Anna Mottola la sera della scomparsa di Serena Mollicone ed il percorso di accesso all’alloggio dei Mottola nella caserma di Arce. Andiamo per ordine: Sisto Colantonio, ascoltato dal magistrato nel 2018, ha dichiarato come si evince dai verbali di sit, che la sera del 1° giugno del 2001 non ha visto la moglie del comandante. Questo aspetto ha consentito alla Procura di ipotizzare l’assenza di un alibi per la donna. Ieri, nonostante fosse sotto giuramento, Sisto Colantonio ha clamorosamente smentito se stesso, sostenendo che quel giorno ed a quell’ora ha visto la donna.
IL VERBALE
Un altro punto sul quale è il testimone è caduto in contraddizione riguarda la strada di accesso alla struttura militare da parte dei civili. Nel verbale rilasciato negli anni passati il vice sindaco ha più volte ripetuto che a casa Mottola si poteva accedere in due modi: dal cancello riservato agli uffici e da quello principale. Ieri ha negato di aver mai detto una cosa simile. L’attenzione della Corte si è poi concentrato sul racconto di un venditore di auto del Casertano da cui la famiglia Mottola ha acquistato una macchina nell’aprile del 2005. «Ricordo che il maresciallo voleva rottamare una Lancia K che è stata trasportata presso la mia officina. Aveva il motore smontato. Ha acquistato una Lancia Libra e per diverso tempo la vecchia auto è rimasta nel deposito poi, non essendo noi autorizzati alla distruzione, è venuta a riprenderla». L’auto sparita secondo l’accusa potrebbe essere stata utilizzata per trasportare il corpo di Serena Mollicone. Il processo riprenderà il 18 marzo.