*Nemici del (loro) popolo*di Vincenzo D’Anna*
Il ventesimo secolo è ormai alle spalle con tutto il suo carico di tragedie, guerre e stermini che hanno devastato un’intera generazione. Il cosiddetto “secolo breve”, così battezzato dagli storici per il fatto che lo si considera terminato con la caduta del muro di Berlino e la sconfitta del comunismo (1989), è costato la vita a centinaia di milioni di persone: combattenti veri e propri, impegnati in una trentina di conflitti (tra i quali due guerre mondiali) e civili che ne subìrono le conseguenze, sia per gli effetti collaterali degli scontri sia per le persecuzioni politiche, ideologiche, religiose e razziali di cui furono vittime. Tutto quello che, in quegli anni turbolenti, fu iniziato da belligeranti, dittatori, despoti e tiranni in nome della libertà e della redenzione del popolo, finì per ricadere sul popolo stesso in termini di vite stroncate. Un prezzo pagato dagli inermi come estrema conseguenza degli effetti della propaganda ideologica, del cosiddetto “fascino del capo” e delle scelte di quegli sciocchi che credettero di poter migliorare la propria esistenza aderendo a correnti di pensiero e politiche a dir poco scellerate. Senza girarci troppo attorno: per quanto forte potessero essere la motivazione ideologica oppure il carisma del leader di turno, senza l’adesione e la partecipazione delle masse a quelle satrapie ed a quelle vagheggiate promesse di grandezza, nessun regime si sarebbe mai potuto realizzare. Ne deriva che la causa dei mali che hanno attraversato il “secolo breve” non può essere solo addebitata a coloro che guidarono le nazioni, ai modelli dittatoriali che si instaurarono ma anche a quella “banalità del male” che Hannah Arendt ha saputo mirabilmente descrivere nell’omonimo libro. Quella stessa “banalità” che ha visto tanti semplici cittadini, molti dei quali nella vita civile esercitavano arti e mestieri banalmente usuali, trasformati in feroci aguzzini e spietati carnefici. Furono queste persone a tramutarsi nella longa manus di quelle ideologie folli ed inumane. E’ risaputo che lo strumento per dar vita a simili tragiche metamorfosi sia stata la propaganda che ogni regime che si rispetti ha saputo mettere in campo per manipolare le volontà della gente allorquando questa viene progressivamente privata della libertà di espressione e dei diritti civili. Una spoliazione delle propria identità personale: la cancellazione di ogni cultura basata sull’esercizio delle prerogative civili e delle libertà individuali. Tuttavia la Storia addebita, frettolosamente, ai capi ed alle nomenclature gli assurdi proponimenti che furono alla base delle tragedie umane quando invece è nell’oggettiva collusione e collaborazione del popolo con quei regimi che va ricercata la causa prima e vera dell’instaurarsi delle tirannie. Alla base di questa disponibilità ci fu, nel corso del XX secolo, sempre una carenza di conoscenza ed una limitata consapevolezza della storia pregressa dell’umanità. Ora, è risaputo: la propaganda, fatta di idee semplici e come tali accessibili anche agli strati più numerosi e meno colti della popolazione, se ossessivamente riproposta, ottunde le menti nel mentre il regime fa fuori le élite culturali e politiche, sopprimendo chiunque sia in grado di esercitare una propria personale opinione. Non a caso laddove si bruciano i libri, ritenuti inadeguati e contrari, si finirà, in seguito, per bruciare anche gli uomini. Ossia cancellare chi si faccia portatore delle contrarie idee. Intendiamoci: questa non è solo “storia” passata. Non stiamo parlando di fatti e vicende del secolo scorso, quanto di una condizione diffusa ancora oggi in talune nazioni flagellate, non a caso, da guerre e regimi dittatoriali sanguinari. In queste stesse nazioni, contrariamente a quanto il regime intende far credere, lo Stato non è edificato per il bene del popolo ma solo “in nome” del popolo, ossia della massa di persone esautorata di tutto . Ovviamente l’edificazione dello Stato è di tipo illiberale ed il popolo, ridotto in schiavitù, in nome di una società massificata, si vede costituito forzosamente da eguali che tali non sono se non appartenenti alla casta che dirige l’apparato pubblico. Quali siano oggi queste società e quali le loro strategie politiche è presto detto: la Russia di Putin, la Cina di Xi Jinping, la Corea del Nord di Kim Jong-un, la Palestina di Hamas, lo Yemen degli Houthi, il Libano degli Hezbollah e varie altre satrapie africane ed asiatiche costituite in “repubbliche popolari”. Gente che non si fa troppi scrupoli sulle tragiche ricadute sui ceti popolari, ben diversa dalle democrazie liberali che sono pensose dei risvolti da pagare in termini di vita umane. Insomma il “nome del popolo” diventa, in casi del genere, lo strumento adatto per rinfocolare guerre ed attentati terroristici che alla fine del gioco, fanno pagare il prezzo più alto e più tragico proprio a…quel popolo!! Una riflessione per i tanti che ancora inneggiano all’etichetta popolare come elemento capace di conferire ad un regime il crisma della superiorità politica morale. Sara bene riflettere su chi siano realmente veri “nemici del popolo”.
*già parlamentare