Il Tg1 è di Meloni&C. Sull’ammiraglia Rai parla solo il governo
SQUILIBRIO – Mai così nemmeno con Draghi, Conte e Renzi. Da mesi il governo occupa oltre il 50 per cento dello spazio diretto da Maggioni. L’opposizione silenziata: il più “microfonato” è Calenda
DI GIANDOMENICO CRAPIS
26 FEBBRAIO 2023
Quando Maggioni s’insediò promise di cancellare il ‘carosello’ dei politici, notiziando solo le dichiarazioni più interessanti, raccolte con domande vere invece che con la passiva ostensione del microfono. A oggi lo spettacolo cui è dato assistere contempla la persistenza del ‘carosello’, non più quotidiano ma spalmato su più giorni, mentre gli slogan sono rimasti gli stessi, salvo essere introdotti da domande propedeutiche all’enunciazione.
Ma non è questo che ci interessa parlando del principale telegiornale del Paese. Al netto dei propositi sul ‘carosello’ c’è un problema che riguarda il Tg1: è diventato, più che nel passato, l’house organ del governo. Ad accusarlo sono i numeri: stando a essi e non alle impressioni di giornata, il Tg1 ha concesso a premier, ministri e sottosegretari il 50% del parlato a novembre, il 51% a dicembre, addirittura il 53% a gennaio (22 a Giorgia Meloni). Dati che forse direbbero poco al lettore se non si avesse la pazienza di confrontarli nel lungo periodo. Ebbene da Draghi a Conte a Gentiloni a Renzi, fino a Letta e Monti, si vede che cifre talmente sbilanciate sul governo si ritrovano solo nel trimestre di fuoco della pandemia (marzo-maggio 2020). Oltre la soglia del 50% per governo e premier al Tg1 si era andati anche con Draghi (sempre Maggioni) al tempo dell’invasione in Ucraina, ma solo per due mesi: mai ad ogni modo una tale persistente anomalia è dato rintracciare negli ultimi dieci anni.
Lo sconcerto di fronte a un tale squilibrio informativo nel tg più seguito, per giunta in Rai, si fa più grande guardando le percentuali riservate all’opposizione e il parlato dei politici. A gennaio il Tg1 ha concesso alla maggioranza, governo più partiti, il 65% del parlato, alle opposizioni il 14 (finanche lo schierato Tg2 fa meglio con il 18%). A dicembre il 68% era andato alla maggioranza e il 16% alle opposizioni; a novembre rispettivamente il 62,5% e il 18. Il divario si conferma vergognoso guardando anche ai primi 20 soggetti più microfonati del Tg1: a gennaio 14 sono di cdx e, a parte Mattarella e Segre, in testa c’è una teoria infinita di esponenti della destra, oltre a Meloni ci sono Tajani, Piantedosi, Nordio, Urso, Giorgetti, Sangiuliano, Crosetto e La Russa; nemmeno al Tg4 di Fede avrebbero fatto meglio. Lo sfregio si era ripetuto identico con le classifiche di novembre e dicembre, tanto che andando nel dettaglio dei tre mesi analizzati la Meloni al Tg1 parla per 64 minuti, una enormità rispetto, ad esempio, a Calenda, 6 minuti (primo delle opposizioni!), Conte 5 e al silenziato Pd (Bonaccini 2 minuti a novembre).
Luna di miele con un esecutivo appena nato? No, scelta inedita, di parte: perché né alla nascita del governo Draghi, né con Conte, né andando dietro fino a Gentiloni, il sovraesposto Renzi, Letta o Monti, il Tg1 aveva mai garantito numeri simili al governo. E laddove s’era verificata una potente torsione sul premier, com’era accaduto con Renzi, Conte o Draghi, per compenso meno spazio c’era stato per la compagine dei ministri: entrambi i soggetti sommati non avevano mai superato il 40-45% del tempo di parola. Non il commentatore partigiano, dunque, ma i numeri del Garante dicono, senza tema di smentita, che nessun governo degli ultimi 11 anni, pur nei momenti di maggiore feeling con l’opinione pubblica quali sono gli esordi, ha mai goduto al Tg1 di un trattamento così sfacciatamente embedded. Salvo, lo ripetiamo, i frangenti drammatici del Covid o lo scoppio della guerra.
Se ci fosse la famigerata Vigilanza la ex presidente Rai ne dovrebbe rispondere, nonostante i maldestri tentativi di difesa sbugiardati dalla solare evidenza della matematica. I cui imbarazzanti numeri naturalmente vengono cucinati giorno per giorno al fuoco di un racconto sottile che vede le opposizioni quasi sempre ignorate nei titoli a fronte dell’ubiquità della premier, che riserva ai ministri e alla presidente gli spazi nobili del resoconto quotidiano mentre ricaccia gli avversari nello spezzatino indigesto e confuso del vecchio pastone, che dice di un governo deciso e determinato e di un’opposizione sempre divisa e conflittuale, che mette la sordina alle critiche o agli inciampi dell’esecutivo (Nordio, accise, Montaruli, Zelensky, Superbonus, o l’ultima perla: nel dare notizia della reprimenda del ministro alla preside il Tg1 omette il passaggio sulle sanzioni), un racconto infine che asseconda lo scaricabarile propagandistico di Meloni su chi l’ha preceduta senza mai sentire, per esempio, per par condicio non diciamo un Conte ma nemmeno un Draghi. Come il Conte zio dei Promessi Sposi, Maggioni invita il suo Tg a “sopire, troncare” quando in ballo c’è il governo, in fondo degna erede, certo con più malizia, dei mitici predecessori Mimum e Minzolini.
FONTE: