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*Unione europea, arriva Draghi?* di Vincenzo D’Anna*
E’ noto, fin dagli albori della politica che, quando quest’ultima “fallisce”, si ricorre all’aiuto dei tecnici. Nella cosiddetta prima repubblica si costituivano governi di breve durata, detti appunto balneari perché la loro vita si esauriva a cavallo delle ferie estive. Più in generale questa tipologia di esecutivo era presieduta da figure autorevoli ma sempre provenienti dal ceto politico. Alcune volte furono i presidenti di uno dei due rami del Parlamento a sedere a Palazzo Chigi, oppure personalità che per autorevolezza ed equilibrio potevano garantire una condotta equidistante e rispondevano più al Capo dello Stato che ai leader di partito. Lo stesso fu per i Presidenti della Repubblica, per i quali una sola volta si ricorse all’ex governatore della Banca d’Italia nella persona di Carlo Azeglio Ciampi. Con la distruzione dei partiti e dei movimenti politici di vecchio stampo e degli organismi democratici che selezionavano la classe dirigente e definivano la linea programmatica, nacque la cosiddetta “ seconda repubblica” coi i partiti assimilati a ditte personali, scontri tra eterogenee coalizioni composte, per lo più a sinistra, da un vasto arco di partiti. L’ulivo, ad esempio, era formato dai moderati post democristiani di Mastella fino ai post comunisti di Turigliatto. A destra, il Polo del buon governo, dai liberali e socialisti berlusconiani fino agli ex secessionisti del Carroccio e dagli “eredi” del Msi. Insomma: non una lotta politica tra depositari di valori e sistemi socio-economici in antitesi tra loro, quanto una sorta di faida tra bande contrapposte. In questo clima da ordalia ed a mezzo di un sistema elettorale ibrido tra maggioritario e proporzionale, il tutto si ridusse ad una lotta pro o contro il leader politico che era ai vertici del consenso elettorale, quel Silvio Berlusconi più volte primo ministro. In questa lotta che prevedeva solo ipotesi alternative tra gli opppsti schieramenti si sono create le condizioni di paralisi che hanno determinato l’indicazione di governi tecnici presieduti da soggetti autorevoli ma palesemente estranei alla politica. Insomma scegliere “al di fuori” della politica divento’, in quel particolare frangente storico, una condizione di garanzia e di equilibrio benefica per gli interessi nazionali. Fu così che ci ritrovammo Mario Monti e poi Mario Draghi premier fino a sperimentare il paradosso di Giuseppe Conte a capo di due governi politicamente composti da coalizioni completamente diverse, ma capeggiate dal medesimo primo ministro!! Insomma furono più degli espedienti per coprire la paralisi e l’impotenza del sistema politico che soluzioni ragionate e scientemente scelte nell’interesse della nazione. Per la verità non ci siamo fatti mancare neanche la schizofrenia di far assurgere ai vertici del governo personaggi che dovevano il loro appeal (ed il proprio consenso elettorale) al fatto di essere ritenuti espressione dell’anti-politica e della contestazione del sistema democratico parlamentare, consegnando il potere a chi lo disprezzava apertamente. Ora sembra che tale condizione di impotenza e di contraddizione politica stia per pervadere anche il governo europeo, che si eleggerà all’indomani del risultato elettorale del prossimo mese di giugno. E’ di queste ore, infatti, l’endorsement, ossia il sostegno esplicito, all’ex presidente del Consiglio italiano Mario Draghi a presiedere la Commissione Europea al posto della tedesca Ursula von der Leyen azzoppata da una recente potenziale bega giudiziaria che ne ha diminuito le probabilità di rielezione. Insomma se tale candidatura, gradita anche a Giorgia Meloni, trovasse consensi sufficienti, il nuovo parlamento europeo potrebbe designare come “Primo ministro” un tecnico al posto di un politico. La sortita in favore di Draghi non è una estemporaneità oppure una propensione verso una guida che ben conosce i meccanismi, e le passate magagne, della Banca Centrale Europea e del fiume di finanziamenti che che sono stati attribuiti a molti Stati dell’Unione. Quello che spinge verso questa soluzione super partes di natura non politica deriva dalla poco chiara prospettiva di quali segni politici potrà essere la maggioranza che uscirà dalle prossime elezioni europee. Una prospettiva obliqua per i mutati rapporti di forze tra destra e di sinistra in diversi Stati nazionali, in favore della destra. La maggioranza tra popolari e socialisti, che ha gestito la Commissione europea nell’ultimo quinquennio, oggi traballa anche per qualche diserzione nelle forze che la componevano. L’anticipata convergenza sull’indicazione di Draghi è una cautela, un mettere le mani avanti, che rassicura anzi tempo tutti i contendenti e tutti gli schieramenti in campo. Draghi avrebbe accettato l’indicazione sproloquiando su di un cambio radicale delle procedure e sull’introduzione di maggiori criteri di efficienza e concorrenza in europa. Peccato che da primo ministro italiano abbia incrementato il debito e la spesa pubblica, non abbia mosso un dito per inserire criteri di concorrenza in nessun ambito statale e continuato a rafforzare lo statalismo ed i monopoli di quest’ultimo!! Per essere un tecnico ha proprio la faccia tosta e la memoria corta, da…politico!!
*già parlamentare