LA FESTA DEL FATTO

Conte a Elly sul voto regionale: “Alleanze sì, ma non strutturali”

SINISTRA E DINTORNI – Il leader 5S. Superbonus: “Smemorati di Collegno, chiedevano le proroghe”. Voto Ue: “No ai 3 mandati e i capilista li sceglierò io”

11 SETTEMBRE 2023

L’avvocato non spalanca le porte al Pd, di certo non con le Europee che già bussano alla porta, e allora “un accordo strutturale per le Regionali non avrebbe senso, alcuni percorsi sono già avviati ma per altri non ci sono i presupposti”. E pazienza se Elly Schlein invoca intese, possibilmente ovunque, ossia “un segnale” dal M5S. Invece sfuma sillabe e toni, l’ex premier, quando gli viene chiesto di Michele Santoro, che pure a brevissimo potrebbe lanciare la sua lista pacifista anche per aggredire i voti del Movimento: “Noi siamo disposti ad aprire alla società civile, alle Politiche ha funzionato”. E dalla platea arrivano applausi.

Ecco Giuseppe Conte, leader dei Cinque Stelle, che ragiona di sinistra, elezioni e dintorni sul palco della festa del Fatto Quotidiano, ieri mattina. Disposto ad ammettere che almeno i capilista per le urne di Bruxelles li sceglierà lui – “Certe personalità non le puoi mettere ultime della lista” – e che il totem del terzo mandato “non verrà messo in discussione”. Ma lo dice “con toni meno perentori del solito”, noteranno poi diversi grillini. “È noto che io alle Politiche avrei anche concesso delle deroghe, ma Beppe Grillo, il garante, non era d’accordo, perché per lui è una regola fondativa”.

Sotto gli occhi di diversi parlamentari, attribuisce il muro innanzitutto a quel Grillo che, rivela, “ho incontrato pochi giorni fa a casa sua in Toscana, passando la giornata con lui”, E a cui, aggiunge, ha appena rinnovato il contratto con il Movimento. Ma ne parla con evidente malavoglia, il Conte accolto da un pubblico folto e reattivo nonostante la canicola. Inizia rievocando Domenico De Masi, l’avvocato, in giacca blu e camicia scura. Poi è l’intervista. Paola Zanca gli cita subito il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ospite subito prima di lui sul palco: “Quando era al governo Conte ha votato per l’invio delle armi all’Ucraina”. E l’ex premeir ribatte: “Mandare aiuti militari per noi fu un percorso sofferto, ma dicemmo subito a Mario Draghi: ‘Da domani lavoriamo perché si imposti un dialogo per la pace”. Ma abbiamo preso posizioni scomode anche all’estero”. Gli ricordano la Nato e Donald Trump. E Conte assicura: “Quando Trump mi fece notare che eravamo sotto il 2% del Pil della spesa per armamenti che chiedeva la Nato, io gli risposi che non potevo togliere fondi alla sanità o alla scuola. Bisogna rispondere così, altrimenti non si è alleati ma sudditi”. Accusa che l’ex premier rivolge a Giorgia Meloni, quando risponde sull’uscita ormai prossima dell’Italia dall’accordo con la Cina sulla Via della Seta. “Meloni dice che andrà a Pechino quando avrà più elementi, ma è un anno che sta a Chigi. Però si affretta a disdire l’accordo sulla Via della Seta. Quando io lo feci ebbi un colloquio con Trump in cui lui si doleva per l’intesa. Gli dissi che difendevo gli interessi dell’Italia”. Abbastanza per provocare la risposta del sottosegretario di FdI Andrea Delmastro: “Conte rimprovera a Meloni di studiare i dossier, nulla di più onesto da parte di chi ha brillato per ignoranza”. E il Superbonus? “Esponenti della maggioranza chiesero la proroga e l’estensione della misura e ora nascondono la mano, sono lo smemorato di Collegno”. Anche se ammette che dei “limiti” temporali al Superbonus andavano messi. Dopodiché il tema centrale resta la rotta da qui alle elezioni, quindi il rapporto con il Pd. Anche nel M5S avvertono un’aria da assedio attorno alla segretaria dem Schlein. Lui schiva: “Non è opportuno che faccia previsioni in casa altrui”.Però riconosce i problemi: “Dobbiamo vedere di volta in volta le alleanze e scegliere i candidati, è complicatissimo”. Tanto che mette le mani avanti: “Non scrivete che chiudo le porte in faccia a Schlein”. Di certo in Piemonte l’accordo non ci sarà, e le trattative in Sardegna e in Abruzzo sono complicate. Fino alle europee di giugno sarà soprattutto competizione con i dem. Anche se Conte ammette che il “lavoro comune” sul salario minimo sta funzionando e che sulla sanità si potrebbe replicare. Ma siamo ai condizionali. Il presente racconta che avvocato che non ha ancora nomi pesanti da candidare alle Europee. Dovrà accelerare per trovare voti, anche a dispetto del Pd. Per un nuovo centrosinistra ci sarà da aspettare: ancora.