In Italia leggiamo poco, meno di dieci anni fa, e a leggere sono sempre gli stessi. Al contempo, però, aumenta sia la vendita sia la produzione di libri. Questo in sintesi il quadro che da anni registra l’Istat. I dati sulla lettura e più in generale sulla partecipazione culturale sono stati pressoché rimossi dal dibattito pubblico sulla 18app. Eppure dovrebbero esserne la base.
La quota di italiani che hanno letto almeno un libro (non per studio o lavoro) nel corso degli ultimi 12 mesi è rimasta pressoché stabile negli ultimi vent’anni registrando una crescita di soli 2,8 punti percentuali: era il 38,6% della popolazione sopra i 6 anni nel 2000 e arriva al 41,4% nel 2020. Nel 2010, però, aveva toccato il 46,8% della popolazione: da allora si è registrato un calo del 5,4%. “In pochissimi anni, dal 2010 al 2016 – scrive l’Istat – abbiamo perso 3,3 milioni di lettori tornando ai livelli del 2001 e annullando i guadagni faticosamente raggiunti in 15 anni”. Peraltro tra i lettori italiani solo il 15,2% dichiara di aver letto più di tre libri in un anno. Il calo della lettura ha riguardato soprattutto i più giovani: nel 2010 il 65% dei ragazzi di 11-14 anni leggeva almeno un libro, nel 2020 la percentuale era il 57% (in leggera risalita). La crescita secca registrata nella fascia d’età 18-19 anni (+7,7% tra 2016 e 2019) non ha impedito che la popolazione totale legga oggi meno del 2016 e molto meno del 2010.
I dati più allarmanti, però, riguardano “l’ereditarietà” e la territorialità della lettura. Ad esempio, tra i ragazzi sotto i 18 anni la quota di lettori è pari al 73,5% se leggono sia la madre che il padre ma scende al 34,4% se entrambi i genitori non sono lettori. L’Istat chiarisce che “i mutamenti sociali che si sono verificati negli ultimi venti anni non hanno modificato le caratteristiche e le profonde differenze (di genere, generazione, territoriali e per titolo di studio) che da sempre caratterizzano i lettori di libri”. Nel 2020 la percentuale delle lettrici continua ad essere ancora 10 punti percentuali più alta di quella dei lettori; la quota di chi legge è poi 18 punti percentuali più alta nelle regioni del Nord rispetto a quelle del Mezzogiorno e 14 punti più alta nelle aree metropolitane rispetto ai piccoli comuni; tra i laureati la quota di lettori è 53,4 punti percentuali più alta rispetto a chi che possiede la licenza media. Le uniche differenze che stanno diminuendo nel tempo sono quelle generazionali, perché invecchiano le generazioni più istruite e i giovani leggono meno: nonostante ciò, nel 2020 sono ancora 35 i punti percentuali di distanza nella quota di lettori tra i ragazzi di 11-14 anni e gli anziani di 75 anni e più.
Questi dati sulla lettura riguardano per esteso l’intera partecipazione culturale: nel 2019 il 35% degli italiani nel corso dell’anno non aveva né letto un libro, né frequentato musei, teatri o concerti, un dato che è peggiorato col lockdown attestandosi al 40% e che pone l’Italia molto al di sotto della media europea. Ma non deve stupire dato che la spesa pubblica per la cultura in Italia è sempre tra le più basse in Europa: nel 2019 l’Italia spendeva il 2,8 per mille del Pil contro una media Ue del 4,8. E le biblioteche, i teatri, i cinema continuano a chiudere.