Armi

di Giorgio Dell’Arti e Jacopo Strapparava

Il Fatto quotidiano

Bombe atomiche Paesi con la bomba atomica negli anni Sessanta: ventitré. Tra cui: Australia, Canada, Cina, Egitto, Germania Ovest, Giappone, India, Norvegia, Svezia, Svizzera. Paesi con la bomba atomica oggi: nove. Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, India, Pakistan, Israele, Corea del Nord.

Bombe atomiche Bombe atomiche nel 1986: 70.300. Nel 2022: 12.705. Di meno, ma molto più potenti.

Bombe atomiche All’inizio del 2022, delle 12.705 testate nucleari possedute dai nove Stati atomici, 9.440 si trovavano (e si trovano) negli arsenali militari. Le altre erano state ritirate e stanno per essere smantellate. Delle oltre novemila pronte all’impiego, circa 3.730 erano (e sono) schierate in basi missilistiche o su cacciabombardieri. Di queste, circa duemila erano (e sono) tenute in uno stato permanente di massima allerta, pronte all’uso immediato, con un preavviso di pochi minuti (dati del Bullettin of the Atomic Scientists).

Bombe atomiche Russia e Stati Uniti possiedono ancora il 91% delle bombe atomiche del pianeta.

Bombe atomiche Il numero esatto di armi nucleari in possesso di ogni Paese del Club dei nove è un segreto nazionale strettamente riservato. Nazione più trasparente: gli Stati Uniti. Nazione più opaca: Israele.

Israele Né il governo né il Parlamento di Gerusalemme né un politico né un giornalista ha mai confermato, direttamente o indirettamente, in un documento, in un discorso o in un’intervista, che Israele possiede decine di ordigni atomici.

Stati Uniti Al gennaio 2022 il Dipartimento della Difesa americano risulta mantenere uno stock stimato in 5.428 testate nucleari. Di queste, 1.644 sono operative, 1.964 sono in riserva (pronte a essere armate), 1.750 sono in stand-by (nella fase che precede lo smantellamento). Delle testate strategiche operative schierate sul campo, 400 sono montate su missili balistici intercontinentali terrestri in basi dislocate in diversi Stati dell’Unione, 1.000 armano i missili balistici lanciati da sottomarini, 300 si trovano in basi aeree che ospitano i bombardieri della US Air Force e infine 100 bombe tattiche sono schierate in sei basi di cinque Paesi alleati (Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia). L’Italia è l’unico Paese Nato che ospita due basi attrezzate con bombe atomiche americane.

Russia La Russia dispone di 5.977 testate, di cui 1.588 schierate sul campo (su missili balistici e nelle basi aeree, cioè pronte all’uso immediato).

Cina Si stima che la Cina abbia uno stock di circa 350 testate nucleari pronte all’uso immediato, di cui 280 missili balistici terrestri operativi, 72 missili balistici lanciabili dai sottomarini e 20 bombe nucleari a gravità sganciabili da bombardieri.

Francia L’arsenale nucleare della Francia, 290 testate nucleari complessive.

Regno Unito Il Regno Unito dispone di 225 testate nucleari, 120 operativamente disponibili per il dispiegamento su quattro sottomarini armati di missili balistici. Nel 2021 il governo di Londra ha annunciato che nei prossimi anni alzerà il tetto della sua task force atomica fino a 260 bombe.

Italia A Ghedi (Brescia) sono custodite venti delle quaranta testate nucleari che la NATO ospita in Italia (secondo la stima della Federation of American Scientist. Il numero non è mai stato confermato da fonti ufficiali).

Tambroni 1960, governo Tambroni, sostenuto dal Msi (i fascisti), forti turbolenze di piazza. Gli americani, preoccupati, chiedono che negli uffici doganali delle basi americane in Italia, in tutti i porti e gli aeroporti, gli agenti delle dogane e della guardia di finanza siano sostituiti da militari statunitensi. Roma risponde subito di sì. Da quel momento, le armi americane prendono a entrare e uscire dall’Italia senza che il governo ne abbia il controllo. Una cessione di sovranità enorme, avvenuta con un atto amministrativo dell’allora ministro delle Finanze, il dc Giuseppe Trabucchi.

Europa La proposta di un esercito comune europeo si basa su una forza di cinquemila uomini. Cioè: non si vuole essere presi sul serio. Gli Stati Uniti, per dire, mantengono fissi in Europa 62.140 uomini che costano 4,8 miliardi di dollari (molto meno rispetto ai 400 mila di stanza del tempo della Guerra fredda).

Corea del Nord La Corea del Nord dispone di testate a gittata così lunga che oggi un attacco preventivo a Pyongyang metterebbe a rischio la popolazione di San Francisco e non solo i pochi abitanti della piccola isola di Guam.

Stati Uniti Gli americani investono in spese militari 750 miliardi di dollari ogni anno, più dei dieci Paesi che li seguono in classifica messi assieme. Nel gennaio 2022 il debito pubblico americano ha superato la cifra di 30.000 miliardi (l’Italia ha un debito pubblico di 2.700 miliardi).

Aereo L’aereo a bordo del quale fuggirebbe il presidente degli Stati Uniti in caso di attacco nucleare è un E-6B Mercury, con la carrozzeria di un Boeing 707-320 di linea (volo inaugurale nel 1987). Soprannominato «la Casa Bianca volante». O anche «Doomsday Plane», l’aereo del giorno del giudizio.

Antenna In caso di attacco nucleare contro l’America, il presidente viene portato in un aeroporto non disclosed e il Doomsday Plane viene fatto decollare in impennata. Appena raggiunta la quota di sicurezza srotola un’“antenna filare”, un cavo lungo più di otto chilometri. In pratica un’antenna a banda di frequenza bassissima, che permette all’aereo di comunicare con i sottomarini della US Navy armati con i missili balistici Slbm. Dai cieli del Kentucky o dell’Alabama, sopra qualche sperduta zona agricola dell’America interna, senza mai atterrare, il presidente può dare l’ordine di scatenare il contrattacco facendo lanciare dai sottomarini in navigazione in tutti gli oceani i micidiali missili nucleari Trident D-5 e dai quattrocento silos terrestri sparsi sul territorio americano i Minuteman III, tutti armati di testate atomiche.

Carri armati A un seminario sulla guerra in Ucraina che a fine marzo si è tenuto a Roma alla Fondazione Ugo La Malfa, il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore dell’aeronautica e della Difesa, ha detto che se il governo volesse muovere i nostri 200 carri armati, forse se ne metterebbero in moto 25. Gli altri resterebbero fermi per carenza di manutenzione.

25 miliardi Secondo Camporini, i 25 miliardi che l’Italia spende ogni anno per la Difesa se ne vanno per il 62 per cento in stipendi (compresi quelli dei carabinieri) e il resto in aggiornamento e manutenzione dei mezzi necessari per le trentasette missioni internazionali – un record in Europa – in cui sono impegnati quasi ottomila militari italiani. E siccome i carri armati non sono utilizzati nelle missioni Onu a cui l’Italia partecipa, la loro manutenzione lascia a desiderare. Domanda: quanti degli altri armamenti di cui il nostro paese dispone (250 pezzi di artiglieria pesante trainata o semovente, 828 aerei, 44 navi e 8 sottomarini) sono nelle condizioni dei 200 carri armati?

Ipersonici I missili ipersonici viaggiano nella zona bassa dell’atmosfera a una velocità di circa dieci volte quella del suono (ma che può arrivare fino a Mach 20). Loro principale caratteristica: non sono intercettabili dai sistemi radar o di allarme in uso. Differenza chiave rispetto a missili balistici convenzionali: la possibilità di effettuare manovre e cambiare rapidamente rotta. Possibili obiettivi: infrastrutture critiche, ponti, autostrade, centri cittadini, aeroporti, centrali elettriche.

2025 Gli americani non avranno un missile ipersonico operativo entro il 2025. Francia, Giappone, Corea del Nord, Corea del Sud, Australia e India puntano a svilupparne. La Russia conduce i test sui suoi missili ipersonici in un’apposita galleria del vento presso l’Istituto centrale di aerodinamica Zhukovsky e presso l’Istituto di meccanica teorica e applicata a Novosibirsk. Ha già testato armi ipersoniche presso la base aerea di Dombarovsky, il cosmodromo di Bajkonur e il poligono di Kura. La Francia gestisce cinque gallerie del vento ipersoniche ed è in grado di testare velocità fino a Mach 21.

Probabilità Probabilità che un sistema di difesa aerea non riesca a intercettare un missile che viaggia a cinque volte la velocità del suono: 79%. Con un missile che viaggia a sei volte la velocità del suono: 91%. Con un missile che viaggia a dieci volte la velocità del suono: impossibile da intercettare (dati tratti da un rapporto dell’Esercito popolare di liberazione cinese, gennaio 2022).

Testate Il canale YouTube tedesco Kurzgesagt stima che se l’attuale dotazione di testate nucleari nel mondo fosse usata uniformemente per colpire tutte le più grandi città del pianeta nei cinque continenti, morirebbero più di tre miliardi di persone, circa la metà della popolazione terrestre, e rimarrebbero comunque 1500 testate residue.

Nato Le riunioni della Nato funzionano con la tecnica del consenso preventivo e di una moral suasion senza sosta da parte di Washington. In sostanza, il segretario della Nato apre un dibattito o fa una dichiarazione su un determinato punto solo quando ha già constatato l’esistenza di un consenso totale. Spiega Sergio Romano: «Qualcuno potrebbe alzarsi e dissentire, ma nessuno lo fa perché nessuno vuole assumere un atteggiamento visibilmente ostile a quello degli Stati Uniti. È successo quando il ministro degli Esteri francese Villepin disse che la Francia non avrebbe approvato la guerra contro l’Iraq. Ma lo disse all’Onu, non alla Nato. E la collera americana fu enorme».

Costa Rica Il Costa Rica decise la completa smilitarizzazione e l’abolizione dell’esercito il 1° dicembre 1948. Ciò ha contribuito al mantenimento della pace in tutta quell’area dell’America Centrale.

(Notizie tratte da: Luca Ciarrocca Terza guerra mondiale Chiarelettere, 368 pagine, € 18)

Giorgio Dell’Arti e Jacopo Strapparava

Bombardieri

di Gianluca Di Feo

la Repubblica

Il primo bombardiere nucleare progettato dopo la fine della Guerra Fredda viene completato mentre il mondo torna a vivere un conflitto su larga scala. Dagli anni Ottanta, nessun Paese aveva più sentito il bisogno di queste armi. Poi l’America ha visto sorgere un nuovo nemico, in grado di sfidarla su tutti i fronti: la Cina. La risposta è stata quella di puntare tutto sulla tecnologia. Così ieri, con un vero show californiano, è stato presentato il B-21: un’ala volante, con un look fantascientifico che ricorda il suo costosissimo predecessore B-2. A parte questo, non se ne sa quasi nulla: è la macchina più segreta del pianeta, tanto tutelata da imporre a giornalisti e politici invitati alla première di consegnare i telefonini.

Il B-21 è nato per essere invisibile ai radar. Passivamente, ossia scomparendo dagli schermi, e pure in modalità attiva, inviando impulsi per sembrare un oggetto diverso. «Anche i più sofisticati sistemi di difesa aerea faticheranno a scoprirlo nel cielo», ha detto il capo del Pentagono Llyod Austin: «È imponente, ma quello che c’è all’interno, sotto il profilo da era spaziale, è ancora più impressionante». Non si conosce neppure quanti motori abbia e di che tipo: durante l’esibizione la parte posteriore del velivolo è stata tenuta nascosta, per celare la struttura concepita in maniera da ridurre al massimo il calore.

L’intero programma è stato impostato con «un’architettura aperta», per potere aggiornare nel corso del tempo i sistemi di bordo: «È destinato a impiegare armamenti che oggi non sono ancora stati inventati», ha sottolineato Austin. Come per tutta la nuova generazione di aerei stealth, non ci sono prototipi: funzionamento e prestazioni sono stati simulati dall’intelligenza artificiale e quello mostrato ieri è il primo esemplare operativo, che volerà tra sei mesi. Nello stesso impianto della Northrop Grumman altri quattro sono in costruzione. Gli Stati Uniti contano di comprarne almeno cento, pagandoli 692 milioni di dollari l’uno: molti però credono che la spesa sarà molto più alta. Del suo predecessore B-2Spirit, impiegato soltanto nella campagna sul Kosovo, ne vennero realizzati appena ventuno, con un costo mostruoso superiore a due miliardi per aereo. Il B-21 si chiamerà Raider, un nome scelto per rimarcare la vocazione a imporsi nello scacchiere del Pacifico: è un tributo al raid contro Tokyo del 18 aprile 1942, quando un pugno di bimotore decollati da una portaerei e comandati dal colonnello Doolittle colpirono la capitale nipponica, vendicando Pearl Harbour. Vuole testimoniare così la capacità di riscatto americana contro qualsiasi sfida, inviando un altro messaggio a Pechino.

Nonostante stiano mettendo in linea due caccia stealth, i cinesi non hanno nulla di simile: i loro goffi bombardieri sono derivati da quelli sovietici degli anni Sessanta. Finora infatti la Repubblica Popolare non ha investito sugli aerei d’attacco nucleare, limitandosi a costruire missili intercontinentali; adesso però, con la crescita dell’arsenale atomico che punta ad avere 1500 testate nel prossimo decennio, gli analisti ritengono che le cose cambieranno.

L’aviazione di Putin invece ha rimesso di recente in produzione il Tupolev 160, entrato in servizio nel 1987. Il Pentagono d’altronde continua ad affidarsi ai B-52, quelli del Dottor Stranamore di Stanley Kubrik, in azione dal 1955 e che dall’inizio della crisi ucraina sono tornati a sfrecciare nei cieli d’Europa. Rispetto a queste macchine, il B-21 sarà una rivoluzione: potrà avere a bordo due piloti oppure venire telecomandato, comportandosi come un drone che vola sul pianeta con un carico di ordigni nucleari. In pratica, il primo robot in grado di scatenare l’Apocalisse, senza che ci siano esseri umani a sganciare la bomba. L’unica certezza è che il raggio d’azione sarà enorme, per potere colpire la Cina decollando dagli States: il Pentagono ritiene che le poche basi in terra d’Asia siano troppo esposte. Valutazioni strategiche che ci mettono di fronte a una terribile realtà: l’era della pace globale è tramontata.

Gianluca Di Feo

Boom

di Sara Deganello

Il Sole 24 Ore

A causa della guerra in Ucraina, le scorte di munizioni si stanno riducendo rapidamente negli arsenali occidentali e si avvicinano alla soglia di sicurezza. Kusti Salm, segretario permanente del ministero della Difesa estone, è stato tra i primi a lanciare l’allarme nelle scorse settimane. Secondo gli esperti militari, nel pieno dei combattimenti di quest’estate russi e ucraini sparavano dagli obici ogni giorno rispettivamente fino a 60mila e 20mila colpi, che sono poi scesi a 20mila e 7mila secondo il Pentagono.

Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dell’Istituto affari internazionali, conferma: «Il conflitto in Ucraina, su larga scala e ad alta intensità, ha portato a un uso e consumo di sistemi d’arma ed equipaggiamenti enormemente superiore agli interventi militari che abbiamo visto in questi anni in Afghanistan e Iraq. Nei mesi, quasi tutti i Paesi hanno donato generosamente, finché non sono arrivati vicini a un livello di scorte sotto il quale non è sicuro scendere. Nella prospettiva di ulteriori mesi di conflitto, è fisiologica una maggiore richiesta alle aziende del settore. Tenendo conto dei tempi di produzione dell’industria: carrarmati, artiglieria di precisione, sistemi antimissili richiedono mesi. La prospettiva è quella di ampliare la capacità produttiva, cambiando il paradigma, puntando su una maggiore comunalità dei sistemi europei per poter competere, anche a livello di prezzi, con player come Usa, Israele, Corea. C’è stato un aumento generalizzato di spesa in Europa senza coordinamento, con acquisti in mercati extra-Ue che non hanno rafforzato l’autonomia europea. Nel 2022 la Germania ha annunciato per la difesa 100 miliardi di euro, la Francia aumenterà il budget di 3 miliardi. La Polonia passerà dal 2 a 3% del Pil. L’Italia ha posto l’obiettivo di arrivare al 2% del Pil entro il 2028 ma la curva di spesa non si è affatto impennata. Il documento di programmazione della difesa di luglio prevede un bilancio della difesa stabile per l’anno prossimo, intorno all’1,6% del Pil».

Alessandro Politi, direttore del Nato Defence College, specifica: «Tutti gli eserciti europei sono stati in questi anni, fortunatamente, ridotti in modo drastico perché le esigenze di difesa sono state estremamente ridotte. L’industria della difesa italiana è dimensionata sull’esigenza nazionale, più qualcosa per l’export, e segue criteri di sostenibilità economica, non bellica. Ho sentito che gli Usa forniscono il 95% degli aiuti all’Ucraina, anche perché hanno le scorte: hanno spese militari che non sono quelle dell’alleanza, sono quelle di un Paese egemone mondiale, di un’altra dimensione». Nel report di giugno di Pwc Global aerospace and defense si legge che l’aumento della spesa militare si rifletterà in una «crescita tra il 7 e il 9% per il 2023».

Il gruppo Rheinmetall, che è presente in Italia con sei stabilimenti e 2.500 dipendenti, sta investendo molto nel comparto munizioni: recentemente ha acquisito un’importante società spagnola, Expal, per un miliardo di euro e prevede, come tutte le aziende di munizioni, una forte crescita della domanda nei prossimi anni. Per Giovanni Ghini, presidente di Anpam (Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili), «negli ultimi anni le aziende hanno assunto e programmato, il settore non è sotto pressione. C’è stato un leggero rallentamento a metà 2022, ma il mercato servito dalle aziende italiane non ha subito contraccolpi probabilmente a causa del fatto che altri player hanno dedicato la loro produzione al conflitto, lasciando liberi spazi per le nostre imprese, che a stragrande maggioranza sono di tipo civile, ma in grado di mutare rapidamente la produzione dedicandola anche alla fornitura militare. La nostra capacità di servire gli eserciti europei è adeguata, ma se verranno imposti limiti all’uso di materiali nel settore civile – penso alla proposta europea di bandire il piombo dalle munizioni – senza il tempo per un adeguamento, vi saranno inevitabili criticità».

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