*Il monito di Antigone*
di Vincenzo D’Anna*
Non c’è Natale che tenga. La guerra tra Israele e i terroristi di Hamas continua in quel lembo di terra creato artificialmente, dopo gli accordi di Camp David tra Yasser Arafat e Simon Peres. Un “fazzoletto” della più vasta ed indeterminata area geografica che da secoli si chiama Palestina ed è stata abitata, fin dai tempi più remoti, sia da arabi che da ebrei. Un territorio conteso e martoriato, divenuto poi protettorato britannico, nel dopo guerra, ed in seguito, sempre per artificio politico, attraverso una partizione, Stato di Israele, regno di Giordania e Libano occidentale.
Un kibbutz a Israele
Dopo l’attacco ai Kibbutz israeliani, con indicibili atrocità ed oltre mille vittime e duecentocinquanta ostaggi, Tel Aviv ha invaso la striscia di Gaza avanzando a 360 gradi per scovare ed eliminare i terroristi che, in verità, sono divenuti consustanziali sia al governo palestinese sia al popolo stesso. Dal vicino Libano altri terroristi, gli Hezbollah, hanno preso a lanciare razzi sulle città israeliane, così come gli Ayatollah Iraniani i quali si sono messi a rifornire di armi i rivoltosi, insieme a Siria, Oman ed alla stessa Russia. Un conflitto che quindi si sta allargando coinvolgendo altri Paesi. Gli stessi che da sempre auspicano la scomparsa di Israele dalla faccia della Terra. Insomma: siamo alla presenza di una lotta senza quartiere contro gli Ebrei e contro il Sionismo, inteso come dottrina politica economica di una nazione ritenuta dai musulmani più ortodossi e fanatici, un’eresia di costumanze occidentali, di stili di vita incompatibili con la morale e la civiltà che segue i dettami di Maometto. Un doppio violento fideismo che non riconosce un’alternativa di convivenza e di collaborazione con Tel Aviv che si ritrova ormai avversato da più paesi in quell’area, costretto a difendersi ad oltranza dai continui attacchi alla propria integrità territoriale ed alle sue costumanze civiche tipiche di una democrazia parlamentare matura e tollerante. Ne consegue che gli appelli alla pace rivolti allo Stato Ebraico suonano tanto ipocriti quanto inutili per consentire, a quest’ultimo, una vita pacifica e che la soluzione radicale di estirpare il terrorismo, ovunque questo ordisca le sue trame sanguinarie, risulta essere la più coerente ed adeguata. Tuttavia nessuna ragione e nessuna difesa può allargarsi a dismisura con la conseguenza di determinare lo stermino di un intero popolo. Certo un popolo complice e collaborativo, che ha votato per il partito di Hamas al governo, che ha reso disponibili scuole ed ospedali per trasformarli in depositi di armamenti. Continuare a fare dei distinguo tra il primo ministro Abu Mazen ed il capo di Hamas Yahya Sinwar è un mero infingimento politico di chi cerca di conciliare l’inconciliabile lasciando Israele al suo ruolo di bersaglio ed i Palestinesi liberi di tirare contro il medesimo. Ciò nonostante è ormai non più tollerabile che la mano vendicatrice degli uomini con la stella di Davide non debba conoscere freni umanitari, non tanto perché Hamas lo meriti oppure lo chieda tutta la comunità internazionale, ma perché un regime democratico parlamentare, di stampo occidentale, ha vincoli e limiti da rispettare se non vuol tracimare in ben altra cosa. E’ la coscienza democratica, è il rispetto dei diritti umani che orienta gli Stati occidentali e costituzionali. Senza questi caposaldi di civiltà le democrazie sarebbero delle dittature camuffate. Israele invece è cosa diversa rispetto alle satrapie, ai monachi ed ai despoti insediati nei paesi arabi. Israele vive secondo principi morali ed etici che non hanno nulla a che vedere col fanatismo religioso. Insomma: è l’essenza democratica stessa di uno Stato che deve essere in grado di costituire il limite sia alla vendetta sia alla propria difesa. Se questo vale per i popoli liberi che vivono nelle società aperte e tolleranti ancor di più deve esserlo per un popolo che nella storia dell’umanità ha subito persecuzione e stermini di innocenti. Da questo retaggio storico e civile non può che nascere la considerazione che non tutti i Palestinesi sono colpevoli e che un bambino morto sotto le bombe vale quanto quello assassinato da Hamas senza pietà. Non tutti i tedeschi furono nazisti e certo non lo furono i bambini morti durante la guerra sul suolo tedesco.
Vale per coloro che intendono vivere in democrazie ed in pace il monito di Antigone. La protagonista dell’omonima tragedia di Sofocle rivendica presso Creonte, re di Tebe, il diritto per il fratello Polinice, che aveva tradito passando con il nemico e che poi era stato ucciso, ad avere degna sepoltura. Un diritto ancestrale, che in nome della pietas umana, spettava a tutti gli uomini, qualunque efferatezza questi avessero compiuto in vita. Un diritto primordiale che non sottostava alle leggi ed a qualsiasi potere costituito. È questo il monito che grava sulle coscienze degli Israeliani e di chi detiene il potere di governarli. Devono entrambi imporsi un limite morale ed umanitario, di civiltà politica. Diversamente Israele diventerebbe essa stessa, il rovescio di una medaglia inumana e sanguinaria, proprio come lo è da sempre Hamas.
*già parlamentare
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