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Lombroso 2.0: il (pericoloso) ritorno di fisiognomica e craniologia ai tempi dell’AI
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Lombroso 2.0: il (pericoloso) ritorno di fisiognomica e craniologia ai tempi dell’AI
( Fonte: di Luca Angelini/ Corriere della Sera )
Ma l’antropologia criminale di Cesare Lombroso e la craniologia di Francis Galton non erano morte e sepolte nel cimitero delle pseudoscienze? Pareva di sì, e a buon diritto (un utile ripasso, al riguardo, è Intelligenza e pregiudizio di Stephen Jay Gould, che nell’originale aveva un titolo più azzeccato, The Mismeasure of Man, l’erronea misurazione dell’uomo). A quanto scrive, però, su Aeon, Catherine Stinson, che si occupa di filosofia e etica dell’intelligenza artificiale al Center for Science and Thought dell’università di Bonn, gli algoritmi e i sistemi di riconoscimento facciale rischiano di farle resuscitare.
«Negli ultimi anni – scrive Stinson – gli algoritmi del machine learning (la capacità di autoapprendimento alla base dell’intelligenza artificiale, ndr) hanno promesso ai governi e alle aziende private il potere di raccogliere ogni sorta di informazioni dall’apparenza esteriore delle persone». Qualche esempio? «Diverse startup oggi sostengono di essere in grado di utilizzare l’intelligenza artificiale (AI) per aiutare i datori di lavoro a individuare tratti della personalità dei candidati all’assunzione basandosi sulle loro espressioni facciali. In Cina, il governo ha sperimentato l’uso di telecamere di sorveglianza che identificano e tracciano minoranze etniche. E si è avuta notizia di scuole che hanno installato sistemi video che puniscono in automatico gli studenti che non prestano attenzione, basandosi sui movimenti facciali e microespressioni come il sollevare le sopracciglia (ne aveva scritto il corrispondente del Corriere, Guido Santevecchi, qui). Famigerata è stata poi, qualche anno fa, la pretesa dei ricercatori sull’AI Xiaolin Wu e Xi Zhang di aver istruito un algoritmo a identificare criminali, in base alla forma del volto, con un’accuratezza dell’89,5 percento». Se non è lombrosianesimo 2.0 questo…
In una replica alle critiche ricevute, Xiaolin e Xi si erano detti «profondamente sconcertati» dalle reazioni di protesta verso uno studio destinato, a loro dire, «a discussioni puramente accademiche». Per Stinson, però, anche le «discussioni accademiche» in questo campo possono essere pericolose. Perché gli algoritmi rischiano di moltiplicare all’ennesima potenza pregiudizi già presenti, ad esempio quelli sulle presunte maggiori inclinazioni criminali di specifiche minoranze etniche. Se proseguire le ricerche sulla fusione fredda, nonostante la meritata ignominia calata sui chimici Fleischmann e Pons dopo la presunta «scoperta» del 1989, è al massimo una perdita di tempo, Stinson si schiera con chi pensa che l’utilizzo del riconoscimento facciale dovrebbe invece essere regolamentato rigidamente quanto quello del plutonio, tanto potrebbe risultare dannoso. «Quando il progetto di ricerca senza sbocchi che vuoi resuscitare era stato inventato con il proposito di dare man forte alle strutture colonialistiche e classiste – e quando l’unica cosa che riusciva a misurare era il razzismo inerente a quelle strutture – è difficile giustificare di voler fare un altro tentativo, giusto per curiosità».
Aggiungo solo, al riguardo, che la seconda edizione di Intelligenza e pregiudizio venne scritta, nel 1996, quindici anni dopo la prima, in risposta a The Bell Curve, libro del 1994 in cui Richard Herrnstein e Charles Murray pretendevano di aver dimostrato un diverso tasso di intelligenza nei bianchi e nei neri (indovinate a favore di chi). Che il sottotitolo italiano del libro di Gould, stavolta azzeccato, è «contro i fondamenti scientifici del razzismo». E che lo stesso Gould, nell’introduzione alla seconda edizione, scriveva che il determinismo biologico ritorna periodicamente «quando i gruppi svantaggiati seminano una preoccupante discordia sociale o addirittura minacciano di usurpare il potere».