IL PUNTO SUL DELITTO MOLLICONE – DOPO LA REQUISITORIA E PRIMA DELLA SENTENZA –   di Ferdinando Terlizzi

 

Il nostro direttore con l’avvocato della famiglia Mottola, FRANCESCO GERMANI –

Una requisitoria dura e circostanziata: L’accusa non ha dubbi gli assassini sano i componenti della  famiglia Mottola – Le parti civili hanno presentato richieste di risarcimento che sfiorano i 16 milioni di euro. L’avvocatura dello Stato per l’Arma –

Serena Mollicone venne trovata imbavagliata in aperta campagna in agro di Arce il primo giugno del 2001. I primi sospetti si appuntarono sul carrozziere Carmine Belli il quale fu arrestato e processato ed è  stato poi assolto in ogni grado ed anche indennizzato per l’errore giudiziario. L’indagine viene ripresa e la Procura di Cassino insiste nelle ipotesi che il delitto sia avvenuto in caserma e che gli assassini siano il maresciallo Franco Mottola: la richiesta di condanna dei pubblici ministeri Beatrice Siravo e Carmen Fusco  è stata di anni 30; mentre per il figlio Marco 24 anni e per la moglie Anna Maria 21 anni. A tanto si è giunto in seguito alla perizia di ufficio che ha ritenuto che la povera Serena era stata stordita essendo stata scaraventata con violenza contro una porta.  Per il carabiniere Vincenzo Quatrale, a giudizio per concorso morale nel delitto, sono stati chiesti 15 anni; è caduta l’accusa di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi (il militare morto suicida nel 2008 che rivelò di aver visto Serena in caserma). Chiesti 4 anni per favoreggiamento invece per il carabiniere Francesco Suprano.  Le parti civili hanno presentato richieste di risarcimento che sfiorano i 16 milioni di euro. L’Avvocatura dello Stato ha rappresentato l’Arma dei Carabinieri. Il parallelismo – per il coinvolgimento dell’intera famiglia – in questo atroce delitto ha riportato alla memoria il processo alla famiglia casertana Ciontoli accusata di aver ucciso il giovane Marco Vannini.

 

Anche dal processo Belli va tratto l’insegnamento che la giustizia degli uomini non è portatrice di verità precostituite ed infallibili ma che il magistrato deve impegnarsi a non ripeterlo senza mettersi a cuor leggero alla ricerca di un colpevole

Ebbene, nulla di tutto ciò che è stato enunciato nei ventidue interrogativi trova riscontro nella logica umana ancor prima che nella logica del diritto, nulla di tutto ciò è stato spiegato e provato dalla Pubblica Accusa né prima né durante l’espletata istruttoria dibattimentale, se non nella elencazione di una serie di indizi non supportati da alcun riscontro oggettivo. E come mai dopo un anno e mezzo di istruttoria dibattimentale la Pubblica Accusa non è riuscita a sanare la palese indeterminatezza del capo di imputazione circa le reali responsabilità di ognuno degli odierni imputati? È emerso infatti che quella iniziale indeterminatezza è insanabile, come lo è sempre stata, perché la pista Mottola è stata abbondantemente seguita negli anni e non ha mai portato a nessun riscontro oggettivo degno di nota né prima, né durante e né dopo le dichiarazioni di Tuzi e lo vedremo nel dettaglio con la deposizione del Comandante Caprio. È doveroso ricordare e citare che nelle considerazioni conclusive della richiesta di archiviazione del 2009 del Dr. Mario Mercone e acquisita in atti di questo dibattimento ai fini della sua utilizzabilità, a pag 90 troviamo un passo che sintetizza con immensa efficacia questo concetto e che velocemente leggeremo “ed anche dal processo Belli va tratto l’insegnamento che la giustizia degli uomini non è portatrice di verità precostituite ed infallibili ma che il magistrato deve impegnarsi a non ripeterlo senza mettersi a cuor leggero alla ricerca di un colpevole quale chi esso sia (errare humanum est, perseverare diabolicum). La Giustizia non può esigere vittime ulteriori rispetto a quelle che il delitto ha già generato e prodotto”.

Giallo di Arce – I 22 interrogativi posti dalla difesa dei Mottola, alcune falle dell’impianto accusatorio con assenza di logica.

 Come è possibile che Serena sia stata aggredita in Caserma presso l’appartamento sfitto posto al primo piano? Quando e perché Serena, se fosse andata a trovare Marco in Caserma, si sarebbe trovata nell’appartamento sfitto? Perché se Serena fosse andata in Caserma per denunciare Marco per spaccio di stupefacenti, lo avrebbe cercato e sarebbe andata a trovarlo a casa? Difatti, in ipotesi accusatoria, Serena era attesa da Marco, allora, come si fa a tentare di coniugare Serena che vuole denunciare Marco e un appuntamento con lui (appuntamento del tipo illogico e impossibile)? Come e quando si sarebbero sentiti e/o avrebbero comunicato affinché Serena andasse a trovare Marco, visto che non ci sono tracce telefoniche e di alcun contatto? Perché Serena non si rivolse ai Carabinieri presenti in Caserma per denunciare Marco ,non avendo senso di andare a casa di chi voleva denunciare? Perché Serena non ne avrebbe parlato con nessuno che stava andando da Marco? Perché Serena non si sarebbe rivolta direttamente alle Forze dell’Ordine di altra zona invece di andare a infilarsi nella tana del lupo? Perché sarebbe andata proprio quella mattina e non altre, visto che doveva presentare una tesina e che per tale urgente e importante motivo si sarebbe dovuta recare a scuola per la stesura finale, tanto che era attesa dalle amiche? Perché mai Serena avrebbe preferito all’ultimo momento rinunciare ai suoi impegni scolastici? Serena, in Caserma, quando sarebbe scesa, con chi e per quale motivo al piano inferiore ove è collocato l’appartamento sfitto a trattativa privata, indicato nel capo di imputazione come il luogo dell’aggressione? Come è possibile che dopo l’aggressione i Mottola abbiano lasciata Serena morente nell’appartamento sfitto, di cui non avevano piena ed esclusiva disponibilità per un tempo indeterminato? Come è stata possibile un’imprudenza del genere? Come è possibile che Marco, nello stesso momento o pochi attimi dopo l’avvenuta aggressione ai danni di Serena, alle ore 11:34 chiami da casa sua (quindi al piano superiore) a casa di Bove Davide presso l’utenza fissa della sua abitazione, e poi questi lo richiami sul suo cellulare alle ore 11:40, se nel frattempo stava commettendo tale efferato delitto o comunque lo avesse già commesso al piano inferiore? È mai possibile che sia un callido, freddo e organizzatissimo assassino (che poi si comporterebbe in modo disorganizzato)? Come è possibile che sin da subito intervengano il m.llo Mottola e la moglie per “aggiustare le cose” e che Marco, tranquillamente, esca di casa per condurre la sua solita giornata insieme alle persone che abitualmente frequentava, senza manifestare alcuna emozione? Come è possibile che Rosa Mirarchi, la donna delle pulizie presente quel giorno, non abbia visto salire Serena, non abbia visto i movimenti di Marco, non lo abbia visto uscire, non abbia visto nulla? Come è possibile che due genitori possano aver detto al figlio, autore di un’aggressione che aveva ferito e fatta svenire una ragazza, di uscire e di non preoccuparsi di nulla perché avrebbero risolto tutto loro? E in che modo? Ovviamente con l’assassinio. Quindi ci troveremmo di fronte a tre spietati e freddi assassini? Come è possibile che i genitori di Marco abbiano addirittura posto il corpo all’esterno, sul balcone, dove sarebbe potuto essere visto da chiunque, unica giustificazione – questa – per collegare il frammento di pittura ipossidica presente sulla caldaia posta sul terrazzo dell’appartamento sfitto? Come è possibile che i genitori di Marco, senza destare alcun sospetto, abbiano confezionato il corpo e abbiano ripulito immediatamente tutto senza lasciare tracce? Con quali tempistiche, con quali modalità e con quali stratagemmi-sotterfugi lo avrebbero fatto? Come è possibile che abbiano soffocato la ragazza e/o legato la stessa prima col nastro adesivo in modo certosino e maniacale, dedicando almeno un paio d’ore a tale attività, per poi attenderne la morte e qualche ora dopo effettuare la legatura col fil di ferro? Come è possibile che i Mottola abbiano trasportato il corpo di Serena attraverso la Caserma nella propria automobile, dopo averlo sistemato all’interno della stessa (non sicuramente sul sedile posteriore) ma nel cofano? E come è possibile che lo abbiano portato a Fonte Cupa attraversando circa 10 km e, subito dopo, che lo stesso padre ne aveva denunciato la scomparsa, quindi nel momento in cui l’attenzione alla scomparsa era oramai al massimo livello? Non potevano farlo prima? Come è possibile che Serena sia stata infilata/nascosta nel cofano, considerato che la rigidità cadaverica era già in stadio di avanzamento?

E quando i Mottola le avrebbero serrato col filo di ferro le caviglie, le gambe e i polsi? Come la mettiamo con i tempi, con le sincronie, con le cronologie? Come è possibile che i Mottola abbiano ottenuto subito e incondizionatamente la complicità e il silenzio degli altri carabinieri? I che tempi, con quali modalità, e dove? Come è possibile che questa complicità abbia immediatamente spinto i carabinieri onesti (ma uniti nel disegno criminale) a mettere in opera attività di depistaggio immediato sull’ordine di servizio? E per quale logica, se così fosse stato, i carabinieri avrebbero sbagliato a scrivere gli orari sull’ordine di servizio, nonostante tale falsità sarebbe stata la base di acciaio su cui basare il loro falso alibi? Questi carabinieri “abili e organizzati assassini” hanno competenza forense-investigativa oppure no? Come è possibile che dopo tanta pianificazione degna di menti analitiche, il gruppo dei carabinieri e i Mottola (madre e figlio) non si siano immediatamente disfatti della porta, oppure, non si siano adoperati per farla almeno riparare o ripararla in proprio? Con quale logica si sarebbero tenuti in mano la “pistola fumante”? E successivamente alla prima ipotizzata attività di depistaggio, come è possibile che i quattro carabinieri e i Mottola non si siano accordati su cosa riferire eventualmente agli inquirenti? E qui arriva un’altra contraddizione dell’analisi del Pm: avendo avuto i Mottola un così intenso scambio di informazioni, opinioni e circostanze per depistare… come mai non si sarebbero accordati su cosa dichiarare agli Inquirenti o a chiunque, qualora mai nel futuro qualcuno avesse chiesto qualcosa a riguardo… così come è successo? Ebbene, abbiamo ventidue interrogativi senza risposta che dimostrano l’assoluta illogicità delle ipotesi dei Pm, e gli errori logici sono inammissibili… poi, in un processo per omicidio come questo sono vietati. Queste considerazioni sono state dedotte dalla relazione di consulenza tecnica di Carmelo Lavorino, Enrico Delli Compagni, Cosmo Di Mille, Gaetano Bonaventura, Alessandra Carnevale, Giusy Marotta; e dalle memorie difensive degli avvocati Francesco Germani, Piergiorgio Di Giuseppe, Mauro Marsella, Enrico Meta. Ai ventidue interrogativi devono rispondere in modo esaustivo, logico e consequenziale la Pubblica Accusa e la Corte d’Assise di Primo Grado.

 

Il maresciallo Mottola che con la richiesta della pubblica accusa rischia una dura condanna. Ma forse sarà una mia deformazione professionale ( ho 85 anni e sono cronista giudiziario da quando ne avevo 20) non mi convinco che nella testa di un carabiniere ci possa essere una ipotesi di commettere un così grave delitto. Ammiro chi – con sagacia – persegue la propria tesi di innocentista e d’altra parte mi metto anche nei panni dei pubblici ministeri che hanno chiesto le loro dure condanne. Poi mi domando – per essere in tema – : “Ma sono emerse nel corso del dibattimento le prove della colpevolezza della famiglia Mottola? Esiste una zona grigia sul dubbio in contrasto a questa certezza?”.  Voglio soltanto ricordare a tutti (me compreso che sono stato vittima di mala giustizia) la frase di Enzo Tortora rivolta ai giudici: “Io dal profondo del mio cuore sono innocente… spero che lo siate anche voi nelle vostre coscienze”  (Ferdinando Terlzzi)