*Venezuela, la tirannia dimenticata* di Vincenzo D’Anna*

Abbiamo più volte evidenziato come nella sinistra italiana persistano, immarcescibili, due difetti di fondo a dir poco ontologici. Il primo è lo strabismo politico; il secondo è la doppia morale che viene assunta nel valutare le questioni (anche quelle più scabrose) laddove queste traggono origine da governi a guida social-marxista. Un doppio binario di valutazione, per dirla tutta, che investe anche i movimenti cosiddetti progressisti di quell’area. Ambientalisti e pacifisti compresi. Se così non fosse la storia del partito comunista italiano e quella dei suoi addentellati sociali (Cgil) e civici, ossia quanti marciano e protestano a senso unico, sarebbe stata ben diversa rispetto a quella dei tempi nostri. Sarebbero mancate le inevitabili ricadute sull’intero sistema politico italiano dei post comunismo. Infatti Scomparsa, alla fine del secolo scorso, con la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Urss, l’illusione del marxismo, le cose, nel Belpaese, non sono cambiate affatto per gli eredi del Pci, se non per le sigle e le denominazione assunte dalle nuove entità partitiche sfociate oggi nel Pd. Per essere più chiari: verificata l’impossibilità di poter applicare le tesi di Marx ed Engels, edificando la società degli eguali imposta dallo Stato controllato dal partito, avrebbe dovuto portare quei politici ad una ragionata resipiscenza dei propri errori ideologici. Invece gli ex marxisti si sono trasformati, rapidamente e nominalmente in liberali, senza però rinunciare al loro modo di essere. Un’ulteriore riprova del manicheismo intellettuale che contraddistingue gli orfani di Botteghe Oscure ci viene dall’assoluto silenzio sulle elezioni politiche che si stanno tenendo in Venezuela. Un Paese un tempo florido che, dal dopoguerra in poi, è stata approdo per migliaia di migranti italiani. Scopertasi ricca di giacimenti di petrolio (oltre che di altre materie prime), la nazione latinoamericana è divenuta, via via, sempre più ricca grazie all’esportazioni dell’oro nero. Il tutto è cambiato con l’avvento al potere dell’ex militare Hugo Rafael Chávez, capo del partito socialista rivoluzionario, convinto sostenitore di una serie di riforme demagogiche, copia e incolla di quelle cui diede vita, negli anni ’60 del 900, Fidel Castro nella vicina Cuba. Riforme chiamate “Missioni Bolivariane” che intendevano sconfiggere le disparità sociali, combattere malattie, analfabetismo e malnutrizione. Un programma applicato radicalmente con scioperi e blocco della libera iniziativa economica, restrizione e controllo del cambio monetario, collocazione del Venezuela tra i paesi del fronte anti capitalista. Insomma, Chávez ha voluto radere al suolo ogni attività che non fosse controllata e gestita dallo Stato socialista, fedele ai rigidi dettami marxiani. Risultato: quello che era trainante per l’economia è appassito, i salari sono stati imposti dal governo agli imprenditori e il tutto è stato ricondotto alla massificazione egalitaria della società e dell’economia. Insomma: così facendo è stata cancellata ogni traccia del suo predecessore Rafael Caldera, democristiano, che operava in un regime parlamentare di stampo liberale. Chávez è salito al potere nel 1999 governando fino al 2013, con una breve parentesi, dovuta ad un colpo di Stato, nel 2002, poi rientrato. Alla sua morte il potere è passato nelle mani di Nicolas Maduro il quale ha proseguito, imperterrito, nel solco ideologico tracciato dal suo predecessore anche quando l’economia venezuelana è collassata sia per il calo del prezzo del greggio, sia per le inefficienze e lo sperpero statale, trascinando la nazione nel baratro della povertà. Al momento, infatti, mancano medicine e derrate alimentari e finanche la benzina e’ razionata. La corruzione dilaga ovunque e circa un terzo della popolazione è stato costretto ad emigrare. E’ questo il panorama entro il quale il Venezuela, presidiato dall’esercito di Maduro, si appresta ad andare al voto. Ad opporsi al satrapo socialista c’è una donna. Si tratta di Marìa Corina Machado, leader di un movimento di protesta che anima l’opposizione in Parlamento. Alzi la mano chi ha mai letto, sugli impavidi e moralisti giornali italiani, il nome di questa pasionaria!! Ad intervistarla ci ha pensato il Financial Times non certo Il Fatto di Travaglio!! Né il “caso Venezuela” ha destato l’attenzione dei politici di casa nostra pur solerti nel difendere il popolo palestinese dagli attacchi di Israele!! E quelli che riescono a trovare ragioni politiche per giustificare l’aggressore seriale Vladimir Putin? Niente. Anche da loro non una sola parola, non un misero straccio di solidarietà per quella nazione sottoposta a vera e propria tirannia. Eppure sono svariate decine i giornalisti inviati negli Usa per seguire le gesta di Donald Trump ed il declino fisico di Joe Biden. Possibile che da loro non sia giunta una sola riflessione su quel Paese che pure non è poi così distante dagli States? Sperare di trovare “tracce” di Venezuela nelle torrenziali dichiarazioni dei vari, pensosi, ospiti dei talk show televisivi che ci ammorbano quotidianamente con grande sussiego dal piccolo schermo ? Macché!! I “sinceri democratici” di Elly Schlein, i sanculotti farlocchi di Giuseppe Conte e gli antagonisti ad oltranza Fratoianni e Bonelli, tacciono. E tacciono anche gli altri, purtroppo!! Quelli che, essendo stati battezzati come “fascisti”, avrebbero tutto l’interesse a contestare il miserabile silenzio sulla tragedia di quella nazione. In fondo la libertà non ha bisogno di cantori ma di testimoni!! C’è qualcuno che possa battere un colpo?

*già parlamentare