Cronaca giudiziaria

Sandokan” si pente. Il boss Francesco Schiavone collabora con la giustizia

Si è pentito il super boss del clan dei Casalesi, Francesco Schiavone: colloqui avviati già da alcune settimane come ha confermato la Direzione Nazionale Antimafia. “Faccia luce su un periodo oscuro della nostra storia”

"Sandokan" si pente. Il boss Francesco Schiavone collabora con la giustizia

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Si è pentito Francesco Schiavone, conosciuto con l’appellativo di “Sandokan“, il capo del clan di delle organizzazioni mafiose più pericolose, quella dei Casalesi. Il boss di 70 anni ha iniziato a collaborare con la giustizia da alcuni giorni secondo quanto hanno confermato la Direzione Nazionale Antimafia e la Direzione distrettuale Antimafia della Procura di Napoli che già da alcune settimane hanno dato il via ai contatti con quello che, a tutti gli effetti, è ormai l’ex boss del clan detenuto al regime del carcere duro (41 bis) dal 1998, quando l’11 luglio fu catturato in un bunker a Casal di Principe, località in provincia di Caserta.

Il pretesto del trasferimento

La malattia del boss che ha consentito il trasferimento dal carcere milanese di Opera a quello dell’Aquila è stato soltanto un pretesto affinché passasse sottotraccia. In realtà, secondo quanto rivelato da fonti investigative all’Agi, si è trattato di un espediente per evitare che si spargesse la voce negli ambienti camorristici visto che Schiavone era già in contatto con la Direzione Nazionale Antimafia e la Dda. Seppur ammalato, Sandokan non ha un tumore ma questa voce non è mai stata smentita così da tenere il suo trasferimento in Abruzzo il più riservato possibile. Le stesse fonti fanno sapere che alcuni familiari stretti sono rimasti spiazzati dalla decisione di collaborare con la giustizia e alcuni di essi non hanno intenzione di abbandonare le loro abitazioni di Casal di Principe.

Le parole del sindaco

 un periodo oscuro della nostra storia, ma anche a farci individuare quegli angoli ancora nascosti che possano rappresentare un pericolo futuro per la nostra gente, per la nostra economia e nostre Istituzioni“. Subito dopo sono arrivate anche le parole del presidente della Provincia di Caserta, Giorgio Magliocca, che ha sottolineato l’importanza della notizia e la speranza che “si possa fare chiarezza su una lunga pagina di storia della nostra Provincia“.

“Faccia luce sui segreti”

Ora ci auguriamo che il signor Schiavone aiuti, attraverso il suo pentimento, a far luce sui tanti misteri segreti che avvolgono il territorio casertano e gli affari che i Casalesi hanno storicamente intrattenuto anche in giro per l’Italia”: lo ha dichiarato all’agenzia LaPresse il referente di Libera Campania (associazione contro la lotta alle mafie), Mariano Di Palma, riferendosi non soltanto al traffico di droga e tutto ciò che ruota attorno a racket e usura “ma in particolare al traffico illecito di rifiuti di cui protagonisti per anni, inventando di fatto il mestiere dell’ecomafioso. Un fenomeno che oggi resta tra i più avvolti nel mistero, con legami con un pezzo di mondo politico e dell’imprenditoria italiana. Il signor Schiavone può aprire una breccia e far luce non solo su persone, fatti e reati, ma su storie che riguardano il nostro Paese e in particolare la Campania, terra lungamente avvelenata“.

La storia di Schiavone

Schiavone si trova in carcere da oltre 26 anni dopo l’arresto nel 1998 e condannato nel maxi processo Spartacus: fu catturato in un bunker dell’abitazione dove viveva con la famiglia (moglie e due figli) in Via Salerno a Casal di Principe. In carcere dovrà scontare molti ergastoli: la carriera criminale inizia molto presto, ancora minorenne, quando fu autista dei boss Umberto Ammaturo e autista e di Antonio Bardellino oltre a detenere illegalmente armi da fuoco. Il regime del 41 boss gli fu confermato dalla Cassazione nel gennaio 2018 respingendo l’istanza di revoca presentata dai suoi avvocati.

Tre anni fa, era il 2021, il primo a pentirsi fu il secondo figlio di Schiavone, Walter: adesso, con il nuovo programma di collaborazione, Sandokan potrebbe portare alla luce tantissimi aspetti ancora sconosciuti sul clan dei Casalesi e aiutare la giustizia a venire a capo su molti casi rimasti irrisolti. Francesco Schiavone è stato a capo della cosca, per numerosi anni, anche agli altri boss Antonio Iovine, Francesco Bidognetti e Michele Zagaria. Non più tardi di alcuni giorni fa Schiavone è stato trasferito nel carcere dell’Aquila per potersi curare nell’ospedale San Salvatore dove ricevette le cure anche il capo dei capi Matteo Messina Denaro poi deceduto lo scorso mese di settembre.

Gli fu dato l’appellativo di Sandokan per la vaga somiglianza con l’attore indiano Kabir Bedi che ha interpretato il ruolo nella popolare miniserie televisiva andata in onda in Italia negli anni Novanta.

“È una vittoria”

Questa è una vittoria di chi ha sempre creduto che la camorra si potesse battere. Che questa notizia arrivi nel trentennale della morte di don Peppe Diana è ancora più significativa”: a dirlo a LaPresse è ststo Salvatore Cuoci, presidente del comitato Don Peppe Diana, spiegando che la vittoria è dei giovani e di tutti quelli che hanno mostrato una schiena dritta non arrendendosi. “Che questa collaborazione possa chiarire tante cose ancora non chiarite in questo territorio, che possa dare un senso alle tante morti di questo territorio. Sia restituito il maltolto alla comunità“.