Melito (Napoli), 17 novembre 2019 – Passa dal carcere ai domiciliari l’imprenditore calzaturiero di Melito della Moreno Srl che aveva impiegato alcuni lavoratori a nero trovati, secondo i carabinieri, chiusi in un locale attiguo all’opificio e quindi arrestato per sequestro di persona. Ma è stato solo un effetto fuggi fuggi degli operai che si erano nascosti dove hanno trovato rifugio. I lavoratori hanno aspettato il datore di lavoro all’esterno del carcere di Poggioreale per dargli la vicinanza e sull’aspetto di questa vicenda raccontata in una sola versione interviene l’avvocato Rosario Pagliuca, difensore dell’imprenditore, con una nota: ”Gli organi di stampa – riferisce il legale – anche sulla base delle informazioni che hanno ricevuto, hanno fornito un’informazione distorta e fuorviante della vicenda relativa all’imprenditore del settore della pelletteria che aveva impiegato 57 lavoratori a nero 43 dei quali sono stati trovati dai carabinieri dei Nas nascosti e non già rinchiusi in un caveau.

La Moreno S.r.l. è un’azienda che produce prodotti di pelletteria (borse e similari) per conto di grandi marchi e non realizza affatto capi contraffatti, come affermato nel corso delle edizioni di alcuni telegiornali di reti nazionali
Aveva impiegato al lavoro circa 75 dipendenti di cui 57 a nero e 18 regolarmente assunti.
L’azienda è munita di tutte le autorizzazioni: Sanitaria, Agibilità, Prevenzione Incendio, immissione di fumi in atmosfera e aveva dotato tutti i lavoratori, sia quelli regolarmente inquadrati che quelli a nero, dei dispositivi di sicurezza.
La retribuzioni giornaliare era si inferiore a quella prevista dal CCNL, ma solo per alcuni di essi (circa 12) e non si discostava di molto da quella percepita “netta” in busta dai lavoratori inquadrati
L’opificio è ubicato all’interno di un edificio che si erge su 6 piani (seminterrato, piano rialzato, primo, secondo, terzo e quarto) di cui solo 3 livelli erano adibiti a produzione. Ogni piano si estende su una superficie di circa 400 metri quadrati.
In data 13/11/2019, mentre i lavoratori erano intenti a produrre, c’è stato un vero e proprio blitz, per modus operandi, da parte di 20 carabinieri dei Nas con l’ausilio di un elicottero, unitamente a 5 ispettori del lavoro, ai quali si sono successivamente uniti 3 carabinieri del Nucleo Tutela del Lavoro che hanno letteralmente circondato l’edificio ostruendo e tenendo costantemente sotto controllo dall’alto tutte le vie d’uscita
Come solitamente accade su tutti i luoghi di lavoro ove è impiegata manodopera a nero, vi è stato un fuggi fuggi generale e i lavoratori a nero impiegati ai piani 2 e 3 si sono diretti verso il locale seminterrato senza che nessuno abbia dato loro specifiche indicazioni.
Al momento dell’irruzione il sig. Capezzuto si trovava al piano seminterrato, adibito a reparto tinteggiatura pellami, unitamente al responsabile del reparto, pertanto egli giammai avrebbe potuto dare indicazioni a coloro che erano ai piani superiori di correre verso il seminterrato dalle scale interne posteriori del fabbricato
Al piano seminterrato, è ubicato anche un locale caveau munito di porta blindata e dell’estensione di 100 metri quadrati, per l’esattezza 96, dotato di impianto di illuminazione ed un telefono funzionante collegato sia alla rete fissa esterna che intercomunicante con gli altri piani e non già uno “sgabuzzino” come riferito da alcuni telegiornali
Non avendo altre vie di uscita, 37 dei 57 lavoratori a nero, spontaneamente e di loro iniziativa si sono introdotti in tale locale nel quale è, in un primo momento, entrato anche i l Sig. Capezzuto Vincenzo salvo poi, su indicazione della sorella, uscirne per affrontare la verifica dei Nas.
Nessuno dei lavoratori a nero è stato costretto, in alcun modo, dal Capezzuto ad introdursi nel locale caveau.
La permanenza dei lavoratori nel locale caveau, pulitissimo perché destinato a custodire borse finite e pellami pronti per la lavorazione, si è protratta dalle 10:30 alle 14:30 e non già per 6 ore come riferito dagli organi di stampa
Quasi tutti i lavoratori erano muniti di smartphone ed alcuni di loro hanno anche comunicato con l’esterno tramite messaggi di WhatsApp dalla difesa acquisiti in copia. Nessuno ha chiesto aiuto e nessuno ha avvertito malori ma, soprattutto, nessuno ha chiesto di uscire perché erano tutti coscienti e consapevoli di dover attendere il termine dell’ispezione per poter uscire dal locale deposito. Avevano piena libertà di comunicazione e hanno prestato il consenso a che la loro libertà fosse temporaneamente limitata per il tempo strettamente necessario a sottrarsi alla verifica dei carabinieri. In ogni caso, se si fosse sentito male qualcuno erano disponibili sua il telefono fisso e i cellulari.
Il locale era abbastanza ampio e capiente da ospitare 37 persone (100 mq)
La stampa e lo stesso gip che ha convalidato l’arresto hanno parlato della presentza nel caveau di una donna in avanzato stato di gravidanza mentre in realtà la signora aveva contratto matrimonio a settembre rd era solo alla terza settimana  senza alcuna  evidenza della sua  gravidanza che non aveva comunicato al sig. Capezzuto Vincenzo ma solo ad una sua collega di lavoro.

I minorenni erano 2 e non 4 come riferito dalla stampa ed avevano entrambi compiuto il diciassettesimo anno di età e, come tale, avviabili al lavoro come previsto dalla legge sull’apprendistato”