Putin

di Danilo Taino

Corriere della Sera

È vero che Vladimir Putin non sta vincendo la sua guerra all’Ucraina. È però anche vero che non è detto la perda. C’è parecchio da riflettere sulla situazione: oltre che sul terreno, sul piano politico-diplomatico. In alcune interviste dei giorni scorsi, l’ex oligarca Mikhail Khodorkovsky — vent’anni fa l’uomo più ricco di Russia, poi incarcerato per dieci anni da Putin e oggi in esilio — ha detto che l’Occidente non riesce a prendere atto di essere già in guerra con la Russia. Corretta o meno che sia la sua analisi, è indiscutibile che i carrarmati abbiano aperto uno scontro globale tra potenze. Davanti al quale i Paesi del mondo stanno prendendo posizione. Tutti contro l’invasore? Proprio no. All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di inizio marzo che chiedeva l’immediata fine dell’invasione russa, dei 193 Paesi Onu, 141 votarono a favore, cinque contrari, 35 si astennero e 12 non votarono.

Le Nazioni astenute pesano appena un po’ meno del 22% del Pil globale, quelle contrarie un po’ più del 2% e quelle che non hanno votato lo 0,5%. Nel complesso, quasi il 25% dell’economia mondiale non ha sostenuto la condanna di Mosca. Poi, all’Assemblea Onu del 24 marzo, 50 Paesi chiedevano di votare una mozione sostenuta dalla Russia: proposta rigettata ma con anche 36 astenuti. Tra i Paesi che vogliono apparire equidistanti, spiccano Cina, India, Sud Africa, Iran. Altri, che pure hanno votato a favore, sollevano distinguo, spesso per non dispiacere a Pechino, vista in realtà come alleata del Cremlino: è il caso dell’Arabia Saudita. Il presidente americano Joe Biden ha proposto di escludere la Russia dai prossimi summit del G20. Ma la Cina si è opposta. In questo Gruppo, almeno quattro Stati non vorrebbero espellere Mosca: Cina, India, Arabia Saudita, Brasile. Il G7 (Usa, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada) è unito nella condanna di Putin e nell’imporre sanzioni. Ritorna però rilevante il summit dei Brics — famoso vent’anni fa perché formato dagli emergenti Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa — che terrà un summit in Cina quest’anno. Dei cinque, solo il Brasile ha votato all’Onu a favore dell’Ucraina ma il suo presidente Jair Bolsonaro si dice «neutrale». Il timore è che, più la guerra dura, meno oppositori Putin trovi. Ragione per la quale, se l’Occidente è in guerra, meglio che lo sconfigga in fretta.

Danilo Taino

Educare

di Massimo Gramellini

Corriere della Sera

Si può condannare una maestra a quasi due mesi di reclusione per avere sgridato dei bambini di quinta elementare che, dopo avere imbrattato le pareti dei bagni con le loro feci, avevano ignorato i rimbrotti della bidella con sovrano menefreghismo? Non riesco più nemmeno ad avercela coi genitori che hanno sporto denuncia. Ormai tutto quello che si poteva dire sul rimbambimento narcisistico della categoria è stato detto: basta che un figlio racconti di essere stato vittima di un sopruso perché certi padri e certe madri prendano per buona la sua versione e si scaglino contro l’educatore esterno che ha cercato di supplire alle loro carenze. Come se la condanna dell’insegnante servisse ad assolverli.

Sospendo il commento sul tribunale di Parma, anche se i polpastrelli mi prudono sulla tastiera (persino il pm aveva chiesto il proscioglimento). Me la prendo invece con il ministero dell’Istruzione che non ha sentito il dovere di contro-denunciare quei genitori per «culpa in educando». Ammettiamo pure che, nella sua ramanzina, la maestra abbia usato toni troppo vivaci. Resta l’atteggiamento dei piccoli vandali. E queste sono cose che non si improvvisano. Richiedono un lungo allenamento casalingo e sparring-partner adulti che addestrino a coniugare vittimismo e strafottenza. Dopo una decisione come questa, quale insegnante oserà ancora alzare la voce davanti alle malefatte dei suoi allievi? Trangugerà il rimprovero per quieto vivere e si andrà avanti così, maleducati e contenti.

Massimo Gramellini

Siccità

di Luca Mercalli

Il Fatto Quotidiano

La grande siccità del Nord – prima di essere attenuata dalle piogge benché in maniera non ancora risolutiva – si è fatta sentire con incendi boschivi nel Bresciano e con la portata del Po ulteriormente calata a 491 metri cubi al secondo a Pontelagoscuro (Ferrara), mai accaduto tra inverno e primavera in almeno cinquant’anni di misure. Una perturbazione è giunta finalmente da Ovest mercoledì 30 marzo, preceduta da polvere sahariana e scirocco che ha fatto danni nel Palermitano con raffiche di rara violenza (136 km/h alla stazione Sias di Castelbuono). Poco o tanto, tutto il Paese è stato bagnato, in abbondanza sull’Appennino settentrionale e in Campania (117 mm giovedì 31 nell’entroterra di Salerno). Il Piemonte, la regione più bisognosa d’acqua, invece si è dovuto accontentare di rovesci sparsi, e a Torino il quadrimestre dicembre 2021-marzo 2022 è rimasto il secondo più secco nella serie dal 1802 con soli 25 mm di precipitazioni, appena il 15% del normale e vicino al record minimo di 17 mm dello stesso periodo, avvenuto nel 1989-90. L’irruzione fredda di venerdì 1° aprile e ieri ha agitato l’atmosfera innescando temporali in molte zone padane con strade e campi imbiancati dalla grandine, dal Chierese (Torino), al Varesotto, al Padovano, mentre la neve scendeva sui frutteti fioriti talora a 500 m o fin più in basso (Aosta, Cuneo, Varese, Pontremoli, e perfino nel Nuorese, evento comunque non così raro a inizio aprile), accumulando anche 10-30 cm di manto benvenuto sui suoli secchi di Alpi e Appennini. Ci vorrà ben altro per rimpinguare fiumi, laghi e falde idriche, ma è un inizio, anche se questa settimana prevarrà di nuovo il tempo asciutto. Come reagiscono le foreste alpine ai cambiamenti climatici? Lo studio Contrasting responses of forest growth and carbon sequestration to heat and drought in the Alps pubblicato da un gruppo di ricercatori italiani su Environmental Research Letters indica che soprattutto a inizio estate siccità e calura penalizzano la fotosintesi e il prezioso sequestro di CO2 atmosferica nei tessuti legnosi, la cui crescita si riduce anche del 20 per cento nel caso del larice.

Luca Mercalli

Pensiero

di Camillo Langone

Il Foglio

Fosse molto letto e molto sottoscritto il Manifesto del libero pensiero di Paola Mastrocola e Luca Ricolfi (La nave di Teseo), visto questo “opprimente clima, fatto di censura e intimidazione, che sovrasta ogni nostra parola o pensiero” (chi non se ne avvede, e ne conosco di gente che non se ne avvede, semplicemente non ha un pensiero). Fosse molto letto e molto sottoscritto ma non lo sarà, proprio per via della saldatura fra potere e cultura ossia fra stato (e sovrastati) e sinistra sintetizzata dagli autori a pagina 32. La pandemia di statalismo che affligge il mondo da oltre due anni ha come effetto collaterale l’accelerazione del fenomeno: per comprimere il vocabolario ogni emergenza è buona. Del resto se sei un giovane democratico, per giunta laureato in materie umanistiche, cos’altro puoi fare nella vita se non il poliziotto del pensiero presso le amministrazioni pubbliche, le aziende, gli editori, i social? Ecco perché ho abbandonato l’idea di scrivere pensieri proibiti da pubblicare postumi, alla maniera del Carlo Dossi di Note azzurre: ciò che non è pubblicabile oggi non lo sarà nemmeno domani. A meno che… A meno che Elon Musk non legga il Manifesto del libero pensiero di Mastrocola e Ricolfi e, sull’onda dell’entusiasmo, non si compri tutti i censori del mondo.

Camillo Langone

QUARTA PAGINA
«Se hai bisogno
di chiedere
che cos’è il jazz,
non lo saprai mai»
Louis Armstrong

Gillespie

di Orio Vergani

Corriere della sera, 7 aprile 1952

Ieri sera al Nuovo

Adunata di be-bopisti

Per una allucinante tromba negra

Gli angeli trombettieri del Giorno del Giudizio – quelli che daran la sveglia alle infinite generazioni dell’umanità, diligentemente collocate sotterra, o disperse con le ceneri degli antichi roghi al vento, o mescolate con i coralli e le conchiglie nelle sabbie del mare – a tener conto della moda d’oggi dovrebbero esser negri, e forse, quel giorno, riaprendo gli occhi diremo: «Buondì, Dizzy Gillespie! Mi ricordo della tua camicia rosa, del tuo vestito grigio da professore di storia e geografia, della tua spilla ferma-cravatta in oro, della frangia di barba – non si può chiamarla mosca – che ti marca il labbro inferiore, della tua tromba d’oro e delle sue note sovracute e dei suoi morbidi balbettii d’amore e di melanconia… Buondì, Dizzy Gillespie!».

Caposcuola – è scritto – del be-bop. Un uomo tarchiato, con la voce un po’ afona, le labbra color prugna, un vasto palo di occhiali da censore di collegio per ragazzi negri. Tutta una storia, mi dicono, alle spalle: e, mi dicono, tutta una gloria: uno dei re dell’ebanite, uno, cioè, dei re dei dischi. New Orleans, Chicago, le orchestre negre nella reclusa periferia delle grandi città industriali, una remota eco di schiavitù, di ribellioni, di insistenti melanconie. Serenate color ebano sotto ad una luna color d’oro, come un girasole. Febbre dei «be-bopisti» – permetta il lettore che il chiami cosi – da tre giorni in allarme per l’adunata degli squilli perentori della famosa trombetta: ragazzi che, per una settimana, non compreranno più una sigaretta. Arrivano i masticatori di chewing-gum, ragazzotti dai capelli a cresta di infuriato galletto (si pettinava cosi anche Lord Byron), studenti scappati dall’ultima ora di ripetizione o che hanno bigiata la scuola serale. Numerosi i capotielli, le capottine, i sacchi a campana alla Montgomery. Dichiarata simpatia per le cravatte a colori vistosi, e, anche, per la camicia senza cravatta, a grossi disegni scozzesi. La maggioranza del pubblico va dai sedici ai venticinque anni. In poltrona un signore dai capelli grigi, che ha trovato finalmente la «sua» musica, ogni tanto si alza, si dimena, accenna addirittura, se potesse, una mezza capriola di felicità. Ragazze che di rado si vedono a teatro, scortate da cinque o sei giovani capelluti scudieri, «be-bopiste» anche loro. La musica della tromba le avvolge, con le sue serpentine, come un nastro: eterna ripetizione del mito di Eva e del Serpente.

I suonatori in abiti grigi, in abiti blu, in abiti color cannella. Siamo lontani dalla messa in scena delle prime orchestre-jazz (mi si garantisce che con l’arcaismo di New Orleans non avessero nulla a che fare: stavano al jazz puro come i pittori picassiani stanno al Pablo Picasso del «bateau-lavoir» di Rue Marignan) che sbarcavano sul nostro continente in frack rosso e con tamburi foderati di madreperle. Si vuol marcare, anche negli abiti dissimili, nei pantaloni senza piega, nei colletti delle camicie sformati, l’improvviso, l’imprevisto, il «senza maschera» del be-bop, di stile antiromantico, nel quale s’impone la buona tecnica tagliente, gelida, senza velature e senza ombre. Quando suona, Dizzy Gillespie gonfia le gote meno poetiche del mondo, due sacchi, due borse, due vesciche nelle quali potrebbero trovar posto due cocomeri. Quando accenna un passo di ballo, è per una figurazione goffa, quasi primordiale, di quello che con parola solenne si chiama la concupiscenza. Le sue note sovracute lavorano direttamente sul midollo spinale, vuotano il cervelletto e lo riempiono di una strana luce di magnesio. Non c’è – pur nelle sue intenzioni astratte – musica meno astratta, più profondamente narrativa della musica-jazz. Essa narra, senza enigmi e senza ermetismi, il sentimento più antico degli uomini: l’amore; né più né meno di quanto non si facesse al tempo in cui si cantava «Su dunque amiamoci donna celeste d’invidia agli uomini – sono per te!» o si diceva: «Per te sola sospiro – d’amore cosi – dall’aurora al tramonto del dì». Più scopertamente consacrata ad Afrodite; ma, gira e volta, il sentimento, il nervo, il tema è sempre quello. La donna, cacciata a pedate dai quadri e dai piedestalli delle arti figurative, ritorna con gli idoli di rotonde e dolcemente incavate pietre dello scultore Moore, con i feticci di Dalì, con le invocazioni delle trombe di Duke Elllngton e di Dizzy Gillespie, dei quali si innamorerebbe una Bovary 1952, così come l’altra si innamorava del tenore della «Lucia». Strana musica, strano colloquio d’amore con l’invisibile Afrodite: queste musiche hanno il tono di velluto e le enigmatiche screziature delle ali con le quali meravigliose farfalle dei tropici si muovono nel volo nuziale. Un tema per Weininger e per Freud, o per uno studioso di biologia, se avesse la pazienza e l’acume che ha avuto Fabre a studiare gli scarabei innamorati e i loro misteriosi viaggi sul filo dell’istinto.

Successo clamoroso: con applausi appassionatamente intercalati con fischi e sibili, all’uso americano. Le pagine più convincenti, al di fuori dell’acrobazia, sono quelle dedicate a meste storie e confessioni patetiche dell’eterno povero negro, che, del resto, è anche l’eterno «povero bianco». Bis, tripudio finale, e la platea che muoveva tutta le spalle a «ritmo», come nel rito di una Salammo 1952.

Orio Vergani

La sezione Stamattina è curata da Luca D’Ammando e Jacopo Strapparava.

Oggi


Tempo
Neve e pioggia sull’arco alpino e sull’Abruzzo. Pioggia sul Sud e sulla Sicilia. Sole e nuvole sul resto d’Italia.
Salute
È la Giornata mondiale della salute. Nicoletta Dentico su la Repubblica: «Il 7 aprile si celebra la Giornata mondiale della salute: […] corrisponde alla data del 7 aprile 1948, il giorno in cui entrò in vigore il trattato costitutivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e il diritto alla salute come oggi noi lo conosciamo. L’Oms, la prima agenzia tecnica creata in seno alle Nazioni unite, fu dunque apripista nella definizione del diritto internazionale. A conclusione di un itinerario negoziale non banale, mentre era in corso la parallela costruzione del diritto alla salute nelle costituzioni antifasciste europee, l’Oms prese il largo con la ratifica di 26 Stati, tra cui anche l’Italia. La comunità internazionale di allora era molto più ristretta – 61 Stati, di cui 51 già membri dell’Onu –, ma agitata dentro dall’angoscia degli orrori di due conflitti mondiali. Così si muoveva con capacità di visione, incalzata dalla responsabilità di ridisegnare gli assetti del mondo seguendo la traccia del “never again”, quel “mai più” che ha ispirato l’impalcatura del diritto internazionale, inclusa la Dichiarazione universale dei diritti umani, alla fine dello stesso anno. […] Come ci insegna il dopoguerra, si può prendere il largo dalla salute per costruire un mondo nuovo».
Tutsi
È anche la Giornata internazionale di riflessione sul genocidio del 1994 contro i tutsi in Ruanda. Pietro Del Re su la Repubblica: «Si è trattato di uno spaventoso trauma collettivo, in cui le milizie Interahamwe e contadini hutu si sono accaniti con una frenesia omicida e devastatrice su tutta la popolazione tutsi. Nonostante l’organizzazione sommaria e i mezzi piuttosto arcaici per compierlo, quali machete e bastoni, ottocentomila tutsi sono stati uccisi in dodici settimane, rendendo il genocidio in Ruanda di un’efficacia mai raggiunta prima. Dalla notte del 6 aprile 1994, subito dopo l’abbattimento nei cieli di Kigali dell’aereo sul quale viaggiavano il presidente ruandese Juvénal Habyarimana e il presidente del Burundi Cyprien Ntaryamira, il Paese si tramutò improvvisamente in un luogo di estremo sadismo, dove le donne e i bambini divennero le prime vittime dei genocidari affinché non rinascesse nessuna generazione di tutsi, con le madri costrette a uccidere i propri figli per essere poi sistematicamente violentate, subire mutilazioni sessuali e infine essere uccise. Secondo un’inchiesta realizzata dall’Unicef, l’80% dei bambini ha avuto un morto in famiglia in quei tragici tre mesi del 1994, il 70% ha visto uccidere qualcuno e il 90% ha avuto paura di morire. Secondo […] l’attivista Jean-Pierre Sagahutu, che allora sopravvisse miracolosamente alle stragi nascondendosi in una fossa biologica, dove per settimane si nutrì soltanto di vermi e scarafaggi, […] fu tuttavia indispensabile avviare nel 2003 il piano di riconciliazione nazionale con i tribunali popolari, quelle corti Gacaca che dovevano anzitutto svuotare le carceri di un Paese dove si contavano 120 mila detenuti accusati di genocidio. “In quasi dieci anni, dodicimila Gacaca hanno risolto quasi due milioni di casi. È stato il programma più esauriente al mondo di una giustizia restauratrice in un periodo post-bellico, perché ha permesso a noi sopravvissuti di sapere che fine avevano fatto i nostri parenti, di ritrovare i loro corpi e di dar loro degna sepoltura. I tribunali speciali hanno anche posto le basi per una pace duratura nel momento in cui bisognava ricostruire il tessuto sociale del Paese. Ma non mi chiedano di perdonare gli assassini, perché dovrei farlo in nome di chi non c’è più”».
Funerali
Nella chiesa parrocchiale dell’Annunciazione di Maria Vergine a Ferrara l’ultimo saluto a Luca Taddia, storico bibliotecario dell’Ariostea, morto il 27 marzo precipitando nel tombino di scolo del giardino di casa, profondo quasi due metri e colmo d’acqua. Aveva 60 anni.
Processi
Attesa a Roma la sentenza di primo grado relativa ai presunti depistaggi attuati per celare le effettive circostanze della morte di Stefano Cucchi. Grazia Longo su La Stampa: «E così, dopo la sentenza della Cassazione […] che ha stabilito che Stefano Cucchi è morto per le botte dei carabinieri in caserma, […] è attesa un’altra importante verità su questa brutta pagina della storia dell’Arma. Perché non solo due militari sono stati condannati per il pestaggio mortale, ma c’è un altro filone di inchiesta che vede otto ufficiali imputati per aver coperto i colleghi. Domani [oggi – ndr], infatti, ci sarà la sentenza di primo grado per i presunti depistaggi messi in atto dalla catena di comando dell’Arma. Il giudice monocratico della capitale è chiamato a decidere sulle richieste di condanna formulate nel dicembre scorso dalla Procura nei confronti degli otto ufficiali imputati. In particolare sono stati chiesti 7 anni per il generale Alessandro Casarsa, all’epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma. Nel corso della requisitoria il pm Giovanni Musarò usò parole durissime affermando che “un intero Paese è stato preso in giro per anni in una attività di depistaggio che è stata ostinata, a tratti ossessiva. Quello che è emerso dalla fase dibattimentale è che i depistaggi non si sono fermati al 2018 ma sono andati avanti fino al febbraio 2021: sono state alzate tante cortine fumogene”. Nel frattempo Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo sconteranno in carcere i prossimi 12 anni per omicidio preterintenzionale».
Esteri
Si conclude a Bruxelles (Belgio) il vertice dei ministri degli Affari esteri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (Nato): partecipa per l’Italia il ministro Luigi Di Maio.
Bruxelles riunione dei ministri degli Affari esteri dei Paesi del G7: partecipa per l’Italia il ministro Luigi Di Maio.
Bruxelles l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Josep Borrell riceve separatamente il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e il ministro canadese degli Affari esteri Mélanie Joly.
Lussemburgo (Lussemburgo) riunione dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea: partecipa per l’Italia il ministro Stefano Patuanelli.
Agenda politica
Presso il Palazzo della Consulta presentazione della Relazione annuale sull’attività e sugli indirizzi giurisprudenziali della Corte costituzionale da parte del presidente Giuliano Amato, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella e dei presidenti del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e della Camera Roberto Fico (ore 11; in diretta su Rai 2).
Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Mario Draghi riceve i segretari generali della Cgil Maurizio Landini, della Cisl Luigi Sbarra e della Uil Pierpaolo Bombardieri (ore 10).
Palazzo Chigi il presidente del Consiglio Mario Draghi riceve il primo ministro olandese Mark Rutte (ore 12.30).
Inizia presso l’Ergife Palace Hotel a Roma la Conferenza sulla nuova strategia del Consiglio d’Europa per i diritti dell’infanzia: partecipano, tra gli altri, il ministro per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti, il segretario generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić e il sottosegretario al ministero degli Affari esteri Benedetto Della Vedova (ore 9.15) (fino a domani).
Presso Villa Patrizi a Roma presentazione del protocollo d’intesa tra l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e il Gruppo Ferrovie dello Stato italiane (Fs) per una collaborazione nell’ambito degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con la partecipazione, tra gli altri, dei ministri del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando e delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Enrico Giovannini (ore 12.15).
Cultura
Libri
Al Teatro Morlacchi di Perugia presentazione di Faccia da mostro di Lirio Abbate (Rizzoli) (ore 21). L’autore su L’Espresso: «La “guerrigliera” che accompagnava agli incontri, con uomini della ’ndrangheta, l’ex poliziotto Giovanni Aiello, meglio conosciuto come “Faccia da mostro”, è una napoletana che ha fatto parte di Gladio. Seguendo la storia di quest’uomo dal volto sfregiato e dal passato inesplicabile si è arrivati a svelare l’identità di una donna misteriosa che oggi ha 64 anni e si chiama Virginia Gargano. Il boss calabrese Nino Lo Giudice ha detto ai magistrati che “Faccia da mostro” andava ai suoi incontri a bordo di un fuoristrada: “E veniva sempre con una donna, una sua… lui diceva che era una sua amica, ma comunque faceva parte pure dei servizi segreti e la chiamava Antonella. […] Antonella parlava che era un’azionista, era una guerrigliera, che avevano fatto addestramento in Sardegna ad Alghero, nei pressi di Alghero, che era dei servizi segreti”. Sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, la Procura antimafia di Catania ha avviato un’indagine su di lei, nell’ambito della stessa inchiesta per concorso esterno alla mafia che ha visto indagato Giovanni Aiello. La donna è stata intercettata dai carabinieri fra il 2013 e il 2014. La sua foto era stata inserita dagli investigatori in un fascicolo nell’ambito di un’attività di analisi compiuta dal Servizio centrale antiterrorismo della polizia di Stato e mostrata ai collaboratori di giustizia. E così è emerso, incrociando i dati, che Virginia Gargano rientrava in un elenco di probabili elementi appartenenti alla struttura Stay Behind. In poche parole, Gladio. Una delle poche donne a far parte della struttura di gladiatori. Finora il suo ruolo è rimasto segreto. La sua identità coperta. Una vita parallela ancora tutta da scoprire, come quella di “Faccia da mostro”, la cui storia è intrecciata con delitti e stragi che hanno modificato il percorso politico e sociale del nostro Paese. Ci sono voluti quasi trent’anni per arrivare a scoprire la sua identità. E scavando nel suo passato emerge come gli inquirenti della Procura nazionale antimafia abbiano dovuto lottare contro “le cose indicibili” che hanno protetto quest’uomo che ha fatto da cerniera fra Cosa nostra, ’ndrangheta e ambienti istituzionali deviati. La stessa cosa vale per le donne. È bene usare il plurale. Perché in più casi le indagini accertano il coinvolgimento di figure femminili nei delitti e nelle stragi, da quella di Capaci (tracce di Dna femminile sono state rilevate su reperti trovati vicino al cratere dell’autostrada) alle bombe di Roma, Milano e Firenze» (leggi qui).
Da oggi in libreria
Sotto gli occhi dell’agnello di Roberto Calasso (Adelphi). Vito Mancuso su Tuttolibri (La Stampa): «“L’uomo secolare non sa cosa pensare”, scrive Calasso all’inizio di Sotto gli occhi dell’agnello (Adelphi, pp. 107, € 13), […] libro postumo, non so se più sorprendente o più incandescente. Non sa pensare rispetto alle molteplici denominazioni elaborate dalle varie religioni per indicare il divino, cioè il senso ultimo del mondo. In realtà però Calasso, riflettendo sull’Apocalisse e sul Polittico di Gand che riprende la figura dell’Agnello mistico, seppe bene cosa pensare e chiunque legge queste sue pagine solenni e severe è indotto a farlo a sua volta. Apocalisse letteralmente significa “rivelazione”, prima ancora “smascheramento” (il significato base di apokalypto è “denudare”). Qual è lo smascheramento operato dall’Apocalisse? Leggendo gli alti e allusivi pensieri di Calasso si può individuare al riguardo un triplice processo. Dapprima vi è lo smascheramento della Storia e della sua logica dominatrice, il Potere. Nell’Apocalisse c’è un termine che compare spesso (38 volte, ricorda Calasso), theríon, bestia: “Theríon è il Grande Predatore… se riaffiora dalla terra, si torna vicini all’origine – o alla fine”. Nei secoli passati furono in molti a rintracciare il Grande Predatore in questo o quel tiranno, e anche oggi qualcuno lo potrebbe identificare con chi comanda al Cremlino. Ma, ben più che identificarsi in un uomo, esso simboleggia una logica: theríon cioè rimanda a una teoria, al segreto con cui acquisire e mantenere il potere, segreto che consiste nell’oppressione, fino allo sgozzamento, degli innocenti. Nella violenza. Dopo la Storia, è la volta della Natura» (leggi qui).
La guerra dei trent’anni. 1992-2022. Le inchieste, la rivoluzione mancata e il passato che non passa di Filippo Facci (Marsilio). «“La magistratura debordò e si attribuì un ruolo, l’informazione debordò e se ne attribuì un altro, e l’opinione pubblica debordò di conseguenza, ma si raccontò che aveva soltanto un ruolo da vittima”. A distanza di tre decenni fatichiamo ancora a inquadrare Mani pulite e in che misura abbia creato l’incerto presente politico che viviamo. Se è vero che, come scrive Filippo Facci, “non aveva mai attecchito un vero senso dello Stato, e tantomeno una disposizione a scandalizzarsi per condotte poco etiche”, da che cosa ebbe origine il clamore intorno a un’indagine che, in apparenza partita da un comune caso di corruzione, ha cambiato per sempre l’immaginario della nazione? All’epoca giovane cronista, l’autore ha seguito le tracce e le crepe prodotte da quel terremoto, scavando nelle versioni improbabili – la favola del magistrato onesto che smaschera i corrotti, l’epurazione delle mele marce – e in altre non meno improbabili e complottiste legate a scenari internazionali. Da quel lavoro emergono oggi risvolti inaspettati che si ricollegano a eventi e fenomeni vicini e lontani, tra cui il maxiprocesso di Palermo, che avrebbe dovuto essere salutato come la vera svolta e invece venne attaccato da più parti, e il bombardamento mediatico, con giornali e talk show impegnati a tenere vivo il clima emergenziale, spianando la strada all’antipolitica. Tra protagonisti e comprimari, reazioni a caldo e insospettabili derive, rimuovendo ogni patina di ipocrisia, Facci restituisce un impietoso ritratto del Paese che siamo stati e che forse siamo ancora, spingendo a domandarci: è giunto il momento di ammettere, con il procuratore capo Borrelli, che “non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare in quello attuale”?» (dalla presentazione).
La verità sul caso David Rossi. Tutto quello che ancora non sapevamo di Davide Vecchi (Chiarelettere). Un estratto, da il Fatto Quotidiano: «“La carenza di dati disponibili relativamente al sopralluogo nell’ufficio di David Rossi e nella sede del rinvenimento del cadavere, nonché all’autopsia (sia per quel che riguarda il rilievo, la descrizione e la datazione delle lesioni oltre che alla repertazione di elementi utili per la ricostruzione delle dinamiche dell’evento mortale), impongono l’esumazione del cadavere e un sopralluogo”. È il 16 marzo 2016 ed è tutto da rifare. A tre anni di distanza dalla scomparsa del manager Mps, l’indagine affidata al pm Andrea Boni certifica quanto si sapeva sin da settembre del 2013 ed era scritto nell’opposizione alla prima archiviazione depositata dall’avvocato Goracci: i pm Marini e Natalini non avevano svolto alcun tipo di accertamento, e quel poco che erano stati costretti a fare, come l’autopsia, era risultato superficiale e pieno di errori e omissioni. Boni ha tentato di fare il suo mestiere, cercare la verità, e si è scontrato con le voragini investigative di chi l’ha preceduto. È grazie alla sua tenacia, ad esempio, che si è scoperta la distruzione dei fazzolettini. Il perito nominato dal magistrato trova negli atti del primo fascicolo l’elenco degli oggetti repertati e ne chiede l’acquisizione. Tra questi, i sette fazzoletti di carta sporchi di sangue rinvenuti nel cestino dell’ufficio. Sono disponibili, dicono le carte. Quindi fa richiesta per analizzarli, ma nessuno risponde. Lui insiste, gli uffici tergiversano. Quei fazzoletti sarebbero fondamentali, perché i periti ipotizzano a ragione che siano stati usati per tamponare le ferite al volto, non i taglietti al polso vecchi di due giorni, come invece hanno sostenuto sin da subito gli inquirenti. Boni vuole analizzarli, sono indicati tra i reperti conservati, eppure pare non esistano. Dopo varie insistenze e richieste ufficiali, sulla sua scrivania arriva un fogliettino striminzito: è l’atto con cui nell’agosto del 2013 Natalini ne aveva disposto la distruzione. Quindi niente fazzolettini e nessuna analisi: non era stata fatta. E niente celle telefoniche o tabulati: non sono stati acquisiti né ora si possono acquisire. Troppo tardi, sono andati distrutti. Sempre Boni scopre che la banca più antica del mondo non aveva i registri degli ingressi nella sede. Scopre inoltre che il portiere Riccucci, sentito più volte per sapere come mai non avesse visto sui monitor David agonizzante per ventidue minuti, ha una memoria a dir poco inaffidabile e fornisce spiegazioni incredibili. […] Il pm però non si lascia sopraffare dallo sconforto. Prende coscienza che va rifatto tutto dall’inizio, così nomina due consulenti tecnici scegliendoli ben distanti da Siena, città piccola in cui tutto ha ruotato e ruota attorno al Monte: chiunque qui ha collegamenti diretti o indiretti con la banca. Il pm si rivolge a Cristina Cattaneo dell’istituto di medicina legale dell’Università di Milano e al tenente colonnello Davide Zavattaro del Ris, il reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri. Il quesito che pone loro è chiarissimo: la morte di David Rossi è suicidio o omicidio?».
De arte gymnastica. Da Maratona ad Atene con le ali ai piedi di Andrea Marcolongo (Laterza). Letture.org: «Platone, nel Cratilo, faceva risalire l’etimologia stessa del termine “dèi” (theous) al verbo “correre” (thein), raccontando come “i primi uomini che abitavano in Grecia considerassero dèi soltanto quelli che ora anche molti barbari stimano tali, e cioè il sole, la luna, la terra, gli astri e il cielo, e, siccome li vedevano tutti andare sempre di corsa e correre, da questa loro natura del correre li chiamarono dèi”. Con questa citazione posta in esergo, Andrea Marcolongo ci introduce al suo nuovo libro, De arte gymnastica. Da Maratona ad Atene con le ali ai piedi, edito da Laterza, per raccontarci della sua nuova “epifania”: la corsa. E così, “dopo anni trascorsi seduta alla scrivania tra libri e grammatiche, sento che è venuto per me il momento di alzarmi e provare a ‘correre come correvano i Greci’”. L’autrice prende le mosse dalla leggenda di Filippide (o Fidippide) – raccontata per la prima volta da Plutarco –, il soldato che corse i 41,8 km della prima maratona della storia nel 490 a.C. per informare gli ateniesi della storica vittoria sui persiani nella colossale battaglia di Maratona. Fece solo in tempo a dire “Abbiamo vinto!” (Νενικήκαμεν) prima di stramazzare al suolo, morto per troppa fatica. In realtà, la distanza geografica che separa la città di Atene dal demo, ovvero dal villaggio, di Maratona – da cui il nome della più nobile delle gare di corsa –, non corrisponde a quella delle moderne maratone. “Gli agognati 42,195 km attuali, infatti, fecero la loro prima apparizione soltanto durante i Giochi olimpici del 1908 a Londra, dove, per un capriccio del principe di Galles, la partenza della prova ebbe inizio nei giardini del castello di Windsor, per fare in modo che i nobili potessero assistere alla gara in tutta comodità, tra gli agi e all’ombra – così, da allora i corridori sono costretti a sobbarcarsi quasi 400 metri extra”. Per preparare la sua maratona, la Marcolongo si ispira all’unico trattato dell’antichità giunto fino a noi dedicato alla “ginnastica”. Autore di questo breve scritto, intitolato Περί γυμναστικής e noto come De arte gymnastica in latino, fu Flavio Filostrato, detto l’Ateniese, retore e filosofo nato nell’isola di Lemno intorno al 170 d.C.» (leggi qui).
Eretiche. Donne che riflettono, osano, resistono di Adriana Valerio (il Mulino). Paolo Mieli sul Corriere della Sera: «Nel giugno del 2002, a Passau, in Baviera, il vescovo argentino Rómulo Antonio Braschi, fondatore nel 1975 di una Chiesa cattolica indipendente, conferì l’ordine sacerdotale a sette donne cattoliche. In luglio la Congregazione per la dottrina della fede, prefetto il cardinale Joseph Ratzinger, invalidò l’ordinazione condannandola come “un grave delitto contro la divina costituzione della Chiesa”. Poi ammonì le “sacerdotesse” avvertendole che, se non si fossero dichiarate pentite chiedendo perdono per lo “scandalo” causato tra i fedeli, sarebbero incorse nella scomunica. Le “ordinate” risposero al futuro papa Benedetto XVI accusando a loro volta la Chiesa di “dare scandalo” per come discriminava le donne. E chiesero un incontro a papa Giovanni Paolo II proponendogli di studiare il modo per modificare il diritto canonico nella parte in cui si vieta al genere femminile di ricevere gli ordini sacri. Papa Wojtyla non le ricevette e a dicembre furono scomunicate tutte e sette. Trascorsero altri sei mesi e, nel 2003, due di loro, la teologa Gisela Forster e l’ex suora benedettina Christine Mayr-Lumetzberger, fecero sapere di aver ricevuto, il 27 giugno di quell’anno, l’ordinazione episcopale da parte di vescovi cattolici dei quali non hanno rivelato i nomi. E che, forti di tale ordinazione, avevano consacrato altre donne. Braschi, nel frattempo, era stato bollato dalla Chiesa come “episcopus vagans”. In ordine di tempo Forster e Mayr-Lumetzberger sono le ultime protagoniste dell’assai interessante libro di Adriana Valerio Eretiche. Donne che riflettono, osano, resistono. […] Nel giugno del 1310 venne data alle fiamme una giovane filosofa, la “beghina” di Valenciennes Margherita Porete. Venne bruciata assieme al suo libro Lo specchio delle anime semplici, giudicato eretico. Quantomeno in alcune sue parti. L’inquisitore francese che la sottopose a processo, il domenicano Guillaume Humbert, le concesse una via per sottrarsi alla morte: avrebbe dovuto pentirsi. Ma la Porete fu irremovibile e in conseguenza di ciò fu mandata al rogo» (leggi qui).
Dimmi cosa vedi tu da lì. Un romanzo keynesiano di Guido Maria Brera con I Diavoli (Solferino). Vanni Santoni sul Corriere della Sera: «Roma. Notte. Un uomo si aggira per le strade e le piazze deserte della capitale, tra le ombre monumentali delle rovine. Non c’è nessuno in giro: pandemia? Coprifuoco? Crisi economica? Fine della storia? Tutte ipotesi valide. Di certo c’è solo che la città, svuotata e lugubre, è lo sfondo ideale per qualcuno che si trovi a caccia di fantasmi. Quel qualcuno è Guido Maria Brera, finanziere e scrittore, già autore di libri come I diavoli e Tutto è in frantumi e danza (con Edoardo Nesi), che meglio di tutti gli altri hanno raccontato la crisi economica e le sue ragioni; il fantasma, invece, è quello dell’economista Federico Caffè, scomparso in circostanze misteriose nel 1987: un’uscita di scena dal sapore simbolico, quasi un annuncio della sconfitta della sua scuola, quella keynesiana, a vantaggio di quella neoliberista, oggi dominante. Il clima è quello di un thriller, e per certi versi è inevitabile: la situazione globale è tale da far tremare le gambe a chiunque ne sia davvero cosciente. […] Dimmi cosa vedi tu da lì (Solferino) è molto più di un teso romanzo a tema finanziario: auto-fiction, theory fiction, saggio erudito, testo di divulgazione e pamphlet incendiario si fondono qui in un’unica idra, che si scaglia con indomita ferocia contro un sistema economico che da troppo tempo non mantiene più le proprie promesse; contro una globalizzazione che ci ha riempiti di gadget a basso costo in cambio della perdita dei nostri diritti di lavoratori; contro una finanza che ha smesso di portare fondi là dove ci sono le idee per attorcigliarsi su sé stessa. Sono posizioni che non ci si aspetta da qualcuno come Guido Maria Brera, che nella finanza globale si è formato, ha vissuto e ha conosciuto il successo. Ma è proprio il pulpito da cui giunge il monito a dargli tanta forza, e del resto Dimmi cosa vedi tu da lì è anche un memoir» (leggi qui).
L’improbabilità dell’amore di Hannah Rothschild (Pozza). Cristina Bolzani per Rai News: «Romanzo “a chiave” che racconta con toni satirici il mirabolante universo del mercato dell’arte. […] Il romanzo firmato dalla presidente della National Portrait Gallery, oltre che scrittrice e regista, mette al centro un quadro (ma immaginario) di Watteau. L’inizio de L’improbabilità dell’amore lo presenta come “la vendita del secolo”. La scena si svolge davanti alla casa d’aste Monachorum and Sons, affollata di persone e con tanto di paparazzi e troupe televisive. “‘Che sta succedendo?’, chiese un passante a una donna nella folla. ‘Vendono quel quadro, sa, quello di cui hanno parlato le cronache’, spiegò Felicia Speers, che era lì dal mattino presto. ‘L’impossibilità dell’amore’. ‘L’improbabilità dell’amore’, la corresse la sua amica Dawn Morelos”. In realtà il romanzo è ispirato da un vero Watteau, il Pierrot. Hannah Rothschild ricorda il momento in cui s’imbatté nell’opera del pittore del XVII secolo. “Ero molto, molto sola. Vidi il dipinto per caso ed ebbi un vero e proprio shock emotivo. C’era qualcosa in quel quadro e sapevo che l’uomo dipinto sentiva quello che sentivo: spaesamento e solitudine”. Non avrebbe potuto immaginare che trent’anni dopo il quadro le avrebbe ispirato il suo primo romanzo. […] Il quadro immaginario di Watteau a cui si riferisce il titolo del romanzo è una ambitissima opera. Lo trova per caso e lo compra una giovane affranta da una storia d’amore appena finita, ma è sulle sue tracce anche una famiglia ebrea di mercanti d’arte, anche perché trafugato dai nazisti, ma soprattutto perché è legato a un segreto. Al centro del romanzo c’è l’esplorazione del mondo dell’arte e dei suoi protagonisti, e anche il valore che le persone danno alle opere. Un valore che è soggettivo per ciascuno, legato alla reazione emotiva suscitata dall’arte. […] “Watteau è stato scelto perché si sa poco di lui, ma c’è anche qualcosa di oscuro che lo rende interessante”, spiega Hannah Rothschild, e fa notare come, “per quanto le sue immagini sembrino perfette, sullo sfondo gli alberi stanno morendo: c’è un aspetto minaccioso. Mi piace pensare che stia facendo un commento sociale”, dice, aggiungendo che il suo libro è stato inteso come una satira sociale».
La strategia dell’opossum di Roberto Alajmo (Sellerio). Marcello Benfante su la Repubblica: «Seguito di Io non ci volevo venire, apparso l’anno scorso, La strategia dell’opossum […] di Roberto Alajmo riprende le disavventure tragicomiche di Giovà Di Dio, abulico e sonnambulico metronotte nella marginale opacità della borgata Partanna-Mondello. Si riparte da un lieto evento potenziale, che si trasforma repentinamente in infausto incidente. Mariella, la sorella di Giovà, sta per convolare a tardive nozze con lo storico fidanzato Toni, ragioniere attivo a Torino con saldi e misteriosi radicamenti siciliani. […] Le nozze, che dovrebbero risolvere un’ormai consunta “stagnazione sentimentale”, in realtà non giungono a buon fine: il promesso sposo non si presenta all’altare e anzi scompare del tutto. Gradualmente, nel corso di indagini familiari condotte dall’anziana madre Antonietta e dal renitente Giovà (malgré lui), quello che sembrerebbe uno scandalo domestico e un piccolo dramma privato comincia a profilarsi come un enigma criminale di più vasta e inquietante portata. Alajmo imbastisce una storia di detection con una leggerezza densa, un umorismo da cui trapela un fatalismo tragico. L’occhio, apparentemente distratto, è in realtà attentissimo a cogliere i piccoli e terribili drammi della vita: le malattie, l’invecchiamento, lo squallore che avanza. Ne sortisce un manualetto empirico di antropologia palermitana fatto di modi di dire e di sentire il nulla che avanza ineluttabilmente, senza altra resistenza che non sia, per atavico scetticismo, una versione banalizzata della scommessa di Pascal: proviamo anche con Dio, non si sa mai, a dirla con Ornella Vanoni».
Musica
Concerto al Conservatorio di Milano (ore 20.45). Daniela Zacconi sul Corriere della Sera: «La Luxembourg Philharmonia Orchestra diretta da Martin Elmquist è protagonista del cartellone delle Serate Musicali […] in Sala Verdi del Conservatorio. La locandina della serata, che vede protagonista il pianista Pietro Bonfilio, propone pagine di Weber (Oberon, ouverture), Šostakovič (Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 in fa maggiore op. 102) e Čajkovskij (Sinfonia n. 5 in mi minore op. 64)».
Cinema
Da oggi su Prime Video Piacere di conoscerti di Ivan Cotroneo. Andrea Laffranchi sul Corriere della Sera: «Anche le Pausini perdono. Nella sua carriera, Laura ha vinto 1 Grammy, 4 Latin Grammy, 1 Golden Globe e decine di altri premi. Manca l’Oscar, assaporato l’anno scorso con la nomination per Io sì/ Seen. Un buco nella bacheca, che però non ne ha aperto un altro nei sentimenti della popstar. “La vittoria mi avrebbe mandato in crisi perché dopo non ci sarebbe stato più nulla – dice lei –. Non veniamo educati alla sconfitta. Volevo dare a mia figlia Paola, molto legata al tema dei like, un insegnamento: sono andata e tornata allo stesso modo dai Golden Globe vinti e dall’Oscar che ho perso”. Il racconto di quella serata di gala, la reazione via telefono con la famiglia (“Babbo ci è rimasto male”), l’hamburger notturno in limousine con il compagno Paolo è uno dei momenti centrali di Piacere di conoscerti, docu-film su Prime Video, dal 7 aprile in 240 Paesi. Il racconto gira intorno alla principale sliding door di Laura: Sanremo Giovani 1993, La solitudine, il suo sorriso fra emozione e imbarazzo, Baudo che le sistema il ciuffo. Si commuove ancora: “Lo so, sembro Heidi ma è così”. Immagini d’archivio e ricordi in prima persona ci accompagnano lungo la carriera dell’unica italiana da export. “Mi sono chiesta molte volte cosa sarebbe successo se non avessi vinto il Festival”. La risposta è nella parte di fiction. Lì Laura interpreta la se stessa non famosa, una ragazza di Solarolo che ha provato Sanremo, non è andata bene e ora è una mamma single con un negozio di ceramiche che la sera fa piano bar. “Sentirsi realizzati non dipende da premi, successo, risultati economici… A fine vita, quando ti chiedi se sei stato felice, non c’è il pubblico a darti un voto. Io lo sarei stata anche se avessi fatto ceramiche, avevo studiato per quello, o l’architetto come immaginavo. Erano piani A anche quelli”. Single e con figlio maschio. “Volevo una donna che si realizza da sola. Il regista Ivan Cotroneo aveva pensato a una divorziata, ma fossi rimasta a Solarolo non lo avrei mai fatto per i condizionamenti della società. Marcello è il figlio che i miei hanno perso prima che arrivassimo io e mia sorella: fossi stata maschio, mi sarei chiamata così”. […] La famiglia è centro di gravità. Quella di origine, con babbo che suonava con lei nei piano bar, e quella costruita con Paolo Carta, musicista e papà di sua figlia. Non si sono mai sposati. “Paolo me lo ha chiesto 10 anni fa. Quando abbiamo scoperto che ero incinta abbiamo deciso di aspettare che Paola fosse più grande. Volevamo fare lo scorso anno, ma è arrivato il Covid… ma, in fondo, dopo 17 anni è solo un gesto”».
Da oggi nelle sale
La figlia oscura di Maggie Gyllenhaal. Emiliano Morreale su la Repubblica: «Poco interessante […] The Lost Daughter, esordio nella regia della bravissima attrice Maggie Gyllenhaal, che sposta in Grecia con protagonisti americani (in maniera un po’ forzata) un romanzo di Elena Ferrante, sorta di prova generale de L’amica geniale. Una studiosa in vacanza a confronto con una famiglia rumorosa, mentre emergono ferite e incompiutezze del suo passato: ma tutto insistito e sottolineato dalla musica. Ci sono comunque le bravissime Olivia Colman e Dakota Johnson, che interpretano lo stesso personaggio in età diverse».
C’mon C’mon di Mike Mills. Mariarosa Mancuso su Il Foglio: «Joaquin Phoenix fa il giornalista radiofonico, intervista i bambini nelle varie città d’America sul futuro del nostro mondo. Tutti catastrofisti, ovvio. Peggio di Greta. Eppure qualcuno, si capisce, soltanto da poco ha una casa e mangia regolarmente. Il giornalista deve prendersi cura del figlio della sorella, il marito e padre va ricoverato in psichiatria. Il gioco preferito del rampollo – altro che storie della buonanotte – è fingersi orfano, e raccontare dettagli strappalacrime».
Bla bla baby di Fausto Brizzi. Alessandra Paolini su la Repubblica: «Nuova commedia di Fausto Brizzi, il regista di Notte prima degli esami, opera prima che gli regalò un Nastro d’argento nel 2007 e svariati altri premi. Stavolta, però, i protagonisti del film […] sono […] veri poppanti, che sgambettano ancora incerti o se ne stanno a guardare, seduti sul passeggino, lo strano mondo degli adulti. Ma, passi incerti e ruzzoloni a parte, i piccoli protagonisti del film non parlottano o dicono parole buffe. Hanno invece una chiacchiera fenomenale, profondità di pensiero e un’arguzia da fare invidia. A metà tra Senti chi parla, film che rilanciò John Travolta nell’89, e il più recente Baby Boss con la voce di Alec Baldwin, Bla bla baby è una novità assoluta nel suo genere, con i bimbi che non sono doppiati ma che parlano grazie alla magia di effetti visivi. E così, con o senza pannolino, sfoggiano una saggezza piena di umorismo, capendo più dei grandi come si “surfa” tra le onde della vita. Dispensano consigli, intuiscono comportamenti e fragilità di madri, padri, zii, nonni e amici. Ad affiancare il cast in erba ecco Alessandro Preziosi, Matilde Gioli, Massimo De Lorenzo, Maria Di Biase, Chiara Noschese, Cristiano Caccamo, Nicolas Vaporidis, […] Nina Torresi, Nico Di Rienzo, Fabrizio Nardi. […] La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Brizzi. Insieme a lui, a mettere mano al copione, anche Paola Mammini (che ha firmato Perfetti sconosciuti), Herbert Simone Paragnani e il giovane talento del fumetto italiano Mauro Uzzeo».
Tra due mondi di Emmanuel Carrère. Mariarosa Mancuso su Il Foglio: «Racconta la triste sorte delle donne che puliscono a tempi da cottimo le cabine dei traghetti sulla Manica, ma non è un documentario: adatta per il cinema il libro di Florence Aubenas. Una scrittrice francese che ha finto di essere una di loro. Dietro c’è il solito interrogativo che tormenta Emmanuel Carrère: quanto si può occupare delle vite degli altri per diventare scrittore di successo? E se poi le vere donne delle pulizie si sentono tradite da chi si è finta povera e invece firma copie in una elegante libreria di Parigi? Cinema, poco. Anzi, nulla».
Sonic 2 di Jeff Fowler: séguito della prima pellicola dedicata dallo stesso regista al noto personaggio dei videogiochi.
Vetro di Domenico Croce. Ansa: «Thriller psicologico e opera prima di Domenico Croce. […] Che ci fa chiusa in camera sua una ragazzina apparentemente gentile e appassionata di disegno come Lei (così, con questo pronome personale, viene definita in sceneggiatura Carolina Sala)? E perché poi il padre (Tommaso Ragno) non entra mai in quella stanza e le passa anche il cibo da uno sportellino nella porta, lo stesso che attraversa Sam, l’amato cagnolino di famiglia? Si capisce poi, ma non troppo, che è forse per volontà di questa ragazza che questo accade, e anche che Lei forse è malata. […] Unico rapporto con l’esterno della ragazza è quello che le offre la sua finestra, da quel poco che si vede tra gli avvolgibili semi-abbassati. Che vede Lei? Un dirimpettaio che forse ha ucciso la sua donna, o almeno così immagina, proprio come ne La finestra sul cortile di Hitchcock. Nel frattempo la ragazza farà amicizia su una chat con un ragazzo (Marouane Zotti) molto gentile. Sarà lui a smuovere, almeno un po’, la sua vita solitaria».
Calcio
Per i quarti di finale dell’Europa League le sfide Lipsia-Atalanta (ore 18.45, su Dazn, Sky Sport Uno, Sky Sport 4K e Sky Sport) e Bodø/Glimt-Roma (ore 21, su Tv8, Dazn, Sky Sport Uno e Sky Sport).
Stefano Carina su Il Messaggero: «Da Bodø a Bodø sembra trascorso un secolo. E invece, domani [oggi – ndr] saranno passati soltanto 168 giorni. Calendario alla mano, 24 settimane che vedono agli antipodi il punto più basso (il clamoroso ko per 6-1 in Norvegia) e quello più felice della stagione romanista. Due facce della stessa medaglia, quella con l’effigie di Mourinho. Furente, disgustato, incredulo, severo quello che si presentò nel post-gara del 21 ottobre, demarcando una linea netta tra buoni e cattivi, tra titolari e riserve, tra chi poteva far parte del suo progetto tecnico e gli altri, dei quali avrebbe fatto volentieri a meno. […] Oggi […] è semplicemente un altro José. Compiaciuto, soddisfatto, felice, pungente verso l’esterno a protezione di quella che ormai chiama costantemente famiglia. Una metamorfosi che coincide con un’altra Roma. Più consapevole dei propri mezzi, cinica, letale, capace di adattarsi all’avversario, vincente. In poche parole, più squadra. […] Per questo c’è da scommettere che, se domani sera [stasera – ndr] il Bodø-Glimt sarà inevitabilmente un’altra squadra (il mercato invernale ha visto le partenze, tra gli altri, del capitano Berg, del centravanti Botheim e del terzino sinistro Bjørkan), si ritroverà di fronte un’altra Roma. Negli uomini (spazio alla formazione titolare di Genova con un paio di possibili ballottaggi: El Shaarawy-Zalewski, Kumbulla-Ibañez), ma soprattutto nella testa. E nello spirito».
Programmi Tv
Su Rai 3 Tocca a noi – Concerto per la pace con Andrea Delogu: registrazione del concerto svoltosi il 5 aprile in piazza Maggiore a Bologna (ore 21.15).
Su Rai 3 L’importanza di iniziare da uno (ore 23.15).
«Mattia lotta con il suo cuore malato da prima che nascesse. Il piccolo protagonista del documentario sembra che sia destinato a non superare i primi mesi di vita, ma operazione dopo operazione non si arrende. La più grande paura dei suoi genitori e dei medici del Bambin Gesù è la fase postoperatoria e il rischio che Mattia possa contrarre l’AKI, un’infezione renale acuta che ogni anno uccide tantissimi bambini affetti da cardiopatia. Un’infezione che quando viene diagnosticata è sempre troppo tardi per poter fare qualcosa. E se si potesse in qualche modo prevedere? Davide, il padre di Mattia, è convinto che una possibilità esista, ed è l’intelligenza artificiale. Davide, da padre impotente davanti alla malattia del figlio, si trasforma in un genitore ossessionato dalla possibilità di potercela fare. Decide di mettere in gioco le sue competenze di sviluppatore e inizia così la sua battaglia per convincere l’Ospedale Bambin Gesù a sostenere il suo progetto di ricerca e applicare l’intelligenza artificiale alla miriade di dati dei piccoli pazienti in terapia intensiva. Dopo quattro anni finalmente il comitato etico dell’ospedale approva il progetto di sperimentazione. Questo documentario racconta la storia di un amore incondizionato, quella di un genitore e un figlio che lottano insieme e contro il tempo per trasformare il dolore in un’opportunità per la vita» (dalla presentazione).
Su Rete 4 Dritto e rovescio con Paolo Del Debbio (ore 21.20).
Su Italia 1 Il viaggio della musica con Elenoire Casalegno e Nicolò De Devitiis (ore 21.20).
Su La7 Piazzapulita con Corrado Formigli (ore 21.15). Le testimonianze dal massacro di Bucha; gli orrori di Mariupol. In studio, tra gli altri: il vice-segretario generale della NATO, Mircea Geoana; lo storico Paolo Mieli; i giornalisti Alberto Negri, Alessandro Sallusti, Marco Tarquinio.
Su Nove La guerra dei mondi di Steven Spielberg (ore 21.25).
Roberto Nepoti su la Repubblica: «Oltreché un’efficace macchina da spettacolo (chi ne dubitava?), il film […] è un saggio su quanto il tempo cambi le cose. Rispetto all’edizione “cult” del romanzo di H.G. Wells diretta nel 1953 da Byron Haskin, è cambiata – ovviamente – la qualità degli effetti speciali, che ora esaltano la verosimiglianza della fantasticheria paranoide a livelli stratosferici. Ma questo è il meno. Sul piano sociologico, cambia l’assortimento dei personaggi: al posto dell’uomo e della ragazza, un padre e due figli: proiezione dell’ossessione epocale per il mutamento dei rapporti famigliari. Cambia, fino a ribaltarsi, l’immaginario di Steven, prima popolato di teneri E.T. con cui avere incontri ravvicinati, ora di “visitor” repellenti e distruttivi. Analogo discorso per i terrestri: se quelli del giovane Spielberg erano fiduciosi e solidali, nella Guerra dei mondi ce li ritroviamo massa imbarbarita, vile ed egoista. Chissà che è passato, nel frattempo, per la testa del regista? E poi: è davvero il caso di fare gli esegeti di fronte a un film volutamente semplice, che ha per fine l’emozione (e la cassetta) come i pop-corn movie del sabato? Un film che si può legittimamente guardare proiettandoci dentro le paure del momento (oggi il terrorismo, nel ’53 lo spettro della Guerra fredda), ma che in fondo è soprattutto un gran teatro della regressione, cui abbandonarsi per lasciarsi spaventare dai mostri delle fiabe. E farsi salvare da papà».
La sezione Oggi è curata da Simone Furfaro. Per segnalazioni scrivere a redazione@anteprima.news.
Santi e Vangelo
Santi del giorno
San Giovanni Battista de La Salle, sacerdote, fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane; sant’Egesippo; san Pelusio, sacerdote e martire; santi Teodoro, vescovo di Cirene, Ireneo, diacono, Serapione e Ammonio, lettori, martiri; san Callopio, martire; santi martiri di Sinope; san Giorgio, vescovo di Mitilene; sant’Aiberto, sacerdote e monaco; sant’Ermanno Giuseppe, sacerdote premostratense; sant’Enrico Walpole, gesuita, e beato Alessandro Rawlins, sacerdoti e martiri; beati martiri Edoardo Oldcorne, sacerdote, e Rodolfo Ashley, gesuiti, martiri; san Pietro Nguyen Van Luu, sacerdote e martire; beata Maria Assunta Pallotta, vergine delle Suore Francescane Missionarie di Maria.
Vangelo del giorno
In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno’’. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite ’’È nostro Dio!’’, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio [Giovanni 8,51-59].

Domani


Compleanni
Nati l’8 aprile
La supercentenaria Casilda Benegas Gallego (115), la cantante e conduttrice Wilma De Angelis (92), il regista e sceneggiatore Jean-Paul Rappeneau (90), il giornalista Seymou Hersh (85), il mezzosoprano Bruna Baglioni (83), il cardinale Edwin Frederick O’Brien (83), la stilista Vivienne Westwood (81), il magistrato e politico Gianfranco Amendola (80), il cardinale Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun (78), il pittore Odd Nerdrum (78), il regista Hou Hsiao-hsien (75), l’ex direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio Pascal Lamy (75), il politico Danuta Hübner (74), il politico Antonio Gentile (72), il giornalista Francesco Merlo (71), l’ex primo ministro islandese Geir Hilmar Haarde (71), il musicologo Christopher Page (70), il calciatore Oscar Ortiz (69), il politico Pasqualino Giuditta (68), il prefetto ex poliziotto Giuseppe Gualtieri (68), il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro (60), il fondatore e presidente di Technogym Nerio Alessandri (61), il diplomatico Stefano Baldi (61), la giornalista Maria Grazia Mazzola (60), il paleontologo e divulgatore scientifico Alberto Angela (60), l’arbitro Massimo De Santis (60), il cofondatore dei Guns N’ Roses Izzy Stradlin (60), l’attore Dean Norris (59), il collaboratore di giustizia ex mafioso Gaspare Spatuzza (58), la giornalista e conduttrice Monica Leofreddi (57), l’attrice Robin Wright (56), il calciatore Iomar «Mazinho» do Nascimento (56), il giornalista Beda Romano (55), l’attrice Patricia Arquette (54), il ministro del Turismo Massimo Garavaglia (54), il conduttore radiofonico Martin Klein (52), il primo ministro croato Andrej Plenković (52), lo slittinista Gerhard Plankensteiner (51), il calciatore Francesco Flachi (47), la cantante Anouk (47), il fantino Antonio «Sgaibarre» Villella (46), il controtenore Filippo Mineccia (41), il nuotatore Luca Pizzini (33), l’attivista Muzoon Almellehan (23).
Nel 2021 abbiamo dedicato il profilo biografico ad Alberto Angela; nel 2020 a Vivienne Westwood.
Altro compleanno
di Jessica D’Ercole
Angela Pellicciari, nata a Fabriano (Ancona) l’8 aprile 1948 (74 anni). Insegnante di storia a filosofia. Storico. Saggista. Salita alle cronache nel 2006 per aver fatto leggere in classe, alla Quinta F del liceo Lucrezio Caro di Roma, Conversazioni segrete di Hitler raccolte da Bormann con la prefazione del neofascista Franco Freda.
Titoli di testa «La storia si studia sui documenti».
Vita «La mia storia è legata al Cammino neocatecumenale di cui faccio parte dal 1971». Ad avvicinarla a Dio, «una storia sentimentale finita nel peggiore dei modi mi aveva gettato in una disperazione cupa che mi rendeva difficile, la mattina, iniziare la giornata. A vent’anni la mia vita doveva ancora cominciare, e per me era già finita. Questo il contesto in cui Dio ha deciso di farsi conoscere. Una notte, mentre prendevo in mano i pezzi della mia vita (soffrivo di una lucida forma di pazzia, era come se il mio io fosse “andato in pezzi” e non riuscissi più a convivere con me stessa), mentre contemplavo la catena dei “peccati” che inesorabilmente mi aveva condotto al punto in cui ero, mentre in una parola toccavo il fondo dell’angoscia, mi è apparso come un mare di fuoco. Un fuoco vivo. Sapevo che in quel mare c’era Dio. Ma come potevo incontrarlo?» [su Liberal nel 2008] • «Avevo cercato la giustizia e la verità, ma lontano da Dio che non conoscevo, e mi ero imbattuta nel ’68 vissuto con passione come se fosse una missione. Ribelle per temperamento e storia, ero precipitata senza accorgermene in un vortice distruttivo di non senso e disprezzo per me stessa e per gli altri […]» • «Quando ero giovane avevo molte curiosità e leggevo di tutto, anche di psicoanalisi. Fra le tante letture me ne ricordo bene una (James Hillman, The Great Mother) perché mi rivelò un aspetto che mi era completamente ignoto: il matriarcato e la venerazione della madre terra» [ad Aldo Maria Valli] • Nel 1969 ottiene una borsa di studio alla Sispe (Scuola Italiana di Specializzazione in Politica ed Economia), gestita da Claudio Napoleoni e Franco Rodano. Si laurea in Storia e filosofia • Negli anni settanta e ottanta collabora con la Rai • Insegnante, nel 1995 consegue il dottorato in Storia Ecclesiastica all’Università Gregoriana e si appassiona alla storia dell’Ottocento italiano • Nel 1998 pubblica Risorgimento da riscrivere (Ares). Franco Cardini, che ha firmato la postfazione, dice che è un lavoro serio, e prevede che non sarà accolto serenamente: «Qualcuno cercherà d’ignorarlo e farà di tutto per occultarlo […]. Ma le vecchie e consolidate menzogne ormai scricchiolano» [Brambilla, CdS]. E non aveva torto. Spiega Venanzio Postiglione: «Trecento pagine di fatti, documenti, citazioni, per dimostrare che lo Stato italiano, nato dal Piemonte, “si dichiarava liberale” e poi “faceva la guerra alla Chiesa”. Perché c’è un revisionismo anche sul Risorgimento. L’autrice ne parla con Paolo Mieli, direttore editoriale Rcs, e con Giorgio Rumi, docente di storia contemporanea alla Statale. Da Mieli il plauso al libro, “che affronta un tema scomodo in modo pacato”, ma anche l’invito al confronto sulla storia, “che i cattolici evitano”. E Rumi non si fa pregare. Entra in polemica. Accetta la tesi della Pellicciari, “perché la lotta dello Stato unitario contro i cattolici è accertata”, ma non difende il Papa e la gerarchia: “Solo il Piemonte aveva una Costituzione e un progetto. Mentre la Chiesa non diede uno sbocco al sentimento nazionale, si mise di traverso, seppe solo dire ‘no’. Tanto che gli stessi cattolici milanesi, fra lo Stato d’assedio dell’Austria e Torino, preferirono Torino”. Come dire che la Chiesa “fu attaccata”, però aveva brillato per assenza. La Pellicciari fa segno di no e ritorna sulle “colpe dei piemontesi”. Rumi insiste sulla Chiesa “che non colse i tempi”. Gli storici cattolici, per una volta, si sono divisi» [Postiglione, CdS] • Secondo Pellicciari l’unità d’Italia non è nata da un risveglio di un sano nazionalismo e da un sincero desiderio di libertà, ma, al contrario, dalla sete di potere di una élite massonica e anticlericale. Del 2000 L’altro Risorgimento (Piemme), che verrà adottato come libro di testo dalle sue classi per studiare l’unità d’Italia • In I panni sporchi dei Mille (Liberal, 2003) riprende la tematica dibattuta nel 1998 dal suo Risorgimento da riscrivere, «per dimostrare come la vera e propria guerra di religione condotta contro la Chiesa di Roma dal Parlamento di Torino tra il 1848 e il 1861 abbia fatto da prologo alla spedizione dei Mille, per ingraziarsi i favori degli Stati protestanti e della massoneria mondiale». Lo fa attraverso gli scritti di Giuseppe La Farina, Carlo Pellion di Persano e Pier Carlo Boggio. Gaetano Mirabello: «Le tre testimonianze rivestono notevole rilievo documentale perché svelano i retroscena non edificanti di un’azione, che fu studiata a tavolino per annettere al Piemonte con la violenza e l’inganno, gli Stati della penisola. Massimo d’Azeglio, scrivendo al nipote Emanuele il 29 settembre 1860, mentre era ancora in corso quella che la stampa liberale già spacciava come un’epica impresa di un pugno di audaci, diceva che “quando si vede un regno di sei milioni ed un’armata di 100 mila uomini, vinti con la perdita di 8 morti e 18 storpiati, chi vuol capire capisca”. L’accusa è grave anche se proviene da chi aveva scarsa simpatia per i metodi politici sin troppo disinvolti di Cavour. Ma come dubitare dei tre “galantuomini”, le cui testimonianze costituiscono il fulcro del recente testo della Pellicciari? Poiché essi furono tutti fedelissimi del conte, quanto dicono appare per ciò stesso come oro colato» [Partito del Sud] • Insegnante a Roma nel liceo Tito Lucrezio Caro, nel 2006 suscita polemiche la sua decisione di far leggere agli studenti le Conversazioni segrete di Hitler raccolte da Bormann, prefazione del neofascista Franco Freda, libro che ha scelto per «andare alle fonti dirette senza mediazioni». Il testo poi verrà ritirato dal preside («non avrei mai dato quel tipo di libro agli studenti perché non so come avrebbero potuto interpretarlo») e sostituito con una lezione di Pietro Terracina, reduce di Auschwitz, che la professoressa non aveva voluto invitare, neanche su richiesta di una sua studentessa: «La storia si fa con metodo e documenti, non con le emozioni», dice lei • L’intento della professoressa era di far studiare ai ragazzi a 360 gradi i movimenti totalitaristi del Novecento e, per questo, aveva suddiviso gli alunni in tre gruppi e a ciascuno era stato assegnato un libro di approfondimento rispettivamente su fascismo, nazismo e comunismo. Poi in classe si sarebbe dovuto svolgere un dibattito. Assegnare però a dei ragazzi le conversazioni di Hitler con la prefazione di Freda, avvalersi di un proprio testo, in chiave di revisionismo storico, per spiegare l’unità d’Italia ha fatto scattare l’ira dei genitori che a Repubblica hanno anche ricordato che «la professoressa Pellicciari è la stessa che all’inizio dell’anno ha fatto il censimento per alzata di mano tra chi crede in Dio e chi no, che con lo stesso metodo ha censito gli esonerati dall’ora di religione» [Rutiloni, Rep] • Tra le polemiche, molte testimonianze in suo favore: da Pierluigi Battista a Ernesto Galli della Loggia, da Giorgio Rumi a Giorgio Israel fino a quella di diversi suoi studenti («La prof. aveva il diritto di scegliere») e dei suoi ex alunni come Micol Nahon: «Sono di religione ebraica e leggere oggi accuse di filonazismo contro la prof.ssa Angela Pellicciari mi ha fatto rabbrividire. Sono stata sua alunna, l’ho conosciuta in anni formativi dal punto di vista intellettuale, morale e religioso. Nei tre anni passati insieme la mia cultura e la mia religiosità è sempre stata capita e accolta, è stata motivo di crescita e stimolo per entrambe. Se sulle mura del liceo Caro sono apparsi simboli di estrema destra e slogan fascisti forse è proprio perché non ci sono abbastanza persone come Angela Pellicciari che aprono i ragazzi allo spirito critico, alla capacità di informarsi e di informare ma soprattutto alla Fede» • Lei bolla l’accaduto come «un episodio vergognoso» e nel 2008 lascia la scuola per insegnare storia della Chiesa nei seminari Redemptoris Mater e scrive libri: «Quando molti vanno in pensione ho cominciato una nuova attività: quella di storica e di saggista» • «Quanto a me, con gli anni, anzi, con i decenni, la mia vita è stata risanata. Da tutti i punti di vista, a cominciare dalla sessualità. Essendo separata, ero chiamata a vivere in castità. Ma senza un concreto e costante aiuto di Dio, bisognosa di affetto come sono, mi sarebbe stato impossibile praticarla» [Liberal] • In questi anni sconfigge un cancro: «Terrorizzata da sempre dalla morte che mi fa orrore e che nessuna catechesi del mondo è riuscita a farmi sembrare “naturale”, mi è stato concesso di vivere in pace un’esperienza di tumore che avrebbe potuto essere molto seria (anche se poi così non è stato)» [ibid.] • Su Radio Maria cura una rubrica intitolata La vera storia della Chiesa e collabora con molti giornali, tra i quali La Padania, Libero, Studi Cattolici, La Nuova Bussola Quotidiana, Il Foglio. «E leggendo ciò che scrive è evidente la fede, il suo essere cattolica. Non sorprende, dunque, la sua passione per Isabella di Castiglia, colei che sollecitò l’arrivo dell’Inquisizione in Spagna e che nel 1492 sconfisse i musulmani. Una donna che, nell’iconografia cattolica, è sempre, qualunque cosa faccia, con il crocifisso tra le mani» [Capponi, CdS] • Nel 2009 l’allora presidente del Consiglio Berlusconi consigliò caldamente i giovani del suo partito a studiare il libro di Angela Pellicciari Risorgimento da riscrivere al fine di «correggere le menzogne storiche». «Quel Risorgimento raccontato dalla Pellicciari perseguitò i cattolici, si impossessò con la forza delle terre della Chiesa, saccheggiò conventi, mise al bando gli ordini religiosi, confiscò con brutalità e vandalizzò “migliaia di palazzi, intere biblioteche, archivi, quadri, sculture, oggetti sacri, inghiottiti in un battibaleno” nelle insaziabili fauci di chi aveva architettato quel complotto massonico e anticristiano. È questo il Risorgimento, feroce, rapace, protervo che il premier consiglia di rileggere?» (Pierluigi Battista) [CdS] • Tra i suoi libri anche Martin Lutero (Cantagalli, 2012): «Lutero è un uomo dell’odio, odia la Chiesa cattolica e odia gli ebrei come nessun altro… Spero che i luterani conoscendo meglio Lutero comprendano i suoi errori e un giorno possano tornare a casa, cioè nella Chiesa di Roma» [a Americo Mascarucci, Cristianesimo Cattolico] • Del 2015 Una storia della Chiesa (Cantagalli): «Questo libro mi ha permesso di unire la professione storica alla mia personale esperienza di cristiana per confutare tutte le calunniose falsità che vengono propalate sulla Chiesa, da Costantino alle crociate, dall’Inquisizione allo Stato Pontificio ecc. Certo, la storia della Chiesa è anche una storia di peccato, ma se ci sono state persone eretiche anche dentro la Chiesa, è altrettanto vero che Dio ha sempre suscitato e continua a suscitare in aiuto della Chiesa nuovi carismi e nuovi esempi di santità» [a Americo Mascarucci, Cristianesimo Cattolico] • Da ultimo ha pubblicato Una storia unica (Cantagalli, 2019) in cui affronta un tema a lei caro, l’impresa di Isabella di Castiglia e di Ferdinando d’Aragona: «Lo spirito battagliero di ex sessantottina convertita al cristianesimo ha portato Angela Pellicciari a “intestardirsi” – forse per un desiderio di giustizia, oltre che per amore di verità – su una rilettura del ruolo della Chiesa nella storia finalmente depurata dai pregiudizi anticattolici. In oltre vent’anni di studio e divulgazione, questo suo schierarsi deciso le ha attirato non poca ostilità, a tratti perfino grottesca. Tuttavia nessuno dotato di cognizione di causa, nemmeno dai fronti avversi, le ha mai potuto contestare l’autorevolezza e il rigore scientifico […]. Questa volta la (ri)scoperta riguarda una delle imprese più gigantesche che la storia del mondo ricordi: l’inimmaginabile e strapazzatissima (dagli storici mainstream) parabola della Spagna cattolica dalla sottomissione all’islam all’affermazione come prima potenza mondiale, ossia dalla reconquista alla conquista delle Americhe. Un arco di tempo e di gloria lunghissimo che la Pellicciari lega insieme, come lascia intuire il sottotitolo del volume, nel segno di Maria» [Piccinini, Tempi] • In pieno lockdown ha pubblicato dei piccoli video Le pillole di Angela: «Sono come dei piccoli mattoni che provano a ridare voce ai fatti. Ai fatti, non alle ideologie. Ai fatti, non agli slogan. Mi è venuta l’idea di chiedere ad un gruppo di amici di dar vita ad una “Cultura in Pillole”. Ognuno nella sua disciplina mette a disposizione il frutto del proprio lavoro sotto forma di brevi video, semplici e chiari, cui chiunque voglia possa rivolgersi con fiducia».
Titoli di coda «Perché grandi santi hanno distrutto gli idoli pagani? La risposta me l’ha data Agostino: perché gli idoli non sono innocui».
JDE
Anniversari
Morti l’8 aprile di un anno col 2
Giacomo Mancini, politico, 85 anni (2002); Daniel Bovet, premio Nobel per la Medicina, 85 (1992); Juan Belmonte, torero spagnolo, 70 (1962); Carlo Taglioni, ballerino, 58 (1812); Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, signore di Firenze, 43 (1492).
Didascalie a certe immagini degli otto aprile degli anni col 2
• Candy McCullough e, a destra, Sharon Duchesneau, con in braccio il poppante Gavin. Al centro, la piccola Candy. Stanno facendo colazione nella loro cucina di New York. Candy e Sharon, sposate da otto anni, sono due lesbiche sorde, e terapiste della sordità, che hanno cercato, per concepire le loro due figlie, un donatore sordo congenito, in modo che fossero sordi anche i due bambini. Il donatore in questione – un amico di famiglia – ha un albero genealogico che comprende cinque generazioni di sordi. Sharon ha detto al Washington Post: «Avere un figlio è una benedizione. Avere un figlio sordo è una benedizione speciale». Questa foto sta facendo il giro del mondo [2002].
• Gli inservienti della Scala alla ricerca della sveglia che, programmata per le 23.10, ha trillato mentre Tiziana Fabbricini aveva appena attaccato l’Addio del passato. Lei e il tenore Roberto Alagna sono rimasti immobili finché l’apparecchio – che era stato piazzato sotto il podio di Muti – non è stato trovato. L’opera – regia di Liliana Cavani – è ripartita dal Parigi, o cara [1992].
• Nereo Rocco che s’incammina verso gli spogliatoi mentre i fotografi, camminando all’indietro, gli scattano foto a ripetizione. Sono gli ultimi minuti di Milan-Torino, il Milan sta vincendo 4 a 2 e, siccome la Fiorentina sta perdendo a Lecco, il campionato è ormai suo. Cinque mesi fa, il grande allenatore, subissato dalle critiche dei tifosi che lo invitavano a tornare a Padova, chiese un faccia a faccia ad Angelo Rizzoli e, quando furono soli, gli disse: «Signor presidente, mi dia retta. Hanno ragione. Il Milan ha sbagliato allenatore… Io me ne vado. Son fatto per Padova, non per Milano». Rizzoli, molto freddo, rispose: «Il Milan non ha sbagliato» (da un articolo di Gino Palumbo) [1962].
• Filarmonica di New York, Glenn Gould seduto al pianoforte nero, sul podio Leonard Bernstein, che a un tratto, prima di dare il via alla musica, si gira verso il pubblico e pronuncia il seguente discorso: «Cari amici della Filarmonica, oggi ci troviamo di fronte ad una curiosa situazione, che a mio avviso merita una spiegazione. Tra poco ascolterete un’interpretazione, diciamo, non fedele del Concerto in re minore di Brahms. Un’interpretazione diversa da tutte quelle che fino ad oggi ho potuto ascoltare e comunque da tutto quel che avevo potuto immaginare: diversa per i suoi tempi eccezionalmente trattenuti e per le sue frequenti deroghe alle indicazioni dinamiche dello stesso Brahms. Non posso dire di essere del tutto d’accordo con la concezione di Gould, ed ecco quindi che si pone l’interessante domanda: perché in questo caso e malgrado tutto ho accettato di dirigere questo concerto? (risate del pubblico) Se l’ho fatto è perché Gould è un artista tanto qualificato e tanto serio che mi sembra indispensabile considerare tutto quel che ha pensato in buona fede. In questo caso la sua versione è così interessante da suggerirmi la sensazione che sarebbe bene che anche voi la conosciate. Eppure, la solita domanda ci perseguita: in un concerto chi comanda, il direttore d’orchestra o il solista? (risate del pubblico) Ebbene, la risposta è ovvia: una volta l’uno, una volta l’altro, secondo le personalità. Ma i due arrivano quasi sempre ad accordarsi, con la persuasione, il fascino o anche la minaccia, giungendo a dare una versione omogenea dell’opera. Una sola volta nella mia vita, prima di oggi, ho dovuto sottomettermi ad idee totalmente nuove e totalmente inconciliabili di un solista, e ciò accadde l’ultima volta che ho accompagnato Gould! (risate del pubblico). Questa volta, invece, le divergenze tra le nostre concezioni sono così grandi che sento il dovere di questa mia precisazione. Per ripetere la domanda: quale motivo mi conduce a dirigere questo concerto? Non era forse meglio provocare un piccolo scandalo, scritturare un altro solista, o affidare la direzione al mio assistente? Perché sono affascinato e felice di aver l’occasione di conoscere un modo nuovo di considerare quest’opera così spesso eseguita. Perché ci sono dei momenti, nell’interpretazione di Gould, che emergono con freschezza e idee straordinarie. Perché tutti possiamo imparare qualcosa da questo pianista incredibile, che è anche un pensatore della musica. E, infine, perché nella musica esiste quel che Dimitri Mitropoulos chiamava “l’elemento sportivo”, la curiosità, l’avventura, la sperimentazione. Vi posso garantire che collaborare con Gould nel corso di questa settimana, nel Concerto di Brahms, è stata una vera e propria avventura. È con questo stato d’animo che ora lo presenteremo». I due non suoneranno mai più insieme [1962].
• I trenta domestici che, avendo servito la stessa famiglia per più di quarant’anni, sono stati premiati dal Consiglio provinciale dell’Economia di Bologna con un diploma e una medaglia d’oro. Spicca tra loro Francesca Felicetti, che, assunta a dodici anni dalla famiglia Venza, continuò poi a servirla per 77 anni [1932].
• La deputatessa Dransferd, del Centro cattolico, mentre al Reichstag pronuncia un discorso contro le impiegate dello Stato che siano madri illegittime. Sta dicendo: come può una maestra che sia anche madre illegittima continuare nel suo ufficio di insegnante? La deputatessa Müller, prendendo la parola subito dopo, ha sostenuto che anche i padri illegittimi, impiegati dello Stato, devono essere sottoposti a procedimento disciplinare. Un deputato di sinistra le ha subito gridato: «Allora saranno licenziati tutti!» [1922].
• Giosuè Carducci in visita alla Loggia Massonica romana. Lo ricevono Adriano Lemmi e gli onorevoli Crispi e Zanardclli. Presenti anche molte altre notabilità massoniche residenti nella Capitale [1892].
• L’impiccato Pietro Boggia, fuochista di anni 63, il quale spenzola da una forca eretta dagli austriaci in Milano, tra i Bastioni di Porta Ludovica e Porta Vigentina (s’appostava tra la Basilica di Sant’Ambrogio e il Duomo, faceva poi a pezzi le sue vittime con la scure e a colpi di pietra, tumulandole in una sua cantina di via Stretta Bagnera. Decapitato dopo morto, Cesare Lombroso, studiandone la testa, trovò conferma alle sue teorie) [1862].
• Ore 4 del mattino, villa di Careggi. Girolamo Savonarola, di anni 40, sta benedicendo Lorenzo de’ Medici, di anni 43, in fin di vita per via di un’uricemia ereditaria. Sono presenti Angiolo Poliziano e Pico della Mirandola. Scrive il Poliziano: «A tal punto si mantenne forte fino all’ultimo, da scherzare sulla propria morte… Alla fine guardò fissamente un crocifisso d’argento, splendidamente ornato di perle e di gemme, lo baciò e morì». E il Guicciardini: « Fu denotata questa morte come di momento grandissimo da molti presagi: era apparita poco innanzi la cometa, erasi udito urlare lupi: una donna di Santa Maria Novella infuriata aveva gridato che un bue con le corna di fuoco ardeva la città: eransi azzuffati insieme alcuni leoni, e uno bellissimo era stato morto dagli altri» [1492].

Lettere


Dear Giorgio, la Lega massaggia il governo anche sul caso dei 30 diplomatici russi espulsi. Spa story.
Ciao
Massimo Lodi
Caro Giorgio, alla terza candidatura per l’Eliseo (dopo la disastrosa trombatura, nel 2005, del padre Jean-Marie), Marine Le Pen, 54 anni, appare “alle soglie del potere”, come stanno allertando i seguaci del favorito, Emmanuel Macron, 45 anni. Nell’ultimo sondaggio, la leader del Rassemblement National ha guadagnato quattro punti (fino al 23%) in vista del primo turno di domenica, mentre il Capo dello Stato, che mantiene aperto il dialogo telefonico con Putin, è sceso al 25%. E lo scarto continua a ridursi. Nel caso di un bis Le Pen-Macron per il ballottaggio del 24 aprile:
51,5% per il Presidente-candidato contro 48,5% per la leader della destra, grande amica di Matteo Salvini.
L’inquilino, o l’inquilina, dell’Eliseo ha un potere immenso. Anche se non dovesse avere la maggioranza all’Assemblea nazionale (avvenne all’epoca della coabitazione tra Mitterrand e Chirac). I francesi non rimproverano a Marine i suoi legami con Mosca. Dopo aver mandato al macero i suoi volantini con Putin, la bionda signora di Neuilly-sur-Seine ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina. Ma, a proposito dei massacri di Bucha, ha spiegato che occorre aspettare l’indagine dell’Onu, senza mai accostare le parole Putin, Russia, condanna. Invece di fare campagna su immigrazione e identità, temi su cui sa di dominare, l’antagonista principale di Macron
si è concentrata sulla difesa del potere d’acquisto, priorità numero uno dei francesi: intende ridurre l’Iva dal 20 al 5,5% su carburante, gas ed elettricità, rinazionalizzare le autostrade, esonerare i redditi dei meno di 30 anni. A “Le Figaro” Le Pen ha detto: «Sono pronta a governare. Il mio programma è perfettamente fattibile, legalmente affidabile e finanziariamente sostenibile». Madame Marine, che convive con Ingrid, sua amica d’infanzia, ha anche annunciato: «Andrò all’Eliseo da celibe, sarà un simbolo di modernità». può permettersi di cavalcare l’attualità.
Prima, lo scandalo McKinsey sui soldi versati dal governo a società di consulenza, che rafforza l’idea di un Macron “Presidente del sistema”. E poi la morte di un giovane ebreo in banlieue, Jeremy Cohen, aggredito, poco prima, da una banda di giovani. C’è il sospetto che la giustizia francese non faccia abbastanza per scoperchiare l’antisemitismo nascosto. E Le Pen è in prima linea per chiedere la verità.
Pietro Mancini
Non sto qui a farla lunga.
So perfettamente che la contraffazione storica è stata messa in atto (l’uomo è il solo essere vivente capace di mentire e lo fa in continuazione in ogni campo!) fin da subito e si può dire così già parlando della Battaglia di Qadesh – databile 1274 avanti Cristo – scontro veramente epocale con gli Ittiti sostanzialmente finito senza un vincitore assoluto (per quanto, ove se ne volesse trovare uno relativo, sarebbe Muwatalli II), a seguito del quale nel mondo Egizio, laddove la figura del Faraone – nello specifico, Ramses II – non poteva essere messa in discussione per nessun motivo, fu dovunque con ogni mezzo diffuso il cosiddetto ‘Poema di Qadesh’ che ne illustrava la mai effettivamente conseguita vittoria sul terreno affermando che al solo suo apparire le schiere nemiche si scompaginassero, delle quali strumentali cose nessuno o pressappoco dubitò data l’indiscutibile ‘autorevolezza’ della fonte.
So benissimo che il ‘pazzo e sanguinario’ Nerone – non uno stinco di santo e certamente crudele ma non veramente fuori misura quanto ai tempi e rispetto ai comportamenti nel comando dei predecessori – è come tale stranoto a causa del fatto che di lui conosciamo soprattutto quanto vergarono Tacito e Svetonio, storici insigni, ‘autorevoli’, ma appartenenti alla fazione assolutamente avversa.
So pertanto benissimo (infinite altre essendo le situazioni consimili) che è proprio attraverso i ‘documenti’ – e cosa possono, devono, contenere tali strumenti comunque composti se non ‘notizie’? – che si cerca, ad opera delle diverse fazioni secondo convenienza, per proprie finalità, aspirando alla e comunque esibendo ‘autorevolezza’, con spesso buonissimi risultati, di portarci a credere rispetto agli accadimenti storici, ai protagonisti, alla società, a tutto, se ritenuto necessario, il contrario della realtà, di quanto avvenuto, di quanto ci condurrebbe a conclusioni diverse, assai di sovente opposte.
So perfettamente poi che, da quando i ‘documenti’ consistono di immagini – e chi mai può dubitare di quanto vede? chi, banalmente, dubiterebbe della ripetuta in ogni ambito armato ripresa nella quale un mitragliere in strada, allo scoperto, spara a raffica, cosa che ovviamente è stata preceduta da un accertamento teso a verificare che non si esponesse all’opposto fuoco nemico e da un ordine, il ciak, del cameraman operatore addetto – via via (fotografie, filmati, tecnologie) sempre più asseveranti, attraverso quella della ‘cronaca’, la contraffazione storica è aumentata esponenzialmente ottenendo grandi successi.
So perfettamente che oggi nel campo la tecnica offre possibilità praticamente illimitate come stiamo a tamburo battente verificando in Ucraina e altrettanto, negli ultimi tempi visto, già avendo dimenticato, in ogni parte della Terra dove si sia combattuto.
È per questo che ho personalmente concluso nella contingenza
di non starmene neppure alla finestra
di non guardare nessuna delle ‘documentazioni’ filmiche che i media televisivi diffondono in relazione agli ‘accadimenti’
di non vedere fotografie inerenti atti di guerra o atrocità colà ‘compiuti’
di non ascoltare ‘notizie’ alla radio
di non leggere i reportage sui giornali
di non farmi per quanto possibile condizionare
di non lasciarmi coinvolgere.
Et de hoc satis!
Mauro della Porta Raffo
P.s. – Dovessi invece tornare sulla determinazione illustrata disattendendola, prego tenere conto di quanto a suo tempo scritto da Walt Whitman:
«Ci sono contraddizioni in me? Certo, sono immenso, contengo moltitudini!»
«Non ho mai replicato sui giornali, ho sempre sofferto in allenamento». Lo diceva Gaetano Scirea, indimenticabile libero di Juventus e Nazionale.
Tiberio Fusco
«Una buona notizia. La Gazzetta di Colonia annunzia che nelle celebri officine del celeberrimo signor Krupp a Essen è stata inventata una granata di nuova specie. Gli effetti di questo ordigno di guerra saranno uguali a quelli delle torpedini, e ciò mercè le materie esplosibili che conterrà o al meccanismo che cagionerà l’esplosione. Noi vediamo con occhio sereno queste scoperte; esse ci fanno sperare prossimo il giorno in cui si inventi una palla o altro di potenza bastante da distruggere un esercito. Sarà l’unico mezzo per rendere impossibili le guerre» (Corriere della sera, 15 aprile 1882, prima pagina).
Ci vediamo domani.
Anteprima di Giorgio Dell’Arti
Anno VI numero 1034
Giovedì 7 aprile 2022
ISSN 2611-3430

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