HomeAttualitàMazzette in Ue, così Panzeri e i suoi lavoravano per i visti...
Mazzette in Ue, così Panzeri e i suoi lavoravano per i visti del Qatar
301
Mazzette in Ue, così Panzeri e i suoi lavoravano per i visti del Qatar: “Abbiamo offerto un emendamento per fermare quelle persone”
L’ex eurodeputato Pd e i suoi collaboratori, secondo gli investigatori del Belgio, erano in contatto costante per influenzare i dossier a cui tenevano e per i quali sono accusati di aver ricevuto finanziamenti da Qatar e Marocco. Sotto inchiesta è finito il voto in commissione Libe del primo dicembre. L’intercettazione: “Bisogna riprendere l’emendamento Pisapia…”. Gli emendamenti dell’ex sindaco di Milano e di Bartolo si mettono di traverso agli obiettivi del gruppo pro Doha. Come pure quelli degli spagnoli, forti dell’appoggio di López Aguilar, ex ministro di Zapatero
Mazzette in Ue, così Panzeri e i suoi lavoravano per i visti del Qatar: “Abbiamo offerto un emendamento per fermare quelle persone”
Ci provano in tutti i modi: “Prima gentilmente, poi con le maniere forti”. E quella che all’inizio sembra una “battaglia persa”, finisce come hanno pianificato che vada. Nonostante un deputato che, invece di aiutarli, si mette in mezzo. Ma “noi abbiamo offerto un emendamento per fermare quelle persone“. Pier Antonio Panzeri e i suoi, stando alle ricostruzioni degli investigatori belgi, sono attivissimi in Parlamento intorno ai loro dossier. E i loro dossier sono quelli che, per l’accusa, stanno a cuore al Marocco ma pure al Qatar. È per questo motivo che l’ex eurodeputato del Pd è finito agli arresti con l’accusa di corruzione. Tra le accuse c’è appunto quella di essersi adoperato in favore dell’Emirato di Doha in cambio di denaro. Una contestazione, quella della procura federale di Bruselles, sostenuta anche da alcune intercettazioni telefoniche. Conversazioni che dimostrano come tra Panzeri e il suo gruppo di collaboratori fosse coordinamento costante. Anche dopo la fine del suo mandato da parlamentare. Ma andiamo con ordine.I VISTI PER DOHA – Tra le questioni finite all’attenzione degli investigatori coordinati dal giudice istruttore Michel Claise c’è, per esempio, anche la delicata questione della liberalizzazione dei visti per alcuni Paesi extraeuropei, tra cui appunto il Qatar. In quel caso, a mettersi di traverso agli obiettivi di Panzeri sono i Socialisti spagnoli insieme ai colleghi italiani Giuliano Pisapia e Pietro Bartolo: vogliono estendere la proposta all’Ecuador e legare l’esenzione al rispetto dei diritti umani. Una perdita di tempo per l’ex eurodeputato e i suoi, che fanno di tutto per arrivare al risultato il prima possibile. Il primo dicembre scorso la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) approva la proposta sull’esenzione dei visti: Panzeri e i suoi esultano. Troppo presto, però: per il via libera definitivo sarebbe servito il voto della Plenaria. Un voto che non ci sarà mai: lo scandalo Qatargate bloccherà tutto.
IL DOSSIER – Gli inquirenti ricostruiscono i movimenti delle settimane precedenti quel voto. E rivelano un intreccio di contatti e conversazioni per arrivare a un risultato favorevole per Doha. Per capire meglio la dinamica dobbiamo tornare indietro, nel periodo a cavallo tra ottobre e novembre 2022: all’interno della commissione Libe si discute e lo si fa animatamente. Innanzitutto, i deputati spagnoli si spendono per allargare la questione all’Ecuador: i rappresentanti iberici non mollano, forti dell’appoggio del presidente Juan Fernando López Aguilar, ex ministro della Giustizia del governo Zapatero e uno dei pesi massimi del partito socialista europeo. La mossa non piace affatto al gruppo di parlamentari e assistenti vicini ad Antonio Panzeri, colui che per la Procura federale belga era il vertice della “organizzazione criminale” in seno al Parlamento Ue. L’aggiunta di nuovi emendamenti, infatti, rischia di rallentare tutto l’iter.
IL NERVOSISMO DI PANZERI AL TELEFONO – Ecco perché, secondo gli investigatori, in quei giorni Panzeri e il suo gruppo di collaboratori sono molto nervosi. Lo si capisce il 13 ottobre, quando l’ex sindacalista viene intercettato al telefono. Sono da poco passate le 18 e 30 e parla con Giuseppe Meroni, allora assistente dell’eurodeputato Marc Tarabella, e prima collaboratore di Bartolo, ma pure di Panzeri. Mancano ormai pochi giorni alla scadenza del termine per presentare emendamenti alla proposta della Commissione europea di modifica del “Regolamento con l’elenco dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto”. Meroni riferisce a Panzeri che “una certa persona presenterà degli emendamenti”, tra cui “quelli che obbediscono” ai socialisti Lopez-Aguilar e Javier Moreno Sánchez. E questo, spiega Meroni, che nell’ambito dell’inchiesta ha visto perquisito il proprio ufficio, non lo rende affatto contento. Non è riuscito a “convincere le persone in questione” a non presentare certi emendamenti. Questo rischia di ostacolare gli obiettivi del gruppo. “È una battaglia persa”, dice Meroni. I due poi, se la prendono con un parlamentare che non si è fatto convincere: “Dice di essere un deputato, ma non è deputato in niente, nel senso che non ha alcuna caratteristica di un deputato, inutile che ce lo raccontiamo. E non c’è stata alcuna strategia possibile per convincerlo. Nel senso che prima è stato fatto gentilmente, poi con le maniere forti, ma è stato inutile”. Mentre, dice, si è comportato diversamente Lopez Aguilar che “ha inviato gli emendamenti scritti dal governo dell’Ecuador”. A quel punto è Panzeri a cercare di tranquillizzare l’assistente: “Abbiamo offerto un emendamento per fermare quelle persone, quindi…”. Allora Meroni, scrivono ancora gli investigatori, “è più tranquillo” perché la strategia dell’ex eurodeputato è ancora in piedi.
GLI OSTACOLI DI PISAPIA E BARTOLO – Ma chi sono gli eurodeputati che intralciano Panzeri? L’ex sindacalista è sempre molto attento quando si tratta di parlare al telefono, evitando spesso di pronunciare nomi e cognomi precisi. Basta però osservare le proposte pubblicate il 18 ottobre scorso sul sito del Parlamento europeo per ipotizzare quali siano gli emendamenti incriminati. Così si scopre che Bartolo e Pisapia, il primo insieme ai colleghi spagnoli mentre l’altro autonomamente, hanno avanzato due proposte di emendamento fotocopia nelle quali si legge che “la Commissione dovrebbe monitorare e riferire regolarmente al Parlamento europeo in merito alla situazione dei diritti umani nei Paesi terzi beneficiari dell’esenzione dal visto e dovrebbe sospendere l’esenzione dal visto in caso di violazioni nel Paese interessato. Tale disposizione dovrebbe applicarsi anche ai Paesi terzi i cui cittadini sono già esentati dall’obbligo del visto”. Un punto cruciale per chi ha a cuore gli interessi del Qatar, dato che proprio l’emirato del Golfo è nella lista dei Paesi per i quali si sta chiedendo l’esenzione dal visto, insieme a Oman, Kuwait e, su proposta degli spagnoli, l’Ecuador.
L’INTERVENTO DI GIORGI – Ma nelle carte degli inquirenti che svelano i retroscena su quegli emendamenti ci sono anche altri uomini vicini a Panzeri. Per esempio c’è anche il suo ex assistente Francesco Giorgi. Gli investigatori osservano che “Giorgi continua a informare Panzeri dello stato di certi dossier precisi”. È anche per questo motivo se il 35enne di Abbiategrasso è finito agli arresti insieme al suo ex capo il 9 dicembre scorso. Gli investigatori intercettano i due l’8 novembre, alle ore 9 e 38: durante la telefonata è Panzeri a riferire di un incontro appena avuto con Meroni. Al colloquio erano presenti, dice, “anche i due fuggiaschi di casa” e a loro, l’ex eurodeputato ha spiegato le prossime mosse: ovvero che “bisogna riprendere l’emendamentoPisapia..” e “lasciare le cose così sull’Equador perché vanno bene così”. Come a dire che l’importante è andare avanti.
IL “VOTO FANTASMA” IN COMMISSIONE – Meno di un mese dopo, il primo dicembre, la commissione Libe si riunisce e approva la proposta sui visti anche per il Qatar. La squadra di Panzeri ottiene quello per cui lavora da settimane: è la seduta nella quale compare il “voto fantasma” di Eva Kaili, che non faceva parte di quell’organismo parlamentare. L’ormai ex vicepresidente dell’Eurocamera su questo tema si è spesa in prima persona, tanto da volare a Doha per intrattenere discussioni con i vertici del Qatar ed esaltare pubblicamente le riforme dell’emirato in tema di diritti umani. La seduta è pure quella seguita in prima persona da Giorgi, compagno della Kaili, che, dopo l’approvazione, si è fatto notare per un’esultanza e un “batti cinque” con il consigliere politico di S&D per gli Affari Esteri, Eldar Mamedov, sospeso mercoledì dallo stesso gruppo socialista che lo ha anche segnalato alla polizia. Quella proposta sarebbe poi dovuta arrivare in aula durante la Plenaria, così come gli emendamenti degli spagnoli sull’Ecuardo, di Pisapia e di Bartolo: lo scoppio del Qatargate, però, ha bloccato tutto.
I SOCIALISTI E I DEM NEGANO O NON RICORDANO – Agli staff di Bartolo e Pisapia, sentiti da iIlfattoquotidiano.it, non risultano pressioni di alcun genere nel corso della discussione in commissione Libe. I due protagonisti, comunque, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni. Lopez-Aguilar, invece,sempre a ilfattoquotidiano.it ha dichiarato di “non aver notato alcuna ingerenza o pressione particolare tra i membri della commissione Libe. Abbiamo presentato quegli emendamenti per motivi puramente politici, perché li riteniamo giusti, ma ci aspettiamo anche che altri rappresentanti o gruppi politici non la pensino come noi”. Nessuno, insomma, si è accorto di quei tentativi di far passare la propria linea “prima gentilmente, poi con le maniere forti“. Eppure è successo.
IL DOSSIER – Gli inquirenti ricostruiscono i movimenti delle settimane precedenti quel voto. E rivelano un intreccio di contatti e conversazioni per arrivare a un risultato favorevole per Doha. Per capire meglio la dinamica dobbiamo tornare indietro, nel periodo a cavallo tra ottobre e novembre 2022: all’interno della commissione Libe si discute e lo si fa animatamente. Innanzitutto, i deputati spagnoli si spendono per allargare la questione all’Ecuador: i rappresentanti iberici non mollano, forti dell’appoggio del presidente Juan Fernando López Aguilar, ex ministro della Giustizia del governo Zapatero e uno dei pesi massimi del partito socialista europeo. La mossa non piace affatto al gruppo di parlamentari e assistenti vicini ad Antonio Panzeri, colui che per la Procura federale belga era il vertice della “organizzazione criminale” in seno al Parlamento Ue. L’aggiunta di nuovi emendamenti, infatti, rischia di rallentare tutto l’iter.
IL NERVOSISMO DI PANZERI AL TELEFONO – Ecco perché, secondo gli investigatori, in quei giorni Panzeri e il suo gruppo di collaboratori sono molto nervosi. Lo si capisce il 13 ottobre, quando l’ex sindacalista viene intercettato al telefono. Sono da poco passate le 18 e 30 e parla con Giuseppe Meroni, allora assistente dell’eurodeputato Marc Tarabella, e prima collaboratore di Bartolo, ma pure di Panzeri. Mancano ormai pochi giorni alla scadenza del termine per presentare emendamenti alla proposta della Commissione europea di modifica del “Regolamento con l’elenco dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto”. Meroni riferisce a Panzeri che “una certa persona presenterà degli emendamenti”, tra cui “quelli che obbediscono” ai socialisti Lopez-Aguilar e Javier Moreno Sánchez. E questo, spiega Meroni, che nell’ambito dell’inchiesta ha visto perquisito il proprio ufficio, non lo rende affatto contento. Non è riuscito a “convincere le persone in questione” a non presentare certi emendamenti. Questo rischia di ostacolare gli obiettivi del gruppo. “È una battaglia persa”, dice Meroni. I due poi, se la prendono con un parlamentare che non si è fatto convincere: “Dice di essere un deputato, ma non è deputato in niente, nel senso che non ha alcuna caratteristica di un deputato, inutile che ce lo raccontiamo. E non c’è stata alcuna strategia possibile per convincerlo. Nel senso che prima è stato fatto gentilmente, poi con le maniere forti, ma è stato inutile”. Mentre, dice, si è comportato diversamente Lopez Aguilar che “ha inviato gli emendamenti scritti dal governo dell’Ecuador”. A quel punto è Panzeri a cercare di tranquillizzare l’assistente: “Abbiamo offerto un emendamento per fermare quelle persone, quindi…”. Allora Meroni, scrivono ancora gli investigatori, “è più tranquillo” perché la strategia dell’ex eurodeputato è ancora in piedi.
GLI OSTACOLI DI PISAPIA E BARTOLO – Ma chi sono gli eurodeputati che intralciano Panzeri? L’ex sindacalista è sempre molto attento quando si tratta di parlare al telefono, evitando spesso di pronunciare nomi e cognomi precisi. Basta però osservare le proposte pubblicate il 18 ottobre scorso sul sito del Parlamento europeo per ipotizzare quali siano gli emendamenti incriminati. Così si scopre che Bartolo e Pisapia, il primo insieme ai colleghi spagnoli mentre l’altro autonomamente, hanno avanzato due proposte di emendamento fotocopia nelle quali si legge che “la Commissione dovrebbe monitorare e riferire regolarmente al Parlamento europeo in merito alla situazione dei diritti umani nei Paesi terzi beneficiari dell’esenzione dal visto e dovrebbe sospendere l’esenzione dal visto in caso di violazioni nel Paese interessato. Tale disposizione dovrebbe applicarsi anche ai Paesi terzi i cui cittadini sono già esentati dall’obbligo del visto”. Un punto cruciale per chi ha a cuore gli interessi del Qatar, dato che proprio l’emirato del Golfo è nella lista dei Paesi per i quali si sta chiedendo l’esenzione dal visto, insieme a Oman, Kuwait e, su proposta degli spagnoli, l’Ecuador.
L’INTERVENTO DI GIORGI – Ma nelle carte degli inquirenti che svelano i retroscena su quegli emendamenti ci sono anche altri uomini vicini a Panzeri. Per esempio c’è anche il suo ex assistente Francesco Giorgi. Gli investigatori osservano che “Giorgi continua a informare Panzeri dello stato di certi dossier precisi”. È anche per questo motivo se il 35enne di Abbiategrasso è finito agli arresti insieme al suo ex capo il 9 dicembre scorso. Gli investigatori intercettano i due l’8 novembre, alle ore 9 e 38: durante la telefonata è Panzeri a riferire di un incontro appena avuto con Meroni. Al colloquio erano presenti, dice, “anche i due fuggiaschi di casa” e a loro, l’ex eurodeputato ha spiegato le prossime mosse: ovvero che “bisogna riprendere l’emendamento Pisapia..” e “lasciare le cose così sull’Equador perché vanno bene così”. Come a dire che l’importante è andare avanti.
IL “VOTO FANTASMA” IN COMMISSIONE – Meno di un mese dopo, il primo dicembre, la commissione Libe si riunisce e approva la proposta sui visti anche per il Qatar. La squadra di Panzeri ottiene quello per cui lavora da settimane: è la seduta nella quale compare il “voto fantasma” di Eva Kaili, che non faceva parte di quell’organismo parlamentare. L’ormai ex vicepresidente dell’Eurocamera su questo tema si è spesa in prima persona, tanto da volare a Doha per intrattenere discussioni con i vertici del Qatar ed esaltare pubblicamente le riforme dell’emirato in tema di diritti umani. La seduta è pure quella seguita in prima persona da Giorgi, compagno della Kaili, che, dopo l’approvazione, si è fatto notare per un’esultanza e un “batti cinque” con il consigliere politico di S&D per gli Affari Esteri, Eldar Mamedov, sospeso mercoledì dallo stesso gruppo socialista che lo ha anche segnalato alla polizia. Quella proposta sarebbe poi dovuta arrivare in aula durante la Plenaria, così come gli emendamenti degli spagnoli sull’Ecuardo, di Pisapia e di Bartolo: lo scoppio del Qatargate, però, ha bloccato tutto.
I SOCIALISTI E I DEM NEGANO O NON RICORDANO – Agli staff di Bartolo e Pisapia, sentiti da iIlfattoquotidiano.it, non risultano pressioni di alcun genere nel corso della discussione in commissione Libe. I due protagonisti, comunque, hanno preferito non rilasciare dichiarazioni. Lopez-Aguilar, invece,sempre a ilfattoquotidiano.it ha dichiarato di “non aver notato alcuna ingerenza o pressione particolare tra i membri della commissione Libe. Abbiamo presentato quegli emendamenti per motivi puramente politici, perché li riteniamo giusti, ma ci aspettiamo anche che altri rappresentanti o gruppi politici non la pensino come noi”. Nessuno, insomma, si è accorto di quei tentativi di far passare la propria linea “prima gentilmente, poi con le maniere forti“. Eppure è successo.