La corda che impiccherà l’Europa* di Vincenzo D’Anna*
Uno dei vecchi slogan tanto cari agli anarco-rivoluzionari dell’Ottocento ed agli anticlericali di ogni risma, così recitava: “con le budella dell’ultimo prete impiccheremo l’ultimo re”.
Come sia andata a finire lo dicono i libri di Storia, ancorché questi siano spesso mendaci ed omissivi sulle vicende che portarono all’unità d’Italia ed all’epopea garibaldina. La storiografia, opportunamente revisionata, ci narra infatti non già di un moto patriottico che spinse alla creazione dello Stato unitario quanto al sottile disegno politico che il regno del Piemonte realizzò per il tramite delle pressioni della corona inglese. Sua maestà britannica infatti voleva sbarazzarsi del regno delle due Sicilie e della sua marineria che competeva, in numero e potenza, con quella inglese, eliminando anche le fonti dei floridi commerci che pure i Borbone coltivavano con successo.
Quello di Napoli era un regno florido, con una capitale all’avanguardia sul fronte culturale ed un apparato industriale di tutto rispetto. Ebbene quel regno fu invaso e saccheggiato e dalle casse del Banco di Napoli, uno dei pochi istituti bancari a battere moneta garantendola con le riserve auree, fu prelevato tanto oro da risanare le esangui casse sabaude indebitate da tempo per i costi sostenuti a causa delle varie guerre risorgimentali sostenute. Sia come sia, la Storia non torna indietro.
Tuttavia dal consesso sociale non sono scomparsi gli eredi degli anarchici, divenuti nel frattempo marxisti rivoluzionari e poi genericamente contestatori dei sistemi istituzionali ed economici sui quali poggiano gli Stati moderni. Insomma: gente che pur non avendo modelli alternativi di società atti a garantire la pace e la concordia sociale, si schiera sempre e comunque contro chiunque. A prescindere. Nel campo ambientale gli anarco individualisti si battono per recuperare lo stato di natura incontaminata senza fare i conti con il progresso industriale ed il benessere diffuso che ne deriva per la collettività.
Nel campo politico contestano le assisi dei leader internazionali (G8 et similia) devastando quel che gli capita sotto mano (banche, negozi, arredi urbani e simboli vari del capitalismo). Non sanno cosa vogliono ma lo vogliono subito. Non sanno dove approdare ma lo perseguono distruggendo l’esistente. Insomma: termini come democrazia parlamentare, stato di diritto e imperio delle leggi sono considerati, da questi personaggi, espressioni false e formali in mano ad un’indistinta, ipotetica, categoria di plutocrati che vuole asservire l’umanità e gli Stati stessi.
Spesso questa speciale genia di “protestatari” trova appoggio in quella Sinistra antagonista che, alla prova elettorale, rappresenta poco o niente ma che diventa importante quando si trasforma in “barricadera”. Ovviamente i mobili con i quali poi vengono erette le barricate sono quelli degli altri come i soldi che vorrebbero distribuire a tutti per una forma di infantilismo filantropico. Purtroppo questo modo di pensare è riuscito a fare breccia anche negli Stati Uniti, un mondo in cui storicamente il culto della libertà personale e quella di poter sfruttare le opportunità individuali per realizzare la propria felicità, è sacro.
Come dimenticare che nel corso del ‘900 gli Usa siano intervenuti ovunque a difendere le libertà dei popoli e per ben due volte a liberare il Vecchio Continente dalle grane delle guerre mondiali? Il tutto anche grazie allo spessore politico ed umano dei presidenti di quella grande nazione e del benessere che l’ha sempre pervasa. Ma le cose, si sa, cambiano ed anche in quel sistema liberale sta prendendo piede la spinta anarcoide e populista: un moto nazionalista e xenofobo che è l’esatto contrario della lodevole storia di un Paese che pure ha accolto milioni di immigrati che hanno condiviso, con il tempo, la sua opulenza. Insomma alla visione larga e generosa della patria degli “uomini liberi” si sta contrapponendo ora quella dell’egoismo del nazionalismo più becero e razzista, che invece di costruire ponti solleva muri tradendo la sua intima vocazione.
A capo di questo movimento spicca un miliardario rozzo e poco acculturato che interpreta la pancia della parte peggiore degli Usa: il “tycoon” Donald Trump. Costui ha già dato prova di quanto pericolosa sia la sua permanenza alla Casa Bianca. Di lui infatti si ricordano i dazi sulle merci europee; la richiesta di denaro per essere partecipi dell’ombrello difensivo offerto dalla Nato ai paesi aderenti; la politica di neutralità che ha rinforzato i nemici dell’America in Asia (la Cina comunista e finanche i Talebani in Afganistan), in Africa, nella malandata Russia del satrapo e guerrafondaio Vladimir Putin; nell’Iran degli Ayatollah o nella Corea del Nord di Kim Jong, per non dire dei terroristi di stampo marxista come Hamas ed Hezbollah. Ma a Trump poco interessa tutto ciò, oberato com’è a fare lo sceriffo. Interessa tuttavia agli europei ed a quei poco accorti “Patrioti” come Salvini ed Orban che vi si affidano ciecamente. Un giorno chiesero a Vladimir Lenin dove avrebbero potuto procurarsi tutta la corda che occorreva per impiccare i capitalisti. Egli rispose che l’avrebbero fornita i capitalisti stessi. Con Tramp alla Presidenza la forniranno gli stessi incauti Patrioti, con la quale “appendere” la stessa l’Europa…
*già parlamentare