Incipit dell’editoriale di Alessandro Sallusti, direttore di Libero, in prima pagina: «Un anno di guerra, e chi mai avrebbe pensato il 24 gennaio del 2022, che gli ucraini avrebbero resistito così a lungo, così bene e così eroicamente all’Armata Rossa?». Nessuno, considerato che la guerra è cominciata il 24 febbraio 2022. (Con una virgola dopo pensato, magari).
Titolo dal sito del Sole 24 Ore: «TokTok, l’Ue chiede ai suoi dipendenti di disinstallare app». Bussate e vi sarà aperto.
Errore grossolano dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, sulla prima pagina del Corriere della Sera, in un articolo in vista del decennale di papa Francesco. Lo storico assegna «tredici anni» al pontificato di Paolo VI, che invece regnò dal 1963 al 1978, dunque per 15 anni. Chiudiamo poi un occhio su «Lopez Trujillo», che è López Trujillo, e sulle discordanti grafie di «Danneels» (corretta) e «Danneells». Infine Riccardi si guarda bene dal menzionare il cardinale Achille Silvestrini, amico della Comunità di Sant’Egidio, che partecipò al gruppo definito proprio da uno dei partecipanti, il citato cardinale Godfried Danneels, «mafia di San Gallo».
Il coltissimo Mephisto Waltz sul Sole 24 Ore se la prende con le pubblicità televisive di «un signore di mezza età in mutande, che con aria compiaciuta se ne fa vanto: spiega infatti che queste trattengono le perdite urinarie (sic!) mostrandoci quanto siano catafratte. Per fortuna non scende in dettagli: ci sarà dentro una spugnetta? O un sacchetto di morbida plastica che non fa passare nemmeno l’aria, mettendo in vista tutto assieme un paccozzo non da poco?». Il povero diavolo, pur piuttosto avanti con gli anni, non sa che dove non passa l’aria non passa neppure l’acqua, in questo caso l’urina? Se avesse ragione, gli assorbenti contro l’incontinenza non verrebbero né prodotti né pubblicizzati. Più avanti Mephisto Waltz scrive: «Per non parlare di Vittorio Sgarbi o di Giuliano Ferrara, che in fatto di opinioni non si tengono, com’era d’uso fare Indro Montanelli». Si scrive com’era uso, esimio satanasso, non d’uso.
Incipit di un articolo di Maria Antonietta Calabrò sul suo sito Justout.org: «Una paginetta in tutto. Articolata in quattro punti. Ma a che ben guardare costituisce una vera e propria “norma di chiusura” di tutte le molteplici riforme in materia economica cui ha messo mano Papa Francesco (era uno dei mandati delle Congregazioni generali dei cardinali che lo hanno eletto dieci anni fa). E della stessa riforma della Curia, scritta nella “Predicatae Evangelium”». Tralasciando a che ben, in latino si scrive Praedicate, come potrebbe insegnarle il professor Marcello Pera, del quale è stata portavoce quando egli era il presidente del Senato.
Nel recensire Il demone di Dostoevskij (Donzelli) di Julia Kristeva, «nata a Silven nel 1941 e cresciuta nella Bulgaria comunista tra la fine del periodo staliniano e il successivo “disgelo”», Antonio Buozzi scrive sul Foglio che l’opera, «a cavallo tra saggio, biografia, memoir e riflessioni sul presente, si apre con la finta fucilazione dello scrittore nel 1949». Ci sentiremmo di escluderlo, essendo Fëdor Dostoevskij deceduto nel 1881. Alla fine, Buozzi parla della «risata che insorge irrefrenabile nella Kristeva stessa dodicenne alla parata funebre del Titano russo, Stalin». Ma se la giovane Julia Kristeva viveva in Bulgaria, come avrà visto passare la parata funebre di Baffone? Non certo grazie a una diretta televisiva, considerato che Stalin morì nel 1953 e la tv di Stato bulgara inaugurò le sue trasmissioni solo il 26 dicembre 1959.
Dal sito del Fatto Quotidiano: «Le donne dell’Impero Romano probabilmente usavano vibratori di legno per il proprio piacere sessuale». In mancanza dell’energia elettrica, li avranno fatti vibrare con le pile Duracell.
Guido Santevecchi sul Corriere della Sera: «Finora, la Cina non ha mostrato un reale interesse a fermare subito la guerra (sempre ammettendo che Putin si lascerebbe convincere)». Congiuntivo vo cercando.
Titolo dalla Verità: «L’ex Ilva e il sito di Termini Imerese sono diventate imprese strategiche». L’ex Ilva è femminile, il sito maschile. Con soggetti di genere diverso, nella concordanza del verbo prevale il maschile: sono diventati.
Nel supplemento culturale del Sole 24 Ore, il bravo Lorenzo Tomasin si occupa della Letteratura dialettale milanese, due tomi editi dal Centro Pio Rajna per i tipi di Salerno. Al titolista non pare vero di poter scimmiottare il libro di Delio Tessa, L’è el dì di Mort, alegher! ma, benché il quotidiano confindustriale si pubblichi a Milano, infila uno svarione che poteva venire buono tutt’al più per I misteri di Alleghe di Sergio Saviane: «“Allegher”, ecco i “rimm”!».
Sulla Stampa, il geologo e divulgatore scientifico televisivo Mario Tozzi spiega che, in previsione di un catastrofico sisma destinato a colpire Istanbul, il governo turco ha varato nel 2012 una legge che prevede la demolizione e la ricostruzione di centinaia di migliaia di edifici. E chiosa: «Un programma da fare tremare le vene dei polsi». L’espressione corretta, come richiama l’Accademia della Crusca, è le vene e i polsi, «uno dei numerosi modi di dire e proverbi che l’italiano ha attinto dalla lingua della Divina Commedia». Ma, per saperlo, bisogna aver letto il canto I dell’Inferno, in cui Dante si appella a Virgilio giunto in suo aiuto: «Vedi la bestia per cu’io mi volsi; / aiutami da lei, famoso saggio, / ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi».