La fine del gioco? Editoriale  di Stelio W. Venceslai)

 

Non si tratta di pietre, bastoni o di frecce. Siamo ancora lontani da una guerra post nucleare. I due monarchi in Siberia discutono di cose serie: razzi, missili, munizioni. Per ammazzare gente. Hanno deciso che i loro colleghi più grandi: terremoto e inondazioni, stanno facendo troppo poco e nei posti sbagliati. Ci penseranno loro a mettere a posto le cose e nei posti giusti. In fondo, per un ucraino, civile o militare che sia, morire per una bomba russa o nordcoreana, praticamente, è lo stesso.

Se Putin ha bisogno degli armamenti nordcoreani vuol dire due cose: non glieli danno in Cinesi ed è alle strette con la produzione indigena.

Brutto segno, perché finire tributario di Kim è un po’ una parabola discendente. Non era mai accaduto in un conflitto che rischiasse di esaurirsi per mancanza d’armi. Ora, con l’aiuto nordcoreano, Putin si può riprendere un po’. Con la Cina deve trattare con i guanti gialli (ovviamente). In fondo, è diventato un suo tributario. Con la Corea del Nord è diverso, li onora, cercando le loro armi. L’importante, però, è che possano uccidere. È il messaggio della coalizione degli Stati sovrani contro l’Occidente infame. Una guerra ideologica, finalmente, non per banali interessi terreni.

Kim è un po’ il parente povero della galassia asiatica, tenuto ai margini della grande politica. È pericoloso perché imprevedibile e crudele. Un nano corazzato, ma sempre un nano.

Il sovrano russo tende la sua nobile mano al sovrano nordcoreano. Non chiede l’elemosina, ma quasi. Putin è figlio del popolo e dei servizi segreti, Kim Jong un discende da nobili lombi proletari, una vera e propria dinastia. Ma perché i loro Paesi si fregiano del nome di Repubblica? Sono due monarchie assolute come ce ne sono state tante nella storia. Lì vicino, dove s’incontrano, ha regnato a suo tempo Gengis Khan: un esempio importante, ma illustre.

 Kim Jong è arrivato con un treno, non di lusso, intendiamoci, ma blindato, per amore del popolo che non vuole perdere il suo amato leader. Putin è circondato dai suoi uomini più fedeli. Non sono due forze che s’incontrano, ma due paure. Chi ha paura deve inventarsi un nemico. Trovato! L’Occidente è il nemico.

Per verità, essere amici di questi monarchi è pericoloso. Se non si è loro amici si è nemici. Nessuna mezza misura. Tutti sono nemici. Ammazziamoli. Uniamoci per abbattere il nemico e, dopo, saremo davvero liberi.

Questa nuova crociata contro l’Occidente corrotto, colonialista e prevaricatore segna un deciso passaggio di campo della Federazione russa nel mondo asiatico.

La Russia è sempre stata a metà strada fra il mondo europeo e quello asiatico. È una potenza multi-continentale ma, in genere i suoi interessi e la maggiore concentrazione demografica sono stati prevalentemente europei. La Siberia russa, con le sue immense risorse ma anche con scarsissima popolazione, è il grande vuoto attrattivo per i popoli asiatici a ridosso della frontiera.

La Corea del Nord, per affinità ideologiche è solo un piccolo tassello nell’intesa russo cinese. La Cina ha tenuto più volte sotto controllo Pyongyang, per non essere coinvolta in altri pasticci, come lo fu nella guerra di Corea, con la farsa di un milione di volontari cinesi che salvarono il nonno di Kim Jong dalla disfatta. Allora la Russia sostenne la Corea del Nord ma si astenne da qualunque intervento diretto.

Oggi le cose sembrano cambiate. Kim Jong ha investito tutte le risorse del suo povero Paese, che muore di fame, nell’armamento e nei missili balistici e nell’odio verso l’Occidente. È un ragazzone ignorante venuto su male. Minaccia la Corea del Sud, il Giappone, gli Stati Uniti. È il parente povero dell’Asia rossa, che alza la testa nel momento in cui sente che hanno bisogno di lui. Un vero colpo di fortuna.

Dall’altra parte della barricata c’è l’Occidente, vistoso, chiassoso, decadente, in mano a un padre putativo bizzarro: gli Stati Uniti.

Perché bizzarro? Sono un grande Paese, già poliziotto del mondo, già esportatore di democrazia, potente, anzi, potentissimo, ma imprevedibile, come tutti i signori della terra. A un certo punto, i signori si stancano del gioco quando diventa pericoloso.

Lo sanno bene i Vietnamiti, quando all’improvviso furono mollati nel pieno di una guerra civile e l’ambasciatore americano in fuga riuscì a portarsi via almeno la bandiera. Ricordate il boat people?

Ancora meglio lo ricordano gli Afghani, quando dopo vent’anni sono stati mollati dagli Americani, in fretta e furia, lasciandoli nelle incapaci mani insanguinate dei Talebani.

Quanti giovani Americani sono morti nelle risaie e nelle foreste vietnamite oppure nelle giogaie pietrose afghane? Migliaia. Morti inutili e sconfitte cocenti. E non è questo un Paese bizzarro?

Ora in Ucraina (ma non ci sono morti americani) si sta ripetendo lo stesso gioco. La vita degli Ucraini e, se vogliamo, la dignità e la vita stessa degli Europei dipendono dagli umori dell’elettorato americano. C’è aria di abbandono della partita ucraina. Gli Americani sono stanchi, come tutti, di queste guerre inutili per un pezzetto di terra in più o in meno. Il Congresso non vuole neppure sentire Zelenski (pare che non abbia tempo) in visita a Washington. La Polonia, fedele ancella, decide di non fornire più armi all’Ucraina.

Ci prepariamo al terzo abbandono americano? Certo Taiwan è più importante di Kiev e il confronto con la Cina è molto più importante. Il controllo del Pacifico è essenziale per la flotta americana. L’Ucraina non è essenziale e prima che Putin sbocconcelli un po’ l’Estonia e poi la Moldavia e, magari, la Polonia, ci vorrà del tempo. L’Europa indolente e grassa può aspettare.

Che farà l’Europa dopo tanto sostegno a Zelenski? Si sgonfierà come un pallone pieno d’aria. Senza gli Stati Uniti le velleità scompaiono rapidamente. Altro che sostegno a difesa della democrazia, dei “valori” occidentali e del continente!

L’Ucraina abbandonata sarà facile preda della Russia di Putin, rinfrancato dall’aiuto nordcoreano.

Le elezioni americane sono una grande incognita fra due leaders in vario modo compromessi dall’età e dalle contestazioni giudiziarie. Sono distratti, vista l’imminenza delle elezioni. Un vero impaccio, la democrazia. Dipende dagli umori del popolo e gli umori, si sa, sono effimeri.

Sembra incredibile che non ci possano essere candidati migliori e con le idee meno confuse.

Il confronto con le monarchie rosse, a questo punto, almeno sulla carta, è perdente.

 

Roma, 22/09/2023