Voglia di un partito cattolico ?* di Vincenzo D’Anna*
Fu Alcide De Gasperi, ineguagliabile statista, leader dei principali governi italiani del primo dopoguerra, capace di affrontare e risolvere i problemi di un Paese, il nostro, uscito con le ossa rotte dalla Seconda Guerra Mondiale, a rifondare il partito dei cattolici italiani: la Democrazia Cristiana. Quel movimento, infatti, aveva visto la luce agli inizi del Ventesimo secolo, con la denominazione di Partito Popolare italiano, dopo che don luigi Sturzo, nel 1919, aveva dato alle stampe l’appello ai “Liberi e Forti”. Il prete di Caltagirone redasse un vero e proprio “programma politico” affinché la sua creatura potesse raccogliere il voto dei cattolici italiani finalmente liberati dal “Non expedit” che Papa Pio IX aveva decretato all’atto della capitolazione di Porta Pia e della presa di Roma trasformata in Capitale del neonato Regno dell’Italia Sabauda. Rimosso quel vincolo, con il quale veniva impedito ai credenti del Belpaese di prendere parte alla vita politica ed all’elettorato attivo e passivo, la forza dei cattolici si dispiegò appieno raggiungendo lusinghieri successi con l’elezione di un folto numero parlamentari. La base ideologica era una e una sola: portare i principi del Cattolicesimo nella vita politica e sociale nel tempo in cui si affrontavano, in maniera cruenta, i socialisti massimalisti (marxisti) e le forze conservatrici che difendevano la proprietà dal tentativo di esproprio dei beni della rivoluzione proletaria. Insomma: Sturzo adottò come programma sociale, la dottrina della Chiesa, che Papa Leone XIII aveva esposto nell’enciclica “Rerum Novarum”, con l’indicazione di una terza via che non coincideva né con i dettami del comunismo ateo, né con l’egoismo degli agrari latifondisti. L’enciclica definiva la legittimità della proprietà privata, frutto del risparmio tratto dal lavoro; i principii di solidarietà ed aiuto per le classi meno abbienti attraverso la rete di protezione statale; la necessità di conciliare gli insegnamenti cristiani con le politiche statali.
Don Sturzo ampliò quei concetti introducendo il concetto di “Popolarismo” di stampo liberale, un diffuso liberalismo solidale, con la dottrina economica dell’interclassismo economico e del muto soccorso . Ma la vera novità nell’appello ai “Liberi e Forti” era la sussidiarietà, ossia la creazione degli enti locali: Comuni e Province, alle quali veniva demandata una parte dei poteri statali e di amministrazione decentrata del territorio. L’avvento del Fascismo spazzò via i partiti e gli addentellati sociali di questi ultimi come i sindacati dei lavoratori, le cooperative e la rete di mutualità cattolica. Caduto il regime di Mussolini, De Gasperi riprese quel progetto nel dopoguerra, con la rifondazione della Dc, scegliendo di collocare l’Italia entro il patto Atlantico che preservava, anche militarmente, le democrazie liberali europee dall’ingerenza del blocco sovietico. A chi chiedeva allo statista trentino se lo scudocrociato fosse o meno il partito dei cattolici egli rispondeva che era una creatura laica ed aconfessionale ancorché ispirata ai principi che la Chiesa aveva dettato in campo politico, morale e sociale. Quindi un partito di cattolici non dei cattolici. Con la fine della Prima Repubblica la gloriosa e meritoria storia della cosiddetta “Balena Bianca”, per trent’anni partito di maggioranza relativa in Italia, è stata miseramente seppellita, per non dire accantonata oltre che oltraggiata dalla degenerazione correntizia e partitocratica, dai maneggi di danaro, dal clientelismo.
Certo, non sono stati pochi, in questi anni, i tentativi di riesumare la “Libertas”. Il tutto però, si è rivelato una manovra dei soliti noti che, in lotta per impossessarsi di quel simbolo e di quella tradizione, hanno solamente pensato a se stessi, accontentandosi di vivere di rendita ideologica e di briciole pur di accaparrarsi un seggio parlamentare. Una vicenda triste oltre che offensiva nei confronti di un tale eccezionale retaggio che avrebbe meritato ben altro epilogo. Ebbene è storia di questi giorni, rivelata da un sondaggio, che il 37% degli italiani auspicherebbe la rinascita di un partito cattolico, soprattutto tra gli elettori di FdI e di Forza Italia. Fu appunto il partito berlusconiano ad inglobare la maggior parte dei democristiani moderati, mentre la sinistra inglobò i cosiddetti cattolici democratici (la sinistra Dc, di ispirazione socialista, seguace di don Giuseppe Dossetti e sodali dei post comunisti nella Seconda Repubblica). Questi elettori si dolgono che non ci sia più un partito che segua il dettato dei principii cristiani ed indicano nella Comunità di Sant’Egidio l’esempio da seguire. In disparte l’analisi di quanto sia fuori e contro la traduzione del popolarismo sturziano l’ impostazione dei cattolici democratici, resta sorprendente che nell’era dei partiti di plastica e delle ditte familiari si avverta ancora l’esigenza che i cattolici ritornino protagonisti in proprio in politica. L’auspicio, a questo punto, è che si sgombri subito il campo da quel gruppo insignificante composta da tanti microscopici presunti eredi della Democrazia Cristiana e se ne riscoprano, invece, la vocazione popolare ed i valori fondativi. Speriamo. Ma il resto lo sapremo solo vivendo…
*già parlamentare