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Come se nulla fosse (di Stelio W. Venceslai)
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Come se nulla fosse (di Stelio W. Venceslai)
Si pensava che le elezioni europee potessero cambiare tutto. Non è stato così.
Si pensava che l’opinione pubblica si stesse spostando a destra e potesse dare uno scossone al sistema comunitario. Lo spostamento c’è stato ma non nella misura immaginata.
Si pensava che l’Italia rientrasse finalmente in gioco, dato l’attivismo della Meloni, ma questo non è ancora avvenuto e forse non avverrà.
Non basta scioccamente insistere sul fatto che l’Italia è un Paese fondatore. Non è mica un titolo di merito. Fondatore lo è anche il Lussemburgo.
L’Italia non è un Paese importante come la Francia o la Germania. E‘ un grande Paese fornitore e trasformatore, ma come politica zero. Rassegniamoci all’evidenza.
La Meloni insiste sull’idea di patria e di nazione. Ha ragione, ma non le dà retta nessuno in Europa. Siamo una patria dimenticata e una nazione sconfitta dalla storia e dalla demografia.
L’Unione europea è un affare franco-tedesco. Ci si siede al tavolo quando il menù è già stato composto. Non piace la pietanza? Pazienza. O si trangugia o non si mangia.
Il nuovo team europeo deciso dall’accordo franco-tedesco è lo stesso di ieri, con un pizzico di salsa piccante in più, ma dove non dà fastidio, come la estone Kallas agli Esteri e il portoghese Costa alla Presidenza del Consiglio europeo.
Politicamente l’intesa Macron-Scholtz con i popolari, i socialisti e i liberali continua, una specie di centro sinistra europeo, immobile, come lo è stato prima delle elezioni. Il fatto è che i due, politicamente, sono dei morti viventi, battuti sonoramente dalle destre.
Più che un disastro, per l’Italia questa è una complicazione di governo.
Forza Italia è nel gruppo dei popolari. Il PD, ovviamente, è nel gruppo socialista e, quindi, sono alleati nel governo europeo ma avversari nel governo italiano.
Fratelli d’Italia, che è il partito di maggioranza nel governo italiano, è nel gruppo dei conservatori che è escluso dal governo europeo.
Diciamolo pure: è un gran pasticcio. Il terzo pilastro della maggioranza governativa italiano è la Lega, filo-russa, di fatto alleata con il partito nazionalista ungherese, filo-russo, e con la destra francese, rappresentata dalla Le Pen, anch’essa filo-russa.
Tre partiti alleati di governo in Italia ma su tre fronti opposti in Europa. E poi ci lamentiamo di non essere considerati?
Se davvero volessimo significare qualcosa, dovremmo avere un gruppo Italia che non c’è. Le divisioni partitiche indeboliscono l’azione di qualunque Presidente del Consiglio italiano.
La gestione von der Leyen, che l’Unione europea ripropone, con qualche leggera modifica, non è stata particolarmente brillante in passato e difficilmente lo sarà in futuro. Grandi voli ma poca sostanza politica.
L’Europa occidentale è tra le debolissime mani americane e gli artigli di Putin. I nostri destini dipendono da Washington e da Mosca, non da Bruxelles. Servi dei Russi o degli Americani, sempre servi siamo e, probabilmente, anche in ritardo sulla storia.
In Francia si profila un grande successo della destra con la Le Pen. In Inghilterra, invece, accade il contrario: scendono i conservatori e salgono i laburisti. Ma la vera incognita è l’America.
Della Russia sappiamo tutto: un Paese povero che vive esportando le sue materie prime e che ha una sola industria: la guerra.
Dell’America, al contrario, non riusciamo più a capire cosa farà. A parte i successi nello spazio, le canzonette e i film, ha registrato una serie impressionanti di disfatte dai tempi della guerra di Corea fino al conflitto israelo-palestinese. C’è, ma è un leone senza denti.
L’Europa, volente o nolente, si è affidata all’America.
Molti sembra che vogliano cambiare padrone, ma la sostanza è sempre la stessa: l’Europa non è in grado di reggersi da sola.
A questo punto il nuovo governo dell’Unione è solo un orpello, indeciso fra la continuazione dell’ossequio a Washington o l’inizio di un asservimento al satrapo russo.
Dal 1° luglio l’ungherese Orban sarà il maestro d’orchestra europeo. Non ama la von der Leyen ed è in rotta di collisione con la politica di acquiescenza americana ed ucraina dell’Unione. I fermenti francesi e delle varie anime della destra europea gli daranno una mano. Per fare che?
In America c’è stato un dibattito fra i due contendenti alla Presidenza. Lui, Trump, un gallo battagliero e bugiardo. L’altro, Biden, poco più di un pollo lesso. Se questo è il meglio del continente, viva l’incontinenza!
Se in America dovesse vincere Trump è evidente che per lui è più importante difendere Taiwan che l’Europa. Punti vista. Taiwan è monopolista dei semiconduttori a livello mondiale con venticinque milioni di abitanti. Forse è la chiave del Pacifico.
Però, l’Europa ha 250 milioni di abitanti ed è la chiave dell’Atlantico. Quanto potrebbe far comodo all’America di Trump la russificazione europea?
In mezzo ci siamo noi, tapini e rissosi. Una pena.
D’altro canto, per ben due volte, nell’ultimo secolo, gli Americani sono stati costretti a intervenire negli endemici conflitti europei. Capisco che un Trump possa dire: basta. Se gli Europei non sono in grado di difendersi da soli, perché dovrebbero farlo gli Americani?
Ecco, nel programma di governo che la von der Leyen presenterà all’Assemblea di Strasburgo mi piacerebbe sentire almeno la presa d’atto di questa situazione. Sarebbe già molto, ma non mi faccio illusioni.