AL VOTO. I TOTEM DI SILVIO & C.

B. riesuma la legge anti-pm già bocciata dalla Consulta

DÉJÀ VU – Il leader di Forza Italia ripropone il divieto di fare appello contro le sentenze di assoluzione. Ma è incostituzionale

18 AGOSTO 2022

La sensazione è di déjà vu. Silvio Berlusconi, seduto alla scrivania di Arcore, con foto di famiglia alle spalle e cerone d’ordinanza, torna al suo vecchio pallino: la giustizia fai da te. Nella pillola quotidiana della campagna elettorale, il leader di Forza Italia torna a proporre un’antica battaglia berlusconiana: “Quando governeremo noi, le sentenze di assoluzione, di primo o di secondo grado, non saranno appellabili – ha detto l’ex premier – Un cittadino, una volta riconosciuto innocente, ha diritto di non essere perseguitato per sempre. Anche perché perseguitare gli innocenti significa lasciare i veri colpevoli in libertà”.

Una proposta già diventata legge nel 2006 e firmata dal suo avvocato Gaetano Pecorella: la norma impediva ai magistrati di fare appello in caso di proscioglimento o di non luogo a procedere ma pochi mesi dopo, nel gennaio 2007, la Consulta la definì in parte incostituzionale. I giudici supremi avevano cassato il cuore della legge perché violava gli articoli 3 (quello sull’eguaglianza di ogni cittadino davanti alla legge) e il 24 (ogni cittadino ha diritto di difesa) della Costituzione perché permetteva all’imputato di fare appello in caso di condanna “senza accordare al pubblico ministero lo speculare potere di proporre appello contro le sentenze assolutorie”.Ma al centrodestra che corre spedito verso la vittoria elettorale, questo non importa. La proposta di Berlusconi è condivisa anche da Matteo Salvini che l’ha fatta inserire nel programma della Lega. “Una battaglia sacrosanta e più che mai attuale – spiega Giulia Bongiorno – terremo conto dei rilievi della Consulta”. Anche Fratelli d’Italia la appoggia: “È una proposta fondata, che ha un senso costituzionale, storico e politico – dice il responsabile giustizia di FdI, Andrea Delmastro Delle Vedove – credo che debba essere valutata alla luce di una più organica riforma della giustizia”. Se il centrodestra dovesse vincere le elezioni e avere la maggioranza in Parlamento, non dovrà nemmeno sforzarsi troppo per reintrodurre la vecchia norma. Una proposta di legge sul tema c’è già ed è stata presentata il 19 gennaio scorso in Senato dal forzista Franco Dal Mas, cofirmata da Giacomo Caliendo (avvocato forzista) e da Andrea Ostellari e Simone Pillon (Lega). L’uscita di Berlusconi, però, ha provocato reazioni contrarie nel centrosinistra ma anche da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, il sindacato delle toghe: “La legge è stata bocciata dalla Consulta – ha spiegato all’AdnKronos il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia – Se un processo si conclude con un’assoluzione non si può pensare che si tratti di malagiustizia: i processi si fanno per accertare i fatti”. Di parere opposto il presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza: “Bene, è una nostra proposta” ha detto l’avvocato. L’inappellabilità delle sentenze di assoluzione non è l’unica proposta del centrodestra in materia di giustizia: nel programma ci sono anche la separazione delle carriere, il “processo breve” e lo stop “al processo mediatico” per favorire “il diritto alla buona fama”. In sintesi, un nuovo “bavaglio”. Tutte riforme che, almeno in parte, sono già state inserite nelle riforma del processo penale e del Csm della ministra della Giustizia Marta Cartabia.Il ritorno alla legge Pecorella era stato messo nero su bianco dalla commissione Lattanzi, istituita da Cartabia, per scrivere la riforma del processo penale. Poi però non è mai stata inserita nella norma. Diverso il caso della separazione delle carriere – introdotta in maniera soft nella riforma del Csm con la “separazione delle funzioni” – e del bavaglio nei confronti di pm e giornalisti diventate realtà: il decreto legislativo di Cartabia impone già restrizioni (solo atti ufficiali, niente nomi alle inchieste). Il centrodestra, una volta al governo, si muoverà in questa direzione. Andando oltre, se possibile.