La destra si incarta sui migranti e deve riscrivere il lodo Gasparri
GUERRA DI EMENDAMENTI – Decreto Cutro. “Slitta” l’accordo di maggioranza: fermato il blitz della Lega per togliere il riferimento agli obblighi internazionali
Così ieri, a tarda sera, tutto si blocca: la maggioranza deve chiedere di interrompere la seduta per modificare all’ultimo minuto il sub-emendamento su cui era stato faticosamente raggiunto un accordo nei giorni precedenti. La seduta viene sospesa e il testo riscritto: dopo un’ora riceve l’ok del governo. Ma nel frattempo si consuma uno scontro furibondo.
L’odissea del decreto inizia in mattinata, quando la destra tenta il blitz e presenta un maxi-emendamento che configura il cosiddetto “canguro”, un escamotage parlamentare che farebbe d’improvviso decadere tutti gli emendamenti delle opposizioni, centinaia di proposte in votazione a Palazzo Madama. Le opposizioni – Pd in testa – insorgono e poi costringono il governo a ripensarci: “Il canguro è tornato in Australia”, esulta il capogruppo dem Francesco Boccia. Luca Ciriani, ministro per i Rapporti col Parlamento in quota Fratelli d’Italia, minimizza (“non c’è trucco, non c’è inganno”) e promette un regolare confronto con le opposizioni.
Nel merito, la destra conferma il sub-emendamento a firma Maurizio Gasparri (FI), Daisy Pirovano (Lega) e Marco Lisei (FdI) che recepisce gran parte dei desiderata leghisti, soprattutto riguardo la stretta al regime di protezione speciale. Nel frattempo gli alleati firmano anche gli emendamenti presentati dalla Lega, mossa utile a non lasciare a Matteo Salvini la bandierina del contrasto all’immigrazione. L’impegno del Carroccio invece è di ritirare le proposte sulla protezione speciale diverse da quelle già racchiuse nel sub-emendamento unitario. Le cose però precipitano.
Perché il testo di Gasparri, spinto dalla Lega, cancella il riferimento a “obblighi internazionali dello Stato Italiano” nella concessione della protezione speciale. Vincoli stabiliti dalla Cedu che non possono certo essere sbianchettati così, anche perché è cosa nota che il Colle non intervenga sulle valutazioni politiche del governo né, meno che mai, del Parlamento, ma abbia un ruolo di garanzia rispetto alla Carta e ai trattati internazionali. Questioni che sono state frutto di un’interlocuzione negli ultimi giorni tra Mantovano e gli uffici legislativi del Colle. A fermare tutto, allora, sarebbe proprio una telefonata fatta dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio al ministro dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani e anche contatti tra Meloni e Salvini: “Così rischiamo una seconda lettera di accompagnamento dopo quella sui balneari”, sarebbe la minaccia della premier al leghista.
Insomma, la destra prende atto della figuraccia, complici i timori di Palazzo Chigi per gli eventuali rilievi da parte del presidente della Repubblica, e Gasparri in aula farfuglia – in evidente imbarazzo – sulla necessità di modificare il sub-emendamento. Le opposizioni protestano, notando quanto sia irrituale l’improvvisa giravolta della maggioranza (di solito è il governo a chiedere una riformulazione, se lo ritiene). Persino il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, leghista, va in confusione e chiede di accantonare il testo, ammettendo di “non aver ben capito la riformulazione proposta”. La seduta viene sospesa, Gasparri spiega la figuraccia ai colleghi e, a tarda sera, si può riprendere con l’approvazione del nuovo sub-emendamento che a quel punto “salva” ogni riferimento a obblighi internazionali da parte dell’Italia. Sono quasi le 9 di sera e la seduta viene chiusa, lasciando ancora inevase decine di emendamenti, da esaminare oggi prima del voto finale. FdI però è furiosa: “Se Salvini inizia a lorogarci, ora lo facciamo anche noi”.
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