l teste: «Ti faccio due buchi in testa» choc al processo, avvocato minacciato
PESTAGGI IN CARCERE, TENSIONE IN UDIENZA NELL’AULA BUNKER STOP TEMPORANEO POI LE DEPOSIZIONI DEI DETENUTI
Un episodio gravissimo, destinato a far insorgere l’avvocatura, ha scosso ieri il foro di Santa Maria Capua Vetere per una minaccia di morte pronunciata da un teste in un’aula di giustizia, nella fattispecie quella bunker del carcere, dove si celebra da alcuni mesi il maxi-processo di Corte di Assise sui presunti pestaggi commessi nell’aprile del 2020 dagli agenti penitenziari nella locale casa circondariale “Uccella”. «Ti faccio due buchi in testa»: questa la frase – pronunciata in dialetto napoletano – che Gennaro Romano, teste-detenuto del processo, rivolta ad uno dei difensori in aula, l’avvocato Carlo De Stavola. Un’udienza “choc”, con minacce di morte avvenute durante la testimonianza della presunta vittima delle violenze, costituitosi parte civile e ora detenuto per lesioni e rapina. Dopo aver parlato delle violenze subìte da quando stava in cella e per tutto il percorso fino alla sala socialità («avevo male al ginocchio e loro mi colpivano lo stesso in quel punto») – insofferente alle domande che gli venivano rivolte dall’avvocato De Stavola, che difende alcuni agenti penitenziari imputati, Romano ha poi pesantemente minacciato rivolgendosi con il «tu». «Ti faccio due buchi in testa» gli ha detto, quando l’udienza era stata momentaneamente sospesa proprio per riportare la calma, visto che Romano si era mostrato irrequieto alle domande del legale che in aula ha annunciato di voler procedere con la querela anche se il detenuto si è formalmente scusato.
Il presidente della Corte, Roberto Donatiello, ha invitato fermamente il teste ad un comportamento corretto e civile ma non si esclude un provvedimento per il teste. Il pm interpellato dall’avvocato invece, un po’ adirato, ha dichiarato in aula che non aveva sentito la frase minacciosa in aula (che si può risentire su Radio Radicale) invitando il legale a presentare una denuncia. Durante le 76 precedenti udienze, il processo aveva già registrato episodi di insofferenza da parte di alcuni testi-ex detenuti, sia nei confronti di alcuni legali ma anche plateali espressioni offensive. Un teste-detenuto Bruno D’Avino, dopo aver pronunciato la frase «che c’è ora non fai più il guappo?» si era rivolto guardando un agente imputato aggiungendo: «se voglio, domani faccio una telefonata e faccio saltare il processo, qua non viene più nessuno a testimoniare».
Insomma, un clima non certo sereno – a parte le schermaglie tra accusa e difesa – che potrebbero ora scatenare, come si attende l’avvocatura, un intervento degli organismi forensi, ovvero il Consiglio dell’ordine e la Camera Penale. Il processo è poi proseguito con la testimonianza di Antonio Zerillo, detenuto attualmente proprio al carcere di Santa Maria Capua Vetere, il quale ha ritrattato ogni accusa rispetto alle dichiarazioni iniziali, facendo reagire il pubblico ministero e rischiando concretamente un’incriminazione per falsa testimonianza.
«Non ricordo di essere stato picchiato – ha detto – né in cella, né lungo il percorso e neanche in saletta. E l’ematoma sul gluteo me lo sono fatto quel giorno forse sbattendo da qualche parte».
Il teste Claudio Merolla, ha aggiunto: «nonostante avessi problemi di natura mentale, fui picchiato in cella insieme al piantone che mi assisteva. Sono poi passato nel corridoio di agenti e ho avuto altre botte, dopo mi hanno preso per le caviglie e in quel momento ho visto la Commissaria, quella con i capelli ricci (l’imputata Annarita Costanzo), che guardava e sorrideva, anche se non mi ha fatto nulla; trascinandomi per le caviglie mi hanno poi gettato in cella».
FONTE:
(Biagio Salvati / Il Mattino)