Fantasie di Mattia Feltri La Stampa
L’immagine del paese che siamo non viene soltanto dal Parlamento di ieri, di cui il giornale offre dettagliati racconti, ma anche dal palazzo di giustizia di Milano, dove l’altro ieri la procuratrice generale ha rinunciato all’appello per la maxitangente Eni in Nigeria, roba da un miliardo di dollari. E infatti è una tangente che non esiste: i vertici dell’Eni, in particolare l’ex e l’attuale amministratore delegato, Paolo Scaroni e Claudio Descalzi, sono stati assolti l’anno scorso perché – formula tecnica – il fatto non sussiste. Intanto i due pm titolari dell’accusa, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, sono indagati a Brescia per aver omesso prove in favore degli imputati, e vedremo come va. Stiamo parlando dell’Eni, politicamente l’azienda più importante del paese, un’azienda strategica per gli interessi italiani nel mondo. Nel rifiutare l’Appello, la procuratrice ha detto che «il processo deve finire qui perché non ha fondamento», anzi «avrebbe dovuto essere fermato all’inizio», ma perlomeno adesso «dopo otto anni di altissimi costi e di gravi e ingiuste conseguenze reputazionali», e deve finire qui perché è figlio «della fantasia sfrenata dei pm», di «vicende buttate lì come una insinuazione» e perché l’appello è fondato su motivi «fuori dal binario di legalità». Chi pensa che il nostro unico problema sia la politica, pensi anche a un ufficio giudiziario che per otto anni tiene al palo la più importante e strategica azienda del paese sulla base di fantasie sfrenate, e in nome di un’indipendenza che è diventata frivolo abuso di potere delle cui conseguenze non si è mai chiamati a rispondere.
Fonte: Fantasie di Mattia Feltri/ La Stampa