LA STORIA SIAMO NOI: ANCHE BAIA DOMIZIA E’ BANDIERA BLU… di Michele De Simone (*)

«Baia Domizia, la bella addormentata in pineta». A risvegliarla dal sonno sul soffice materasso di sabbia dorata, il bacio del “principe azzurro” sotto forma dell’assegnazione della Bandiera Blu ambita da tutte le località balneari e che sul litorale casertano non aveva mai sventolato. Un bacio che dovrebbe significare soprattutto rilancio sul mercato turistico così sensibile alle gratificazioni ambientali, naturali, funzionali attribuite da riconosciute organizzazioni internazionali alle località di vacanza.

Una investitura che arriva a oltre 60 anni dalla nascita del centro balneare e che per tanti operatori impegnati nella promozione è stato un sogno, un po’ come il ritornello della canzone a quei tempi di moda, appunto “Nel blu dipinto di blu” di Mimmo Modugno, che ripeteva “penso che un sogno così non ritorni mai più” anche se “volavo felice più in alto del sole, mentre il mondo pian piano scompare negli occhi tuoi blu”.

Hanno vissuto sessanta anni o giù di lì di aspettativa della prestigiosa Bandiera Blu tanti pionieri della valorizzazione di Baia Domizia, come Gaetano Cerrito, promoter e organizzatore di grandi eventi, scomparso pochi giorni fa; Zeno Dell’Acqua, storico barman e pasticciere, tra gli autori nel settembre 1989 della Crostata di frutta più lunga del mondo entrata nel Guinness dei primati con i suoi 360 metri; Pietro Lombardo, già agente di viaggio e presidente della Pro Loco; Franchino D’Anna proprietario del Domizia Palace; Domenico Falso chef dell’accorsato ristorante Dominique; le sorelle Sello che avevano creato un resort gioiello con l‘Hotel de La Baia; il Marina Residence dove nel settembre 1976 fu presentato alla stampa mondiale il modello dell’AlfaSud Sprint; e ancora il Camping Internazionale Pietre Bianche, tra i primi cinque in Europa, realizzato e gestito dalla famiglia padovana Toffano; e, infine, il Villaggio La Serra detto delle “Svedesi” proprietà di alcuni sindacati scandinavi che garantivano ai propri associati vacanze al sole in Italia.

Baia Domizia, inizialmente tutta in territorio del Comune di Sessa Aurunca, poi divisa con Cellole (diventato Comune autonomo nel 1973 dopo essere stato frazione di Sessa e celebra oggi il traguardo della Bandiera Blu con il sindaco Di Leone), era nata nel 1963 da una costola di Bibione, uno dei centri balneari “inventati” in Veneto lungo la riviera del Cavallino, tra Jesolo e Grado in territorio di San Michele al Tagliamento. Delegata a realizzare il complesso su un’affacciata di 9 km. sul Tirreno tra foce del Garigliano e monte Massico l'”Aurunca Litora”, società costituita per l’occasione da un gruppo di operatori veneti, ai quali il Comune di Sessa affidò il compito di fare da Pigmalione alla splendida ma selvaggia plaga in riva al mare. Giuseppe Longato, imprenditore padovano, figlio di un falegname, industriale del mobile, tra i primi a realizzare i cosiddetti mobili componibili, utilizzando avanzatissime tecniche di iniezione e stampaggio su disegni di importanti designer quali l’architetto Marcello Siard e Mario Viezzoli, era il presidente della società per azioni Aurunca Litora impegnata nella edificazione di Baia Domizia. Il progetto di massima definitivo venne elaborato dall’architetto e urbanista padovano Renzo Menegazzo noto come Renzo Men.

Per la campagna pubblicitaria internazionale fu creato uno stemma, disegnato da Pino Castagna, lo scultore-ceramista amico del presidente Longato, con una B contrapposta ad una D inserite in un cerchio, con un’onda al centro: il marchio con le foto della neonata destinazione era presente sulle principali riviste italiane ed europee. Sulle spiagge di Baia si videro i primi topless. E, in un territorio un po’ conservatore, fece gridare ai benpensanti allo scandalo: persino il vescovo d’allora della diocesi di Sessa Aurunca tuonò dal pulpito arrivando a definire Baia Domizia la “pietra dello scandalo”. La località fu, fino agli anni settanta, una delle destinazioni più alla moda di tutto il Sud Italia, al punto che, per quantità e qualità della vita notturna, rivaleggiò alla pari con Capri e le altre perle della costiera amalfitana.

Nei suoi bar e locali notturni il cocktail più diffuso era lo spritz peraltro importato dal Veneto. Fu un’epoca di grandi feste, come quella per l’inaugurazione dell’hotel “Domizia Palace”, e di bella vita presso i night club (in primis il Piccadilly), dove si esibivano i più importanti cantanti e gruppi musicali del tempo. La stagione cominciava a marzo e terminava a fine ottobre. Enorme fu, in termini di sviluppo economico e di crescita sociale l’impatto sui paesi circostanti, specie per la possibilità di fare shopping a kilometro zero in quell’Eden agrituristico che era il territorio di Cellole oltre la Domiziana.

Molti artisti, pittori e scultori frequentarono la località; ad esempio a Baia Domizia trascorreva le vacanze l’artista futurista Sante Monachesi. Nel settembre1968 l’artista si rinchiuse per alcuni giorni in un grande cubo nero (in segno di lutto) costruito con tralicci in legno, stoffa e perspex che sistemò nella piazza centrale per attuare una personale protesta contro la repressione sovietica della primavera di Praga. La cosa ebbe grande eco sia in Italia che a livello internazionale. Rinchiuso nel cubo, oltre a dipingere, scrisse la terza parte del manifesto del movimento artistico del quale fu fondatore, il cosiddetto Movimento Agrà (a-gravitazionale) ispirato dalle prime missioni umane nello spazio.

E negli alberghi e sulla spiaggia era dato incontrare vip e personaggi in vista dell’epoca, tra i quali Michelangelo Antonioni, John Lennon, Peppino De Filippo, Totò, Patty Pravo, il principe Karim Aga Khan IV, Lucio Dalla, Umberto Bindi e più recentemente la showgirl Barbara d’Urso. Tra le altre personalità amanti del luogo lo scrittore e giornalista Mario Pomilio che ad esso dedicò alcune sue poesie, e l’economista, scrittore e parlamentare europeo Franco Compasso originario di Cellole.

Il mito delle svedesi ha resistito per decenni a Baia Domizia fin quando dalla destinazione esclusiva per le bionde famiglie scandinave il complesso (quasi mille persone la capacità ricettiva, il direttore di solito con i gradi di viceconsole di Svezia a sottolineare l’importanza dell’insediamento), grazie al disimpegno della Reso, la società che gestiva il villaggio in qualità di emanazione diretta dei sindacati svedesi, è stato ceduto ad alcune agenzie specializzate. Ed è arrivato il via libera per entrare in quello che era un munitissimo fortino, vigilato a vista da guardie armate per difendere non solo la “privacy”, sacra per i turisti anglosassoni, ma anche proteggere con discrezione le varie Ursula, Sybilla, Birgitta dalle «avances» a volte troppo ardite del gallismo made in Italy. E nell’autoradio si infilava il Cd con musiche accattivanti come quelle del mitico gruppo degli Abba, una specie di Maneskin svedesi antelittteram, evitando, invece, di farsi accompagnare dal sound un po’ cafonal di “Patrizia”, la canzone di Tony Tammaro dedicata alla cosiddetta reginetta di Baia Domizia che, tra gli ombrelloni, stringeva una frittata di maccheroni in attesa di salire in Vespa per andare a mangiare una fetta di cocco.

Probabilmente negli anni ’60 quando il sogno delle svedesi eccitava la fantasia dei play – boy nostrani, il villaggio “La Serra” rappresentava una specie di “Forte Apache” da conquistare a tutti i costi esibendo al cinturone lo “scalpo” biondo delle “vackra flickor” (belle ragazze). Per far colpo sulle scandinave c’era addirittura chi parcheggiava all’esterno del villaggio, sul piazzale del cosiddetto «Parco Svedese», una specie di duty free con negozi, bar, supermercati, pizzerie, edicole (con i giornali svedesi esposti in bella evidenza), a bordo di vetture “made in Sweden”, le Volvo e le Saab, invitando le longilinee scandinave a fare un giretto fino alla romantica foce del Garigliano.

E, a proposito del fiume, ora è tempo che anche il Garigliano, come il litorale, ritrovi la sua migliore identità naturalistica e funzionale, in modo che tra qualche tempo si possa passeggiare sulle sponde del “Bel Garigliano Blu”, ovviamente con le acque trasparenti e con il Blu che richiama non solo il mito del “bel Danubio”, ma che ricorda quella bandiera simbolo della bellezza ritrovata di quel Tirreno, ritenuto lo specchio d’acqua più bello del Mediterraneo, non più solo “mare nostrum” ma di tutte le popolazioni che guardano ora al “mare di tutti” simbolo di civiltà e di sviluppo.

FONTE: di Michele De Simone* detto Mimmo

Michele  De Simone, detto Mimmo, giornalista professionista,  è stato capo redattore de Il Mattino, è delegato del Coni e Presidente dell’Associazione della Stampa di Caserta, componente dell’Ente Provinciale del Turismo e vice Presidente della Storia Patria. Mimmo è stato  animatore di quasi tutte le manifestazione della Provincia di Caserta a partire dalla più conosciuta Settembre al Borgo per finire al Circuito Automobilistico –