Le fosse del Pd*  di Vincenzo D’Anna*

Molti, forse troppi anni addietro, dopo la consueta trafila politica negli organismi provinciali del partito, fui candidato come consigliere provinciale dello scudo crociato. Era quella l’epoca in cui i giovani maturavano tra i gruppi dirigenti e giungevano alla corsa per un “seggio” quando avevano sulle spalle un’adeguata preparazione. Il risultato fu più che lusinghiero: la maggioranza assoluta degli elettori di quel collegio ci accordò la loro preferenza, consentendomi, così di entrare nel “parlamentino” dell’amministrazione provinciale di Caserta. Le candidature venivano vagliate democraticamente da un apposito comitato che agiva su proposta della direzione provinciale, organismi, questi ultimi, dei quali avevo fatto parte nella veste di delegato dei gruppi giovanili della Dc. Ho quindi assistito più volte a quella che in gergo politico viene chiamata la “notte dei lunghi coltelli” che altro non era che quella che precedeva la consegna ufficiale delle liste elettorali. Il trambusto era totale e le discussioni, prima del voto di ratifica, si ripetevano accese per giungere ad un compromesso accettabile da tutte le componenti interne al partito. Gioia sui volti degli inclusi, sconforto su quelli degli esclusi, recriminazioni e delusioni si sprecavano essendo gli aspiranti alle candidature di numero superiore a quello dei prescelti. Insomma, alla fine le regole della democrazia facevano giustizia di tutto. Si superava ogni cosa e ci si tuffava in campagna elettorale impegnandoci a portare voti al partito. Albeggiava quando si tornava a casa e le mura della sede provinciale, per allegoria, grondavano sangue. Niente di questo lungo processo di valutazione e selezione delle candidature è rimasto in piedi nella cosiddetta seconda repubblica. Scomparsi i partiti e le regole democratiche che li governavano, siamo arrivati ai movimenti plastificati e personalizzati, alle conventicole esoteriche che ne egemonizzano la vita. C’è chi usa i più fedeli alla propria persona e chi, come il M5S, la cernita sul web (leggi: parlamentarie), un abile espediente con il quale si connota una democrazia farlocca, abilmente pilotata dai gestori dello strumento informatico. Un altro esperimento, anch’esso demagogico e fallace, è stato quello delle cosiddette “primarie” che, in casa Pd, ha chiamato al voto i tesserati ed i simpatizzanti del partito per selezionare candidature e proposte. Uno strumento che quindi opera fuori dalle responsabilità politiche della classe dirigente dando adito a ricorsi e denunce di brogli e contraffazioni del voto. E siamo all’oggi, alla babele più assoluta, alla completa assenza di regole democratiche, all’affannosa ricerca di nomi di gente nota, di nani e di ballerine e finanche di attempate attrici come Gina Lollobrigida. Col rammarico che sia scomparso Vittorio De Sica col quale avrebbe potuto far coppia. In generale sono i titolari delle ditte ed il loro “inner circus” a determinare le candidature, a scegliere chi debba sedere sugli scranni parlamentari, anche in liste plurinominali ove vengono eletti quelli che sono nel cappello di lista. Un sistema, quest’ultimo, che porta nelle aule delle Camere quelli più tutelati ed affini al capobastone, protetti finanche dalle scelte degli elettori. Ma tant’è. In queste ore quella che appare più cruenta è la selezione nel Pd, la forza politica che, paradossalmente, ha mantenuto almeno un simulacro di vita democratica. In quel partito, secondo la stampa, sarebbero in corso clamorose esclusioni di personaggi eccellenti. Gente del calibro di Monica Cirinnà a Luca Lotti. In subentro, ecco Carlo Cottarelli, che potrà tirare fuori dai polverosi archivi di Palazzo Chigi, il suo piano per il taglio delle partecipate statali e degli enti inutili, ed il microbiologo Andrea Crisanti che, non si sa mai, potrebbe anche tornare utile in caso di… recrudescenza del Covid!! Peraltro Enrico Letta deve fare i conti anche con i tanti alleati che ha imbarcato nel corso della sua crociata contro le destre: un vecchio rimedio che da anni consente ai dem di governare pur senza essere espressione della maggioranza degli elettori. Un esorcismo che impedisce al partito del Nazareno di fare una revisione critica del proprio programma, che resta un ossimoro tra dichiarazioni pseudo liberali e propositi statalisti. Di vecchio stampo la polemica anti fascista, la redistribuzione della ricchezza, la difesa ad oltranza degli anacronismi e delle lacune costituzionali, la perfidia di lasciare al potere togato il compito di dare vita alla giustizia politica per sbarazzarsi dei competitori più votati. Zavorrato a sinistra con Fratoianni e Bonelli, due reduci post comunisti, il Pd non può fare altro che il replay del passato. Per fortuna sembra accantonata la polemica moralistica sugli impresentabili forse perché ve ne sono più nel centrosinistra che altrove. Del senno di poi son piene le fosse. Quelle del partito democratico, s’intende…

*già parlamentare