L’economia ha le sue regole, una sua liturgia, ma non è un freddo alambicco, dove si combinano domanda e offerta. Il suo impatto sulla vita degli esseri umani è così diretto da condizionarne l’esistenza stessa. Però il sistema economico deve essere razionalmente diretto dall’uomo, non da un’onnipotente entità misteriosa, il Mercato.
L’umanesimo vedeva nell’essere umano il regolatore dei fatti della vita, ispirato da motivazioni ideali e sociali che sfuggono alla legge della domanda e dell’offerta che, tra l’altro, allora non si conosceva. Per questo l’attuale sistema economico non è accettabile nella sua totalità, visti gli effetti negativi che ha prodotto restringendo a pochi la ricchezza e causando maggiore povertà nel mondo. Eppure, l’economia dovrebbe essere a servizio dell’uomo e non il contrario.
Negli ultimi venti anni è cambiato tutto. La globalizzazione ha spazzato via vecchie illusioni, ideologie e miti. Gli Stati non sono più gli stessi, divisi in blocchi economici ben più forti delle ideologie politiche di un tempo. Oggi si va verso Stati-continente. Ma sono frottole intellettuali. Chi comanda è altrove e non sono certo gli Stati che conosciamo.
Una nuova realtà si è fatta prepotentemente strada nel mondo che conosciamo, quella delle multinazionali, delle entità economiche senza confini. Ma non sono solo entità economiche. ll loro territorio è il mondo e il loro limite è dato solo dalla concorrenza. Per il resto, sono libere, non hanno vincoli esterni. Se la loro presenza è ostacolata o non gradita in un Paese, semplicemente, si trasferiscono altrove.
Non fanno politica, fanno quattrini. Se per far quattrini occorre schierarsi, far politica e corrompere, si schiereranno, faranno politica e corromperanno. Il loro fine principale è il profitto. Non è un prodotto che interessi gli Stati né, d’altro canto, il profitto è di per sé disdicevole o negativo oppure ottenibile solo con mezzi illeciti.
Le multinazionali, investendo, sono diventate il motore dell’economia mondiale, sostituendosi spesso, alle politiche economiche del Paese dove sono insediate oppure influenzandole in modo più o meno palese.
L’investimento, oggi, si risolve in uno scambio di titoli per l’acquisizione di aziende non sempre collegata all’aumento del lavoro ma solo alla produttività. Che poi ciò comporti delocalizzazione. disoccupazione, depressione economica, non ha alcuna importanza. Il business è la guida maestra dell’investitore moderno, guidato dall’interesse di mercato.
Non avendo interessi di socialità o di solidarietà come gli Stati, le multinazionali mirano esclusivamente al profitto. Seguendo questa logica, s’investe dove c’è maggior profitto. Tra la ricerca per la cura di malattie rare e la produzione di bambole da sesso a buon mercato, come si orienterà l’investitore multinazionale, che non ha patria, non ha regole, non ha storia e non ha morale?
Non hanno bisogno dei voti dell’elettorato da blandire per restare al potere, al massimo, solo del consenso della clientela. Se non sono in grado di soddisfare i grandi bisogni della società civile, non per ciò sono a questi insensibili. Semplicemente, sono in grado di soddisfarli solo se ne deriva loro un tornaconto economico anche indiretto.
In termini di potere economico, che si traduce spesso in potere politico, le multinazionali sono di gran lunga più importanti dell’insieme del maggior numero dei Paesi membri dell’ONU.
Questo potere, travestito da lobby, si avverte anche nei Paesi più grandi che non possono non tenere conto del peso economico e politico delle multinazionali. In termini finanziari, il peso delle multinazionali è enorme e si riflette sull’economia mondiale soprattutto in pendenza di crisi economiche.
Le multinazionali sono delle grandi potenze che detengono nelle loro mani il controllo dei settori economici più importanti, se non vitali, di un Paese (risorse agricolo-alimentari, minerarie, siderurgiche ed energetiche, spaziano dalla tecnologia alle strutture bancarie e assicurative, dal cotone alla chimica, dai prodotti farmaceutici alle telecomunicazioni, dalla produzione di armi al controllo dell’opinione pubblica mondiale tramite i social).
La globalizzazione dei mercati e il gigantismo imprenditoriale hanno ulteriormente favorito lo sviluppo di monopoli di fatto su scala mondiale.
In realtà, mentre gli Stati tradizionali hanno tra loro le frontiere e quindi più frequenti e magari conflittuali sono i rapporti, questo non accade per le multinazionali, che operano in settori diversi specializzati. Se c’è un conflitto d’interessi, ci si mette d’accordo.
Ciò è stato favorito dal sorpasso dall’economia finanziaria, che è diventata prevalente, sull’economia reale, quella che produce merci ed eroga servizi. L’imprenditore tradizionale è scomparso e al suo posto c’è una realtà anonima la cui gestione è affidata a uomini che non rischiano il proprio denaro ma quello altrui, in un sistema crescente d’irresponsabilità gestionale.
Il sistema finanziario internazionale ha creato un mercato di titoli finanziari, pubblici e privati, che ha dilatato enormemente l’indebitamento complessivo dei Paesi della Comunità internazionale con una serie di prodotti finanziari che hanno moltiplicato le attese cui non corrispondono effettivi valori né monetari né in beni.
A quanto ammonta il debito globale, oggi? È appena uscito un Report dell’Institute of International Finance con i dati aggiornati. Stando alle proiezioni, al 31 dicembre prossimo gireranno per il mondo all’incirca 255 triliardi di dollari d’indebitamento, fra governativo, privato, corporate e finanziario. Washington e Pechino, infatti, hanno pesato per il 60% della crescita a livello annuale.
Senza una monetizzazione di massa di quel debito, la strada inevitabile è quella delle guerre commerciali, dell’instabilità geopolitica diffusa, della truffa politica dei green new deals per un’ecologia volta a uno sviluppo sostenibile solo un intervento pubblico monstre praticamente impossibile.
A tutt’oggi, il valore stimato del circolante finanziario è di 16/17 volte superiore al PIL dell’intero pianeta. Una bolla finanziaria enorme che a breve o medio termine, rischia di scoppiare, coinvolgendo l’intero sistema economico mondiale. Il fatto è che tutto il sistema economico si basa, oggi, sulle transazioni finanziarie e queste avvengono con titoli, spesso tossici, pezzi di carta che rappresentano solo idealmente realtà produttive. Chi salderà il conto?
Viviamo in un’illusione monetaria cui non corrisponde null’altro che la nostra fiducia. L’influenza umana sul mercato economico è molto modesta: ha lo stesso impatto della preghiera nei luoghi di culto. Al contrario, l’influenza del Dio Mercato sugli esseri umani è pressoché totale.
Nella generale decadenza dei valori occidentali, l’economia ha reagito imponendosi come suprema regolatrice delle azioni umane e dei governi. Il mercato è diventato il nuovo Dio, indefinibile, onnipotente, infallibile, onnisciente, imperscrutabile e incomprensibile, l’entità superiore cui si riferiscono tutte le cose.
Oggi costatiamo che l’influenza umana sul mercato economico è molto modesta: ha lo stesso impatto della preghiera nei luoghi di culto. Al contrario, l’influenza del Dio Mercato sugli esseri umani è pressoché totale.
Seguendo questa logica, s’investe dove c’è maggior profitto. Tra la ricerca per la cura di malattie rare e la produzione di bambole da sesso a buon mercato, come si orienterà l’investitore multinazionale, che non ha patria, non ha regole, non ha storia, non ha morale?
Questo è il punto.
Un illustre analista finanziario italiano, Mauro Bottarelli, non più tardi di qualche settimana fa, su Il Sussidiario.net rilevava che l’Apple ha superato, come capitalizzazione, l’intero comparto energetico degli Stati Uniti. È un dato che fa pensare.
L’Apple, dice il Bottarelli, è un pezzo importante dell’economia mondiale e offre sempre nuovi prodotti, ma alla fine non brevetta cure per il cancro o automobili che, viaggiando ripuliscono l’aria dal particolato e dalla Co2. Produce cose molto meno utili: telefoni, tablet e computer. Belli, utili, funzionali, ricchi di fotocamere per immortalare scene di vita privata, ma pur sempre telefoni. Roba che metti in tasca e usi, almeno per la gran parte delle volte, per stupidaggini, chiacchiere con gli amici, giochini e quant’altro.
Inoltre Apple, con i suoi proventi, si è ricomprata un terzo delle proprie azioni. Con gli introiti della recente emissione di un bond in euro a coupon zero, ricomprerà altri suoi titoli sul mercato. Diventa padrona di se stessa. Altro che spersonalizzazione dell’imprenditore!
Ma c’è di peggio.
Sempre il Bottarelli segnalava che la Walt Disney (quella di Topolino) con i suoi 268 miliardi di dollari è più grande delle cinque principali banche europee (Bnp Paribas, Santander, Intesa, ING e Credit Agricole). E che fa la Walt Disney di più meritevole dell’attività bancaria di questi istituti? Garantisce ai suoi azionisti molti più utili con film, serie tv e relativo merchandising di quanto non accada nel settore delle banche, sempre in regime di sofferenza, che sono essenziali per le imprese non multinazionali.
Una recente inchiesta di Panorama, del 10 novembre scorso, punta il dito sul monopolio mondiale dei semi. Una recente mozione del Parlamento europeo ha sancito che le varietà vegetali e animali, i procedimenti essenzialmente biologici e i loro prodotti non sono in alcun modo brevettabili. Forse è troppo tardi. Dal 1980 si depositano negli Stati Uniti brevetti commerciali sui semi anche non OGM, e l’Ufficio Brevetti europeo dal 2013 registra domande sui semi naturali
Attualmente, quattro multinazionali controllano il mercato mondiale dei semi, cui si è aggiunta recentemente un’impresa di Stato cinese, la Chem-Cina.
Tutto ciò non è normale. È una degenerazione del mercato. La verità è che abbiamo generato un mostro, una società imbottita di droga, di presunzione e d’ignoranza. Crediamo d’essere liberi e siamo schiavi soggiogati dalle multinazionali che solo se guadagnano ti accordano il permesso di vivere.