CONFLITTI&AFFARI

Lobby, l’inchiesta Anas svela il far west all’italiana: “Siamo oltre il borderline”

VERDINI E I SUOI FRATELLI – Il socio di Tommaso: “Qui violiamo i limiti”. Ma non c’è una legge, per la gioia di ministri e parlamentari…

6 GENNAIO 2024

Quando si devono far capire le cose a una tirocinante bisogna usare parole semplici. Così Fabio Pileri, socio della Inver Srl con Tommaso Verdini, il 23 marzo del 2022 a una neolaureata spiega perché è meglio non archiviare le sue carte: “già c’ho il cartaceo e lo devo far sparire (…) sulle pratiche secondo me niente di ufficiale”. Sull’attività in favore di un cliente in una gara non va fatto trovare nulla perché altrimenti non si lavora più e lui ai ricavi (“80 mila euro al mese”) ci tiene. Poi Tommaso Verdini prosegue la lezione. Alla ragazza dice che andrà a parlarne con un avvocato per evitare reati “tipo il traffico di influenze” perché con il cognome che porta bisogna stare attenti e l’attività di Inver “è sempre molto mal vista, perché è molto borderline”.

Il 13 aprile 2022, di ritorno dall’incontro con il legale, Tommaso dice a un terzo socio: “ci dobbiamo raccontare anche cose più delicate eh… c’è il fatto che con alcuni dirigenti stiamo cercando di dargli una mano a fare carriera (…) un dirigente è evidente che ci tratta il cliente meglio, perché sa che noi possiamo dargli una mano… e (l’avvocato) mi ha detto, questa roba qui che è la parte diciamo più rischiosa (…) alcuni sono effettivamente borderline”. Il socio chiosa: “questa è più… è oltre il border questa”. Tommaso poi rincula e precisa che loro non fanno niente di illegale, ma il problema posto dall’inchiesta che lo ha portato ai domiciliari con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta, sta tutto lì: il borderline. Il confine tra lecito e illecito, tra lobby e traffico di influenze, tra consulenza e corruzione. In Italia l’attività di lobby lecita non è regolamentata. La ONG The Good Lobby da anni invoca una legge in materia e ricorda che ci sono stati 97 disegni di legge. In un caso nel 2022 la riforma era stata approvata alla Camera. Poi il Governo Draghi è caduto. Così niente registro dei lobbisti, niente limiti e regole, niente divieti di porte girevoli. Negli anni decine di politici sono passati dal ruolo pubblico a quello privato. Per esempio l’ex parlamentare e viceministro agli esteri Lapo Pistelli è diventato nel 2015 vicepresidente e poi direttore affari istituzionali dell’ENI; l’ex ministro dell’economia Pier Carlo Padoan nel 2020 ha lasciato il Parlamento per la presidenza di Unicredit; l’ex ministro dell’interno Marco Minniti è planato dalla Camera alla guida del think tank di Leonardo, e così via.

Per questo fa quasi tenerezza ascoltare Denis Verdini che a marzo 2022 si rammarica mentre è intercettato di quel che avrebbe potuto fare se la società del figlio (della quale per i pm lui è socio occulto) fosse stata creata prima, quando lui era potente davvero: “con la forza di allora potevamo fare uno sconfondo” dice in toscano stretto.

Le porte girevoli, grazie all’assenza di leggi, ruotano anche al contrario, da privato a pubblico. Prendiamo il caso di Guido Crosetto. Nel 2014 diventa presidente dell’AIAD, l’associazione di categoria delle imprese della difesa. Nel 2108 si fa eleggere alla Camera ed è coordinatore di FdI poi si dimette. A marzo 2021 fonda una società di lobbying ma nell’ottobre 2022 diventa ministro della difesa. Il Domani svela che il colosso del settore, Leonardo, gli ha pagato dal 2018 al 2021 ben 1,8 milioni di euro. Ora ha lasciato le sue attività e il reddito totale (che era un milione all’anno circa) è crollato ma le domande sui suoi conflitti di interesse fioccano.

Il border, in assenza di norme, non è chiaro per nessuno. Matteo Renzi ha dichiarato 3,2 milioni di euro in gran parte grazie ai suoi discorsi e alle altre consulenze ben pagate da società e istituzioni sia nazionali sia estere. In un caso però anche lui si è fermato.

Nell’estate del 2019 il gruppo dell’armatore Vincenzo Onorato propone alla Digistart Srl di Renzi un contratto. Alla società di consulenza del senatore è offerto il pagamento di una percentuale sui ricavi derivanti dai nuovi clienti e sugli investimenti frutto dell’attività di Digistart. L’accordo prevede “la fornitura di servizi di sviluppo aziendale, inclusa la presentazione della ‘società’ a potenziali investitori e potenziali clienti”. La percentuale prevista era dell’1,5 per cento. Può un senatore in carica accettare una provvigione sui nuovi clienti e i nuovi investitori presentati a un privato? Ci piace pensare che anche per Renzi la cosa sia apparsa eccessiva. Di certo non ha mai accettato e di lì a poco ha chiuso la società. Il punto è che simili scelte non dovrebbero essere lasciate alla discrezione dei singoli politici ma a una legge. Che nessuno vuole approvare.

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