GIUSTIZIA

Pm schedati, correnti intatte: la “riforma” Cartabia è legge

SENATO – Ok definitivo con 173 sì, 37 no e 16 astenuti. Tra le misure lo stop alle porte girevoli e il voto agli avvocati nei Consigli giudiziari

17 GIUGNO 2022

La realpolitik ha trionfato. Ieri in Senato è stata approvata definitivamente (173 sì, 37 no e 16 astenuti) la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario con il sì di tutta la maggioranza e l’unica eccezione dei renziani che hanno scelto l’astensione. Negli annunci della vigilia avrebbe dovuto arginare la “correntocrazia” che ha portato all’emersione nel 2019 dello scandalo nomine del Csm (il cosiddetto “caso Palamara”), ma a detta degli stessi magistrati il testo licenziato dal Parlamento non tocca le correnti perché i macro collegi elettorali favoriscono il “correntificio”. La riforma, inoltre, tramuta in realtà il sogno dei berlusconiani: la separazione delle carriere, mimetizzata da separazione delle funzioni. Non solo. Ci saranno magistrati che sceglieranno di fare solo processi facili per non avere la carriera stroncata dal nuovo fascicolo personale di valutazione. Ecco in dettaglio alcuni aspetti della riforma Cartabia.

Il nuovo Csm. Torna a 30 membri, 20 togati (2 di legittimità, 13 giudici e 5 pm), 10 laici, più i componenti di diritto: il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione. Il capo dello Stato, naturalmente, è anche il presidente del Csm. Il sistema elettorale è un maggioritario binominale, con un recupero proporzionale. Devono esserci un minimo di 6 candidati in ogni collegio binominale, di cui almeno la metà del genere meno rappresentato, in caso contrario si integra con un sorteggio. Previsto un recupero proporzionale dei “secondi e terzi migliori”.

Separazione delle funzioni. Si realizza, di fatto, la separazione delle carriere. Si passa dai 4 cambi a un solo passaggio di funzione tra pm e giudici penali entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede.

Fascicolo del magistrato. La valutazione professionale di ogni magistrato avverrà non più ogni 4 anni ma ogni anno e il fascicolo conterrà “per ogni anno di attività i dati statistici e la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta, inclusa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività nell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi di giudizio”. Ci saranno pure le pagelle: “discreto, buono, ottimo” e il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulla professionalità dei magistrati, ma con alcuni paletti: sarà unitario e possibile solo se c’è un deliberato del Consiglio dell’Ordine.

Stop alle porte girevoli. Tutti i magistrati, ordinari, amministrativi, contabili e militari che sono stati eletti a livello locale o nazionale o europeo o che hanno avuto incarichi governativi per almeno un anno dovranno appendere la toga al chiodo. I magistrati ordinari vengono collocati fuori ruolo presso il ministero di appartenenza e altre amministrazioni ministeriali, oltre che presso l’Avvocatura dello Stato. Per gli amministrativi e contabili è prevista la collocazione presso la Presidenza del Consiglio. Chi non è stato eletto, invece, per 3 anni non potrà lavorare nella regione dove si è candidato, né fare il capo di un ufficio giudiziario, il pm, il gip e il gup. Non sarà più possibile fare il magistrato mentre se si ricoprono incarichi elettivi e governativi. Sarà obbligatoria l’aspettativa senza assegni in caso di incarichi locali. I magistrati con incarichi apicali come i capi di Gabinetto, capi dipartimento e segretari generali dei ministeri, dopo un mandato di almeno un anno resteranno ancora un anno fuori ruolo e poi rientreranno in magistratura ma per 3 anni non potranno ricoprire incarichi direttivi.

Sezione disciplinare Csm. I suoi componenti titolari non potranno far parte delle commissioni che propongono incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio per incompatibilità e valutazioni di professionalità.

Fuori ruolo. Saranno ridotti rispetto ai 200 attuali, ma sarà la delega governativa a stabilire il nuovo numero. Il limite massimo di tempo passa da 10 a 7, ma con eccezione a 10 anni per organi costituzionali e di rilievo e per gli organi di governo.