Si chiama Daniela Manni, la moglie di Alex Zanardi. Lei e lui si sono conosciuti trentuno anni fa. Lei lavorava come team manager della squadra in cui lui correva, in Formula 3. Si sono sposati nel 1996. Due anni dopo hanno avuto un figlio, Niccolò. Tre anni ancora ed è arrivato l’incidente in Germania, circuito di Lausitzring, vicino a Klettwitz, nel Brandeburgo: passati appena quattro giorni dall’attacco alle Torri Gemelle, il 15 settembre 2001, a tredici giri dalla fine di una gara che viene intitolata “American memorial” proprio in onore delle vittime dell’attacco di Al Qaeda, Alex esce dal box, perde il controllo della sua vettura, forse a causa delle condizioni della pista, e viene centrato dalla macchina di Alex Tagliani. Gambe amputate. Coma farmacologico. Un mese di ricovero. Quindici operazioni.
Venerdì pomeriggio Daniela seguiva Alex, come sempre. Guidava una Bmw scura, dietro la carovana dell’handbike. Ancora lei lo ha abbracciato dopo lo schianto contro il camion, sulla strada provinciale 146, in mezzo alla campagna di Pienza, Ora si agita tra il corridoio del Policlinico Le Scotte di Siena e la terapia intensiva, ma appena arrivata lì è stata lei a pensare e dire le parole più dure, impossibili. Necessarie. “Operatelo solo se c’è speranza”. Il racconto è di Michele Bocci e Laura Montanari.
E a Repubblica parla il camionista, finito nell’inferno di questa storia. Lo intervista Fabio Tonacci: “Ho provato ad allargarmi sulla destra rischiando di andare fuori strada, ma se non l’avessi fatto sarebbe stato un frontale. Con la coda dell’occhio l’ho visto sparire, ho temuto che fosse finito sotto le ruote”. Il tir andava a trenta all’ora.