De Luca, dal Termidoro al Brumaio* di Vincenzo D’Anna*
Se nella scuola italiana si studiasse ancora la Storia, tutti, più o meno, conoscerebbero le fasi salienti della Rivoluzione Francese. Non fosse altro per il fatto che quell’evento epocale segnò la fine dell’assolutismo monarchico trasformando i “governi” di una sola persona in regimi costituzionali nei quali il sovrano regnava ma non governava, con tale funzione che passò legittimamente nelle mani degli eletti dal popolo, costituenti il Parlamento. Se le rimembranze scolastiche sono ancora nitide il lettore ricorderà che i rivoluzionari si dotarono anche di un nuovo calendario in sostituzione di quello gregoriano, denominando i mesi dell’anno in modo originale ed inedito. Ecco allora il “Termidoro”, associato all’undicesimo mese. Quel lasso di tempo si caratterizzò per l’arresto di Maximilian Robespierre e la sanguinosa gestione del Comitato di salute pubblica, in pratica l’esecutivo rivoluzionario, che fece il bello ed il cattivo tempo a Parigi. Col Termidoro si procedette, di fatto, con l’eliminazione dell’estrema sinistra, vale a dire l’ala radicale ed intransigente del governo: fu quella l’epoca del terrore e dei processi sommari. Parimenti la data del 18 Brumaio segnò la fine del Direttorio, con la nomina di Napoleone Bonaparte a console. Fu quello il passo che portò nuovamente all’accentramento del potere nelle mani di una sola persona: il generale corso che, per quanto foriero di gloria militare e di conquiste in tutta Europa, altro non fece che istaurare un impero incentrato attorno al suo casato (“bonapartismo”) seppur osannato dal popolo e ritenuto leggendario. Il richiamo e la precisazione storica sono introduttivi per l’argomento politico che vogliamo trattare, pur col dichiarato intento di non voler fare paragoni di sorta tra i personaggi di allora e quelli di oggi, che a malapena interessano le pagine della cronaca quotidiana. Onde per cui richiamare Napoleone per scrivere delle “gesta” di…Vincenzo De Luca, improvvisatosi, di recente, rivoluzionario e barricadiero, rappresenterebbe una sacrilegio come la bestemmia in Chiesa!! Tuttavia è proprio del vulcanico presidente della Regione Campania che vogliamo parlare. Sì, proprio dello “sceriffo”, l’uomo che salta allegramente da una stagione politica all’altra da almeno trent’anni, sempre rappresentandosi come il “nuovo che avanza”, condito da uno stucchevole moralismo e da una verbosità affabulante che, senza contraddittorio alcuna, l’inquilino di Palazzo Santa Lucia ci espone, ogni settimana, nei panni del Girolamo Savanarola di turno. Va detto, in ogni caso, che il governatore è uno che piace nonostante i tic nevrotici sintomatici di un carattere, il suo, che non teme rivali. Tanto egli ha guadagnato nel periodo del Covid quando la sua popolarità è balzata alle stelle consentendogli di rimontare consensi e classifiche in quei sondaggi elettorali che, poco prima che la pandemia arrivasse a sconvolgere le nostre vite, lo davano praticamente a picco. Battute, anatemi, ironia, originalità lo hanno costruito come personaggio, soprattutto nelle mani di un imitatore e comico della forza di Maurizio Crozza. Attenzione: De Luca, ex funzionario del Pci, navigato ed esperto, è stato un ottimo sindaco di Salerno dove pure ha saputo imporsi per il piglio decisionale, le alzate di ingegno estemporanee e certe tesi più “fascistoidi” che da ex comunista. Il tutto a testimonianza del fatto che pur di avere consensi e voti non bada all’ortodossia politica. Non è un caso, d’altronde, che De Luca sia arrivato più volte a contestare il suo stesso partito ed i propri dirigenti, senza crearsi alcun problema. Il governatore è uno che si lascia eleggere da liste civiche calibrate e composte da parvenu della politica, gente che poi finisce per trasformarsi in ascari delle sue truppe cammelate. Insomma: De Luca appare incline più al Brumaio che al Termidoro, sentendosi, con grande sussiego, fra i pochi ad essere dotato delle capacità adeguate a reggere il timone. Da gran califfo della Campania, egli, di recente, si è lamentato per i blocchi di quelle risorse economiche che pure gli avrebbero consentito, ad esempio, di finanziare opere nel suo feudo salernitano. Per capirci: solo per l’aeroporto di Pontacagnano (Sa) qualcosa come ben 350 milioni di euro, oltre alla miriade di progetti ad hoc creati per i sindaci dei Comuni “amici”, oltre di una claque inneggiante. Da qui il piccolo Bonaparte ha saputo trarre motivo per lasciar credere che le ragioni della protesta fossero stati di ordine politico generale, ossia l’avversione alla legge sulla autonomia differenziata. Morale della favola: il nostro agguerrito condottiero è partito, lancia in resta, alla volta di Roma seguito dal suo manipolo di “fasce tricolori”, alias dei beneficiati, per incontrare e stanare il ministro Fitto e la premier Meloni. Insomma, facendola breve: il 18 Brumaio del Terzo Millennio ritorna con un De Luca nei panni di novello rivoluzionario, una specie di sanculotto smemorato del fatto, però, che egli gestisce, con le vesti del despota, il potere da un’eternità. Nello scontro con la polizia, che respinge l’assalto, conferisce il titolo di “stronza” alla Meloni e di “coniglio” a Fitto. Tanto per conferire un tocco di colore alla sua marcetta su Roma.
*già parlamentare