La Guardia di Finanza ha arrestato Giovanni Toti per corruzione. Toti, agli arresti domiciliari, è accusato dalla Procura di Genova di corruzione ambientale, corruzione per atti contrari a doveri d’ufficio e promesse elettorali. Nell’operazione in corso, un vero e proprio terremoto giudiziario che si abbatte sulla maggioranza di centrodestra che guida la Liguria dal 2015, sono destinatari di misure cautelari altri due big: l’ex presidente dell’Autorità Portuale Paolo Emilio Signorini, oggi amministratore delegato e direttore generale della multiutility Iren, e l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, ex presidente dei club calcistici Genoa e Livorno. Spinelli è accusato di aver finanziato le fondazioni politiche che hanno sostenuto negli anni Toti in cambio del rinnovo di concessioni portuali e altri favori, fra cui un intervento nella vicenda della riqualificazione delle ex Colonie Bergamasche di Celle Ligure, complesso destinato a diventare un resort di lusso. Signorini sarebbe stato corrotto con soggiorni di lusso ed escort a Montecarlo, pagate da Spinelli. Un’ulteriore parte delle accuse di corruzione riguarda finanziamenti e favori scambiati con Esselunga, altro grande sostenitore del centrodestra ligure, che proprio con l’avvento delle giunte guidate da Toti ha aperto i suoi primi punti vendita in Liguria, mettendo fine allo storico dominio delle Coop.
Un secondo filone di indagini allunga sulla Liguria lo spettro del voto mafioso. C’è infatti un’ulteriore parte di questa inchiesta che si concentra su pacchetti di voti che spiegherebbero il boom elettorale del partito fondato da Toti, Cambiamo!, che alle regionali del 2020 aveva ottenuto lo straordinario risultato del 22% (surclassando partiti della sua stessa maggioranza ben più radicati a livello nazione, come la Lega, 17%, Fratelli d’Italia, 10%, Forza Italia, 5,7%). Dietro quell’exploit ci sarebbero secondo gli inquirenti pacchetti di voti garantiti da personaggi vicini a clan mafiosi nisseni originari di Riesi, confluiti nel boom di preferenze registrate da vari candidati totiani.
In questo filone il braccio destro di Toti, il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, è indagato per promesse elettorali aggravate dal metodo mafioso, mentre Toti è indagato per il solo reato di promesse elettorali. Cozzani, ex sindaco di Porto Venere, è stato arrestato questa mattina per effetto di un terzo filone di indagine, coordinato dalla Procura di La Spezia, per il reato di corruzione: avrebbe favorito alcuni imprenditori locali, legati alle concessioni balneari e agli appalti all’isola Palmaria, in cambio di favori al fratello Filippo, imprenditore; quest’ultimo, grazie a un aumento dei finanziamenti al Salone Nautico erogato dalla Regione Liguria, ha beneficiato anche dell’appalto della distribuzione dell’acqua. Dalle indagini emergono anche innumerevoli ospitate gratuite al Grand Hotel di Porto Venere di cui ha beneficiato anche lo staff di Giovanni Toti.