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UNA CONDANNA SUPERIORE ALLA RICHIESTA DEI PM PER IL CLAN CASAMONICA CHE MINACCIARONO I GIORNALISTI DELLA RAI
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Casamonica, quattro condanne per l’aggressione ai giornalisti a Roma. Soddisfatti Fnsi e Usigrai
I fatti risalgono al luglio 2018, quando Floriana Bulfon di Repubblica, Piergiorgio Giacovazzo del Tg2 e due operatori di ripresa furono ‘affrontati’ mentre erano impegnati a documentare gli arresti compiuti dai carabinieri nell’operazione ‘Gramigna’ nel quartiere di Porta Furba.
Sono stati condannati quattro esponenti della famiglia Casamonica per l’aggressione nel 2018 ai giornalisti Floriana Bulfon di Repubblica e Piergiorgio Giacovazzo del Tg2. Nell’udienza del 28 novembre 2023, il giudice monocratico del tribunale di Roma, Valerio De Gioia, ha inflitto ai quattro imputati una pena di due anni. La procura aveva, invece, sollecitato per tutti un anno e sei mesi.
La Fnsi e l’Usigrai esprimono, in una nota, «soddisfazione per una sentenza che ribadisce come non possano esserci spazi pubblici sottratti dalla criminalità alla libertà e al diritto di informare. La condanna degli imputati a due anni di reclusione per violenza privata – rilevano – è significativamente più elevata rispetto alla richiesta di pena del pubblico ministero».
Disposta, oltre alle condanne, l’immediata liquidazione dei danni a tutte le parti civili, fra cui la Rai e la Federazione nazionale della Stampa italiana, assistita anche in questa occasione dall’avvocato Giulio Vasaturo.
«Il giudice – evidenza il legale – ha ritenuto la condotta particolarmente lesiva del servizio informativo garantito dalla Rai. La sentenza ribadisce che non vi sono zone pubbliche precluse ai giornalisti che rimangono un provvidenziale presidio di democrazia nel nostro Paese».
I fatti risalgono al 2018 quando Floriana Bulfon, Piergiorgio Giacovazzo e due operatori di ripresa furono stati minacciati da alcuni componenti della famiglia Casamonica mentre erano impegnati a documentare gli arresti compiuti dai carabinieri nell’operazione “Gramigna” a Porta Furba, quartiere di Roma ritenuto ‘roccaforte’ del clan.
In quella occasione, come si legge nel capo d’accusa, gli imputati, a vario titolo, con «minaccia e violenza» cercarono di costringere i cronisti a «desistere dall’effettuare videoriprese», con tanto di telecamere strappate di mano ai cameramen e bastoni scagliati contro le troupe.