CAPTAZIONI

Dalle risate sul sisma al “Mondo di mezzo”: così si svela il potere

IL GUARDASIGILLI IN GUERRA – Sui media. Raccontano condotte politicamente rilevanti, dalle “cene” di Berlusconi ai messaggi di De Micheli per l’esame dello “juventino” Suarez

9 DICEMBRE 2022

Lo scriviamo con chiarezza: dopo Mani Pulite (che si sviluppò grazie alle confessioni e alle chiamate in correità), tutte le più importanti inchieste di cronaca nera, di mafia, di politica, di criminalità economica, si sono fondate sulle intercettazioni. Ne consegue che chi vuole ridurne l’uso, intende tagliare le unghie a magistrati e inquirenti. E finisce per fare un favore ai delinquenti. Ma le intercettazioni, oltre a essere uno strumento investigativo insostituibile per accertare i reati e punire i malfattori, ci hanno raccontato un pezzo nascosto del potere. Hanno svelato comportamenti penalmente irrilevanti ma eticamente censurabili e illuminato un lato oscuro del Paese.

Così, ad esempio, grazie alle captazioni sappiamo che in Italia esistono imprenditori che a poche ore da un devastante terremoto già si leccano i baffi pensando a come arricchirsi sugli appalti. È il 6 aprile 2008, L’Aquila è al centro di un disastro, Francesco Maria Piscicelli dice al cognato: “Io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro il letto”. E ride anche al telefono. E sempre grazie alle intercettazioni, abbiamo saputo che la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli (non indagata) chiese informazioni, su input del dirigente della Juve e amico Fabio Paratici, “per accelerare” (termine da lei usato) l’iter della cittadinanza di Luis Suarez: “La Juventus mi chiede notizie di questa richiesta di cittadinanza. Mi aiuteresti??”, chatta con l’allora capo di gabinetto dell’Interno, Bruno Frattasi. Così nel 2015 il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, nemmeno indagato nell’inchiesta ‘Sistema’ che lo mise al centro di uno scambio di favori – vestiti per sé, Rolex al figlio – con alcuni imprenditori, si dimise quando furono svelate le sue telefonate al dirigente del ministero in favore del figlio. “Tra un quarto d’ora ti mando questo (…) a fare due chiacchiere?… Nel senso di avere consulenze e suggerimenti eccetera… Viene mio figlio Luca”. Senza arrivare agli audio di Nicole Minetti, l’igienista dentale all’epoca consigliera regionale della Lombardia, interessanti per comprendere come si faceva carriera in Forza Italia e come si conquistava la simpatia di Berlusconi. “Porto gli occhiali da vista e il reggicalze, così quando mi tolgo tutto ho l’intimo sexy”, dice a un’amica con cui prepara una cena elegante in Villa San Martino con l’ex Cav. Per capire, invece, le dinamiche affaristiche romane non c’è documento migliore dell’intercettazione di Massimo Carminati del 12 dicembre 2012: “È la teoria del mondo di mezzo compa’…. ci stanno… come si dice.. i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo (…) ci sta un mondo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano”. È il nerbo di Mafia Capitale, colossale inchiesta sugli appalti di Roma, culminata in condanne anche senza l’aggravante mafiosa.

Ecco perché va rispedita al mittente una delle decine fake news propalate dai loro detrattori, ministro Nordio in cima: che troppe conversazioni vanno a finire sui giornali solo per rovinare l’immagine delle persone coinvolte. Nulla di meno esatto. Negli ultimi venti anni, il Garante ha sanzionato appena una ventina di violazioni della privacy tramite la pubblicazione di intercettazioni irrilevanti per il diritto di cronaca. E la riforma Bonafede, con la creazione di un archivio riservato presso ogni Procura e il divieto di trascrizioni di conversazioni non rilevanti, pare aver risolto il problema alla radice.

Va peraltro detto che il centrodestra che fomenta questa polemica è lo stesso che, quando è utile alla sua causa, non si fa scrupoli a diffondere intercettazioni. Su Il Giornale di B. fu pubblicata la telefonata di Fassino con Consorte che stava per costare la sconfitta dell’Ulivo nel 2006: “Ma allora abbiamo una banca”? E sullo stesso quotidiano fu spiattellata una telefonata tra Carlo Giuliani e i suoi genitori per mettere in cattiva luce il ragazzo morto al G8 di Genova: erano estrapolate da un’indagine su un traffico di droga. Una delle poche pubblicazioni sanzionate dal Garante perché era un “dialogo strettamente privato”, relativo a “intime considerazioni su delicati aspetti relativi al proprio figlio, nonché le preoccupazioni sulle conseguenze che avrebbero potuto derivare da alcuni suoi comportamenti”.

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