LEGGE CARTABIA

Cari pm: botte sì, tangenti no. Il governo sceglie le indagini

GIUSTIZIA – La norma prevede che la politica debba indicare i criteri ai procuratori: Fi e Lega propongono di ignorare la corruzione

7 GENNAIO 2024

I delitti da punire con urgenza? Per il centrodestra sono soprattutto quelli violenti: politici e colletti bianchi possono aspettare. O almeno è quanto traspare da una proposta di legge, da poco all’esame della Commissione Giustizia del Senato, che punta a realizzare una delle previsioni più controverse della riforma penale di Marta Cartabia.

Il testo firmato nel 2021 dall’ex Guardasigilli stabilisce infatti, tra le altre cose, che i “criteri generali” di priorità per l’esercizio dell’azione penale debbano essere “indicati dal Parlamento con legge”: la maggioranza di turno, quindi, ora può contribuire a “selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre”, disegnando una “cornice” di principio a cui poi i procuratori capo devono adeguarsi nei loro progetti organizzativi.

La novità era stata assai contestata dalla magistratura: nel parere reso dal Csm, la norma era addirittura descritta come in “possibile contrasto con l’attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato”, perché – si avvertiva – l’individuazione dei criteri non potrà che rispecchiare “le maggioranze politiche del momento”. E l’ex consigliere Nino Di Matteo – ora alla Direzione nazionale antimafia – parlava di un “vulnus evidente” e di uno “squarcio che apre la via a una chiara violazione della separazione dei poteri”.

Quella previsione, però, è rimasta lettera morta per oltre due anni: né Cartabia né il suo successore Carlo Nordio hanno proposto un disegno di legge con l’indicazione delle priorità. Così, lo scorso novembre, a depositarlo ci hanno pensato due senatori della maggioranza: Pierantonio Zanettin, storico esponente di Forza Italia, e l’ex ministra leghista Erika Stefani.

Il ddl, si legge nella relazione introduttiva, punta a “rendere trasparenti e controllabili le scelte discrezionali” dei pubblici ministeri. Per farlo, si inserisce tra le disposizioni attuative del codice di procedura penale un nuovo articolo, il 3-ter, che indica tre criteri di priorità di cui i magistrati dovranno “tenere conto nella trattazione delle notizie di reato”.

A leggerli si intuisce che i reati economici o contro la pubblica amministrazione (cioè quelli tipici della classe politica) non sono in cima alla lista delle urgenze.

Il primo criterio è quello della “gravità dei fatti, anche in relazione alla specifica realtà criminale del territorio e alle esigenze di protezione della popolazione”. Tradotto? Un input a concentrarsi su criminalità organizzata, furti, stupri e rapine.

Ma che dire di corruzioni, traffici d’influenze, peculati, finanziamenti illeciti, turbative d’asta, favoreggiamenti, rivelazioni di segreti? Difficile considerarle fattispecie di particolare allarme sociale, o legate alla criminalità territoriale. I reati dei colletti bianchi non rientrano di sicuro nemmeno nella seconda priorità, che fa riferimento a una categoria specifica di crimini: la “tutela della persona offesa in situazioni di violenza domestica o di genere e di minorata difesa”. Un lodevole segnale di attenzione nei confronti delle cosiddette “fasce deboli“, che però costituiscono solo una parte delle vittime di reato.

Arriviamo così al terzo criterio, il più aperto: l’“offensività in concreto del reato, da valutare anche in relazione alla condotta della persona offesa e al danno patrimoniale e/o non patrimoniale ad essa arrecato”. Questa definizione, forse, potrebbe consentire di considerare una “priorità” almeno le indagini sulle grandi bancarotte o sui grandi disastri. In generale, però, dall’insieme dei criteri non emergono appigli per un procuratore che volesse dare particolare spazio alle indagini per i reati di corruzione. Quindi, in astratto, il Csm potrebbe bocciare un progetto organizzativo di questo tipo per incompatibilità con la “legge-quadro”.

L’iter del ddl a palazzo Madama, comunque, è ancora all’inizio. Giovedì inizieranno le audizioni degli esperti: tra i convocati il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia e i procuratori delle maggiori città. Sul tema, ha avvertito in Commissione il senatore Pd Alfredo Bazoli, occorre “una cautela straordinaria”: si tratta di una questione “che incide sui principi del processo penale stabiliti dalla Costituzione”, dice.

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