*Se la vittima diventa carnefice* di Vincenzo D’Anna*
Dobbiamo alla scrittrice Anna Arendt il bellissimo libro “la banalità del male”, una raccolta di articoli scritti durante il processo a carico di Otto Adolf Eichmann, accusato di crimini contro l’umanità. Il gerarca nazista, uno dei capi delle SS, era considerato tra i maggiori responsabili “operativi” della cosiddetta “soluzione finale”, il progetto di sterminio degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale. Il processo si svolse a Gerusalemme, dove gli uomini del Mossad, il servizio segreto israeliano, riuscirono a trascinare l’Obersturmbannführer dopo averlo rintracciato e catturato in Argentina. Arendt ci ammonisce sulle conseguenze derivanti dall’obbedienza cieca e senza pensiero critico alle strutture di potere, nel caso di specie il regime hitleriano, che può spalancare le porte a inimmaginabili atrocità. Queste ultime commesse anche da quanti, prima di essere ridotti a fanatici obbedienti, altri non erano che…persone normali!! Dei comuni cittadini dediti ad una vita banale ed ordinaria. La morale è chiara: anche il più inerme degli uomini, se privato della libertà, della capacità critica, esasperato dalla forza dell’ideologia e del pensiero dominante, può trasformarsi in un feroce criminale al servizio del male. Dal processo venne appunto fuori che Eichmann altri non era che una “vittima” egli stesso di quel regime sanguinario che postulava la superiorità della razza ariana. Il carnefice non era, dunque, che una persona in preda ad una sorta di relativismo morale, in balia di quegli istinti che risiedono nelle radici stesse della malvagità umana. Il monito è lampante: chiunque, vissuto in un sistema illiberale e violento e da questi condizionato, può ridursi a strumento docile e spietato di quel modello. Ammonimenti e tragiche deduzioni, quelli della scrittrice, che hanno trovato riscontro in tutte quelle similari circostanze socio politiche che hanno caratterizzato i regimi totalizzanti. Lo fu anche per i marxisti ortodossi cambogiani di Pol Pot che, interpretando alla lettera il dettato comunista della lotta proletaria contro i nemici della classe operai, massacrarono due milioni di “borghesi”. Così fu per la rivoluzione cinese di Mao Tze Dong e per le vittime delle “purghe” di Stalin nella Russia dei soviet. Non fanno eccezioni i regimi di destra di Cile ed Argentina o le satrapie Africane. Insomma: se mancano libertà, diritti civili e rispetto per le prerogative di ogni singolo individuo lo sbocco non può che essere la violenza con la quale si tende a massificare il consesso sociale per edificare lo Stato ideologico ed egemone. Ed è questo il tragico comune denominatore che ha funestato tutto il “secolo breve”!! Ebbene, è veramente paradossale che ci sia ancora in giro chi, quei precetti ideologici, li coltiva e ripropone nel tentativo di dimostrare come quella dottrina dello Stato, egemone ed assoluto, possa essere separata dalle funeste e logiche conseguenze che pure sono consustanziali all’assolutismo ed alle verità indiscutibili ed apodittiche. Una regola aurea ed infallibile come la storia del mondo ci insegna che ogni qualvolta vengono meno le libertà vengono forzosamente piegate anche la volontà e la dignità degli uomini. Questa regola, sedimentata nei secoli, riguarda anche e soprattutto gli Ebrei, vale a dire l’attuale Stato d’Israele. Pochi popoli, infatti, hanno subito le atrocità e le discriminazioni dei discendenti di Davide, perseguitati, martoriati e più volte dispersi nel mondo dove hanno sempre vissuto gravati da pregiudizi ed ostilità. Eppure costoro, vittime dell’uso dei palestinesi da parte dei regimi teocratici musulmani e degli interessi russi in quell’area, sono stati capaci di trasformare un lembo di deserto in un giardino! Dalla diaspora hanno saputo creare l’unico Stato democratico in quel lembo di continente afflitto da califfi, golpisti e fanatici integralisti musulmani. Hanno combattuto tre guerre contro gli arabi che li volevano cancellare dalla faccia della terra e le hanno vinte!! Sono, queste, evidenze storiche inconfutabili, meriti umani indiscutibili che vanno loro ascritti. E tuttavia innanzi all’agire del governo capeggiato da Benjamin Netanyahu condizionato al suo interno dai religiosi ultraordotossi, quell’idea di apprezzamento lentamente vacilla. Stona come una macchia di inchiostro su di un foglio bianco: deteriora l’immagine ed i meriti di un popolo straordinario. La banalità del male colpisce tutti anche coloro che furono le vittime del più grande genocidio che la Storia dell’umanità ricordi. Dalla ragione al torto in politica è un attimo. Sia ben chiaro che Israele si difende dal terrorismo dei vari Hezbollah e Hamas, due facce di una stessa tragica medaglia di cui anche lo stato palestinese fantoccio di Abu Mazen (che non ha caso è guidato da un governo filo Hamas) fa parte: lo dimostra l’uso dei civili, di scuole, ospedali e private abitazioni per finalità terroristiche. Il più grande dei crimini commessi dai fanatici religiosi!! Però, passare per le armi decine di migliaia di questi civili pensando così di poter eradicare il terrorismo radendo al suolo tutto e tutti, ha il sapore dell’eccidio. Un paradosso per gli Ebrei, essere i protagonisti della riedificazione di quell’inumanità che regnava sovrana nei lager nazisti. Ed è così che le vittime diventano carnefici, che la “banalità del male” si ripropone.
*già parlamentare