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Miserabilia (Editoriale del nostro esperto di politica estera Stelio W. Venceslai)
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Miserabilia (Editoriale del nostro esperto di politica estera Stelio W. Venceslai)
La situazione internazionale sta degenerando. Segnali di guerra si stanno diffondendo dal Medio Oriente.
Israele ha decapitato il vertice degli Hezbollah in Libano e di Hamas in Iran. Due azioni brillanti e fulminee, se vogliamo, in due giorni consecutivi, che hanno accelerato la crisi endemica di quella regione.
Nella lotta mortale fra Israele e Hamas ormai, da tempo, non ha più senso parlare di una morale della politica. Gli sgozzamenti dei bambini ebrei del 7ottobre e i dodici bambini drusi uccisi l‘altro giorno da un missile hezbollah nel Golan fanno il paio con gli assassinii mirati dei capi palestinesi. La ferocia regna sovrana in una rincorsa a chi è più feroce.
I tentativi più o meno sinceri di placare questa spirale di violenza sembrano del tutto inutili. La Corte internazionale di giustizia condanna all’arresto i responsabili, ma nessuno rispetta le sue decisioni. Hamas ed Israele sono ugualmente impuniti. Il Consiglio di sicurezza delle N. U. deplora e condanna, ma nessuno fa niente. Non parliamo, poi, dell’Unione europea.
Gli schieramenti tradizionali sono evidenti e le reciproche dichiarazioni volte ad abbassare la tensione, ormai, sono scontate e stucchevoli. Nessuno vuole la guerra totale, ma intanto l’Iran si prepara a reagire. Vendetta chiama vendetta, in una faida senza fine.
In concreto, però, le difese iraniane sono state ”bucate” in modo sorprendente. L’Iran ha chiesto ai Paesi finitimi di chiudere il loro spazio aereo agli Americani. L’attacco iraniano ad Israele, circa un mese fa, è fallito per l’intervento della flotta aerea americana. Chiudere lo spazio aereo agli Stati Uniti significa poter colpire direttamente Israele.
L’Iran colpirà e Israele reagirà. Un ping-pong di atrocità, ma l’Iran sa bene di essere più debole, anche se spalleggiato da Russia e Cina.
Erdogan minaccia d’intervenire contro Israele. Questo è un fatto nuovo nell’agitato quadrante mediorientale. È dubbio che possa farlo anche se è possibile che apra un altro fronte dalla Siria.
Mai come in questo momento gli Stati Uniti sono stati così impotenti. Il loro protetto, Netanyahu, fa di testa sua. Approfitta dell’impasse politico americano ma gli apprendisti stregoni fanno in genere disastri e una brutta fine. Israele non può combattere contro il mondo intero. Netanyahu conta sull’elezione di Trump per restare al potere e non finire in galera, ma se Trump non vincesse?
Difficilmente gli Stati Uniti abbandonerebbero Israele, ma Netanyahu dovrà andarsene. In fondo, non solo è ancora invischiato nella Striscia di Gaza ma è riuscito a coalizzare tutti i suoi nemici, arabi e non arabi, e ad isolare Israele tra il Golan, la Cisgiordania e Gaza.
Le prossime elezioni americane paralizzano ogni tentativo internazionale di placare gli animi. Può sembrare un paradosso, ma l’attuale debolezza americana è un sintomo palese dell’importanza del ruolo di Washington negli affari internazionali.
Washington può fermare la Turchia, può contrastare l’Iran tramite l’Arabia Saudita, può ammonire la Russia a non esagerare, visti i problemi che ha con le minoranze islamiche al suo interno e, soprattutto, può mettere un punto fermo alle dissennate ambizioni di Netanyahu. Senza gli Stati Uniti dietro Netanyahu è un pollo morto.
Ma gli Stati uniti, al momento, sono fuori gioco. Il Segretario di Stato Blinken fa l’escursionista tra le varie capitali arabe, rincorrendo una tregua impossibile e per la liberazione degli ostaggi che, ormai, com’era prevedibile, sono quasi tutti morti. Biden, dopo il gran ritiro, non ha più audience anche se ringalluzzito dal successo dello scambio con la Russia dei prigionieri politici. Nel frattempo, tutti sono liberi e sfrenati. Comunque andranno le elezioni a novembre, saranno tempi duri, dato che sia la Harris sia Trump (checché ne dica lui), sono digiuni di politica estera.
In più, se dovesse vincere la Harris, cosa non improbabile, sarebbe sepolta da una valanga di accuse di brogli da parte di Trump, che non ci sta a perdere, tale da scatenare davvero il rischio di una guerra civile in un Paese così fortemente spaccato in due. In un’eventualità di questo genere, per il comune cittadino americano Israele, Palestina, Iran, Venezuela, sarebbero davvero l’ultimo dei problemi.
E l’Italia, in un contesto così drammatico? Zero. Non possiamo far nulla. Non siamo neppure comprimari come la stessa Europa che, al solito, blatera la propria impotenza.
Ci dilettiamo di sciocchezze, tanto per far polemica e rumore. Per quanto possano sembrare importanti, l’imminenza di un conflitto mondiale le riduce solo a miserabilia. Ne cito qualcuna di a diletto di chi legge:
l’opposizione che a gran voce reclama un intervento diplomatico italiano “decisivo” in Medio Oriente (?). Truppe italiane (circa 1.200 uomini) sono in Libano per conto delle N. U. Se la situazione peggiora possiamo solo riportarli a casa;
il successo (?) della raccolta firme per un referendum contro la legge sull’autonomia differenziata. Bisognerà vedere, all’atto pratico, che ne pensa il popolo chiamato alle urne;
la polemica sul battesimo dell’aeroporto di Milano al nome di Berlusconi, una scelta inopportuna, inutile e divisiva, neppure condivisa dalla famiglia;
l’ingerenza del governo nella gestione RAI, lamentata dall’Unione europea, ma di inveterata tradizione politica italiana;
lo strappo di Grillo che rivendica la proprietà di 5Stelle, in polemica con Conte che, invece, ne vorrebbe fare un partito.
L’opposizione, come è giusto, fa il suo dovere. Un’opposizione che non è né politica (dove sono le idee per il futuro?) né ideologica. Dice no a tutto, e va pure bene, conscia che i quattrini non ci sono e che se fosse al governo farebbe più o meno le stesse cose. Non c’è un dibattito politico di grande ampiezza come non c’è neppure in Europa.
È triste constatare ancora una volta questa impotenza, aspettando Godot.