La bomba numero due piomba alle sei del pomeriggio sul governo che deve nascere. Nemmeno il tempo di digerire il pranzo con Matteo Salvini a Villa Grande che Silvio Berlusconi si ritrova a sentire la sua voce registrata mentre difende la linea russa in Ucraina e racconta, tra gli applausi dei neo-eletti forzisti, che è meglio che non dica quel che pensa di Volodymyr Zelensky. Uno, spiega, che quando è diventato presidente “ha triplicato” gli attacchi alle repubbliche del Donbass. E che doveva essere rapidamente sostituito da “persone perbene e di buon senso”, se non fosse arrivato l’Occidente “senza leader” a fornire soldi e armi trasformando “una operazione” che doveva durare “due settimane”, in “una guerra di duecento e rotti anni”. Poi, come ai vecchi tempi, telefona al direttore del tg del La7 Enrico Mentana per dire che le sue parole “vanno contestualizzate”. E a sera, ribadendo la sua fede nella Nato, parla di “dossieraggio” nei suoi confronti.Quell’audio, in una manciata di minuti ha sbriciolato la patente di atlantismo che Giorgia Meloni si è conquistata negli otto mesi di conflitto e ha minato la poltrona degli Esteri a Antonio Tajani, il coordinatore del partito che il toto-ministri assegna alla Farnesina.
Ancora non l’ha sentito, il nuovo audio, mentre si confida con l’ex sodale di Berlusconi, Michela Vittoria Brambilla. Tajani è una specie di statua di cera. A qualsiasi domanda sugli sproloqui del leader del suo partito non solo non risponde, ma fa come se non avesse sentito. Ripete: “Io domani vado a Bruxelles”. A rassicurare? “Io rassicuro sempre”, dice, per poi richiudere bocca e non fiatare più. C’è il summit del Partito popolare europeo e un paio d’ore dopo, evidentemente preoccupato che il messaggio lanciato in Transatlantico non fosse arrivato a destinazione, si mette in vetrina su Twitter. “Domani sarò al Summit del Ppe per confermare la posizione europeista, filo atlantica e di pieno sostegno all’Ucraina, mia e di Forza Italia”. Dieci minuti dopo traduce in inglese: “Tomorrow I will be…”. Non è un vezzo da ex presidente del Parlamento europeo. È che dal momento in cui, due giorni fa, Berlusconi ha raccontato del suo scambio di vodka e lambrusco con Putin, dal Ppe arrivano segnali di preoccupazione, anche se tutti ribadiscono la fiducia in Tajani che “sarà il primo a battersi per difendere i valori dell’Ue”.
Eppure ai piani alti di Fratelli d’Italia l’allarme per le reazioni internazionali è scattato eccome. Perché di certo non può essere Giorgia Meloni a pagare le conseguenze degli “show senili” di Silvio Berlusconi. Loro conoscono l’uomo, sono abituati da anni ai suoi siparietti, non si stupiscono degli applausi degli eletti allenati a colpi di barzellette. Sono “irritati”, però. E hanno un solo mantra: “Giorgia non ci può rimettere niente”. Ma credono anche che “bisogna pesare le effettive conseguenze” che lo scoop di LaPresse avrà a livello internazionale. Perché sul governo non ci sarà nessun riverbero: “L’autore di queste fughe di notizie centellinate voleva destabilizzare la delegazione di Forza Italia al governo. Per noi, stabilito che Casellati non va alla Giustizia e che a loro spettano 5 ministeri, non cambia nulla”.La lista è chiusa e appena ricevuto l’incarico, venerdì, Giorgia Meloni la consegnerà al Quirinale. Francesco Lollobrigida dovrebbe andare all’Agricoltura, su cui ieri la Lega ha dovuto arrendersi, ottenendo in cambio l’elezione di Gianmarco Centinaio a vicepresidente del Senato. Berlusconi arranca, ieri ha perfino chiamato La Russa per lamentarsi del fatto che Forza Italia non ha avuto nemmeno un questore a Palazzo Madama. Potrebbero concedergli la delega all’Editoria, con l’ex presidente della Vigilanza Rai, Alberto Barachini (un altro ronzulliano). Matteo Salvini invece si vede già ministro delle Infrastrutture e fa sapere in una nota che la Lega è tutta “buonsenso, nessun veto, zero impuntature”. Si è ritagliato un’inedita veste da pontiere, da leader moderato. Un modo per ricollocarsi. Il ruolo di guastafeste gliel’ha rubato il caro vecchio Silvio.