*Due paia di vecchi calzini* di Vincenzo D’Anna*
Ebbene si! Elly Schlein ha declinato l’invito che la leader di Fratelli di Italia, Giorgia Meloni, le ha fatto per la kermesse del proprio partito, Atreju. Si tratta del primo caso di rifiuto di questo genere e del conseguente confronto che ne sarebbe scaturito. Attenzione: qui non stiamo parlando di violazione del far play politico bensì della cancellazione di una tradizione di civile e pubblico dibattito tra gli esponenti dei due principali partiti italiani, nonché dei maggiori schieramenti parlamentari della legislatura corrente. In sintesi tra il capo del governo e quello dell’opposizione. Basta ricordare che nel più antico parlamento del mondo democratico, quello britannico, i due leader si fronteggiano a pochi metri di distanza, guardandosi negli occhi nel mentre argomentano sulle questioni che interessano la Nazione. Tuttavia, centenaria tradizione democratica a parte, nel palazzo di Westminster lo scontro assume anche toni accesi. Nel clamore delle rispettive leadership, accusa e difesa vengono esplicitate senza mezzi termini e sempre con una punta di ironia dialettica che non trascende mai dal rispetto sia per l’avversario che per l’antica istituzione. Proverbiali furono, nel XIX secolo, i “duelli” di eccelsi oratori come William Ewart Gladstone e Benjamin Disraeli, liberali conservatori, con i rappresentanti del partito laburista. E storici furono anche gli scontri vissuti negli anni ’30 di quel secolo tra il conservatore Winston Churchill ed il laburista Clement Richard Attlee. Per quanto accese fossero la disputa e l’ironia era il condimento dell’oratoria a fare la differenza. Così quando Churchill, dopo aver vinto la seconda guerra mondiale, perse le elezioni nel 1946 contro Attlee, così commentò: “Stamani, innanzi al n.10 di Downing Street (la sede del primo ministro inglese) si è fermata un auto vuota dalla quale è scesio Clement Attlee”. Nelle democrazie compiute e mature, lo scontro politico non tracima mai nello sgarbo istituzionale e nella becera idiosincrasia. Una tradizione, questa, che anche nella nostra più giovane Repubblica parlamentare aveva trovato una sua dimensione. Basti pensare al rispetto che ci fu sempre tra i leader dei grandi partiti del dopoguerra come Alcide De Gasperi, Palmiro Togliatti, Pietro Nenni, Giovanni Malagodi e finanche Giorgio Almirante, il leader della destra missina che stupì tutti andando a rendere omaggio a “Botteghe Oscure” al feretro del segretario del Pci Enrico Berlinguer. Più in seguito altri capi della sinistra come Fausto Bertinotti, Massimo D’Alema ed Enrico Letta furono ospiti di Atreju così come non mancò quasi mai una delegazione dei grandi partiti ai congressi dei partiti avversari, allorquando questi erano ben altro che le estroflessioni personalizzate e nominalistiche dei nostri giorni. Il rifiuto della Schlein quindi più che uno sgarbo personale assume la valenza di rottura vera e propria con gli ormai rari esempi di civiltà comportamentale vigenti nella prassi della politica del Belpaese. Considerazioni, le nostre, che nel bailamme di questo scorcio di cosiddetta Seconda Repubblica, lasciano il tempo che trovano e non sono certo dirimenti ai fini di una maggiore significativa considerazione elettorale per coloro che praticano quel modo di fare. Tuttavia non si vive di soli voti e per quanto rarefatte siano le schiere dei Politici con la “P” maiuscola, questa inutile rottura avrà ripercussioni pratiche sulle cose di cui tratta la politica stessa. Il mancato botta e risposta tra le due leader rischia di avere riverberi sul confronto facendo aumentare il grado di strumentalità e di critica preconcetta innanzi alle questioni che pure sono state poste sul tappeto. Da un lato infatti il Governo mena vanto di aver raddrizzato la barca dell’economia ottenendo giudizi migliori dalle agenzie internazionali di rating ed arginando la falla nei conti pubblici dopo le fallimentari e dispendiose pratiche dei bonus edilizi e del reddito di cittadinanza. Dall’altra parte, invece, ci sono quelli che questi squilibri hanno concorso a realizzare oppure a sostenere in Parlamento. Quegli stessi che oggi minimizzano la questione del debito procurato e delle minori disponibilità per una legge finanziaria alla quale destinare maggiori risorse per un maggior numero di categorie sociali. Per paradosso il mantra che viene utilizzato dagli ex governati in servizio permanente effettivo (leggi partito democratico), negli ultimi dieci anni, è quello di chiedere ovunque più soldi e più investimenti, secondo la tradizione classica di utilizzare la leva della spesa pubblica a prescindere dalle reali disponibilità. Insomma: prepariamoci ad assistere alla commedia di chi dice ho fatto tanto ma non ci sono soldi per fare meglio e quelli che chiedono tutto ed il contrario di tutto al governo. Su questi presupposti pare possa realizzarsi il famoso “campo largo” tra Pd e M5S che però non tiene conto della massima che da due paia di calzini vecchi non se ne possa trarre un paio nuovo.
*già parlamentare
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