*L’apoteosi del tiranno* di Vincenzo D’Anna*
Non c’è mai stato un dittatore od un tiranno nella storia dell’umanità che non sia caduto nella tentazione dell’idolatria di se stesso, farsi acclamare dalla folla plaudente come l’uomo della provvidenza divina. Dai fasti dei faraoni ai re della Mesopotamia, dai tiranni dell’antica Grecia agli imperatori di Roma e così di seguito fino ad arrivare ai giorni nostri. Autocrati assoluti hanno sempre indotto i popoli a credere che chi li dirigeva fosse diretto discendente degli dei oppure da questi investiti per finalità superiori, comunque salvifiche per il benessere della nazione. Molti tra questi assursero al potere attraverso conquiste militari ingrandendo i confini territoriali ed attingendo ricchezze dai medesimi. I più sanguinari e violenti furono coloro che si convinsero di essere depositari di scopi superiori e fecero del fideismo oppure della ideologia, la forza bruta sulla quale fare leva per realizzare l’ineluttabile destino. La cieca obbedienza del popolo fu indispensabile premessa affinché la gente rimanesse inerme anche innanzi alle azioni liberticide e sanguinarie compiute da questa gente. Un’obbedienza assoluta, s’intende, costruita sugli espedienti propagandistici del regime: una massificazione del pensiero collettivo che riuscì a convincere persone normali a diventare complici e spesso autrici di nefandezze e massacri. Hannah Arendt ebbe a definire questa complicità come la “banalità del male”, ovvero la violenza consumata da persone comuni, spesso pacifiche e mediocri nella loro vita quotidiana,
trasformate in ciniche aguzzine dal clima di euforica adesione alle tesi ed ai disegni del tiranno di turno. Basta ricordare la storia del secolo passato allorquando in Europa i regimi illiberali furono la maggioranza e quanto sangue fu versato sull’altare delle crociate per la superiorità della razza o per la conquista di “spazi vitali”. Corollario indispensabile per esaltare e coinvolgere la massa furono le adunate oceaniche, che erano parte della mistica del potere, manifestazione di potenza del regime e del consenso del quale questo godeva. Rivedere nel terzo millennio ripetersi quelle scene, non può non aver destato i fantasmi del Ventesimo secolo e tutto il carico di angosce e di paure per un passato che ritorna. Con quali espedienti sia stata radunata quella folla plaudente e se la presenza di migliaia di persone fosse spontanea oppure indotta, poco conta. La tragedia si è rimanifestata nel suo lugubre aspetto al centro della scena non nella cornice. Vladimir Putin, nello stadio di Mosca, si è offerto all’acclamazione di una folla che inneggiava alla guerra santa in Ucraina e come tale giusta ed opportuna per liberare i fratelli russi del Donbass e della Crimea prigionieri di Kiev. Fu lo stesso per le adunate di Adolf Hitler allorquando le folle osannanti, che sostenevano il fuhrer del nazionalsocialismo tedesco, approvarono festosi l’annessione della Cecoslovacchia per riportare i Sudeti, popolazione di lingua tedesca, nel Terzo Reich. Insomma pura mistica dittatoriale e menzogne tipiche del dittatore quelle proferite dal Putin che spudoratamente ha descritto l’aggressione militare come un’azione per proteggere le popolazioni russe dai soprusi ucraini. Il culmine è stato raggiunto allorquando l’ex uomo del Kgb ha citato il Vangelo dell’apostolo Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici”. Parole che suonano come un sacrilegio, pronunciate per giustificare la nefandezza di una guerra di aggressione che miete migliaia di vittime tra i civili e che colpisce scuole ed ospedali, uccidendo vecchi e bambini. L’aspetto più preoccupante di questa tragedia è la sindrome del delirio di onnipotenza che, inequivocabilmente, ha colpito il leader del Cremlino. Uno stato psicofisico che lascia presagire nel futuro la possibilità che questi possa compiere altre nefandezze in nome del suo popolo e della grandezza geo-politica che reclama per la sua nazione. Chi non coglie questo aspetto della vicenda e si attarda in un vaniloquio che addossa alla Nato (che resta un’alleanza difensiva) il presunto espansionismo ad Est, in chiave anti russa, e dunque la causa prima e vera del conflitto in Ucraina, è cieco e sordo. Un potere così grande che dispone di migliaia di testate atomiche e di un esercito agguerrito nelle mani di un soggetto paranoico, convinto di essere investito di una missione salvifica del suo popolo, ricalca quello che ebbero nelle mani Hitler e Stalin, Mao e Pol Pot. Figure tragiche che si portano sulla coscienza le vite di milioni di innocenti, gli stenti e le brutture per gran parte dell’umanità. Il bagno di folla che Putin ha organizzato, potrebbe anche rappresentare una debolezza, espressione dell’inconfessata paura di perdere la presa sul suo popolo che può certo essere ingannato, ma non per sempre.
*già parlamentare