*Stragi a senso unico: e quelle rosse?* di Vincenzo D’Anna*

Per la imperitura lotta al fascismo ecco scendere in campo anche il Capo dello Stato che, con la sua autorevole opinione, conferisce credibilità, quasi un avallo, alla ricostruzione storica e politica che la sinistra rievoca, in questi giorni, sulle stragi della stazione di Bologna e dell’Italicus. Per i distratti, gli immemori ed i falsari al soldo dei compagni, converrà ricordare che stiamo parlando, nel caso del capoluogo emiliano, del 1980; nel caso del treno Roma-Monaco, del 1974. Erano anni, quelli, in cui l’Italia era squassata dal terrorismo eversivo. Non solo “nero”, ma anche e soprattutto di matrice comunista, animato da formazioni extraparlamentari come le Brigate Rosse, Potere Operaio e Lotta Continua. Organizzazioni che, a vario titolo ed in varie occasioni, assassinarono leali servitori dello Stato: politici, magistrati, sindacalisti, economisti, giornalisti e forze dell’ordine. Ora, poiché la violenza e l’eversione vanno sì perseguite, ma anche condannate e ricordate, senza fare sconti a nessuno e senza amnesie di sorta (proprio in difesa di quell’apparato democratico che quelle stesse cellule volevano cancellare!!), non troviamo giusto che ci si ricordi degli uni (i fascisti) e ci si dimentichi degli altri (i comunisti). Chi fa questo commette, a nostro giudizio, una vera porcheria prima storica e poi politica. Tuttavia così vanno le cose nel Belpaese, ove una sinistra che ha perso i vecchi riferimenti ideologici ed i valori di un tempo, si arrabatta pur di dimostrare di essere l’unica in grado di poter “difendere la libertà”. Ed è così che la minaccia del Fascismo rimane imperitura anche dopo che questa è stata definitivamente eliminata nel 1945, sia dai moti resistenziali sia dagli eserciti alleati che liberarono la nostra Penisola. Una specie di Araba Fenice, insomma, che risorge continuamente dalle proprie ceneri nel mentre l’eversione marxista dei “khmer rossi” di casa nostra, ossia dei “compagni che sbagliano”, sembra affidata al più classico oblio. Un esempio di questo vergognoso doppio peso lo si può leggere, inciso, su di una lapide che troneggia nella principale piazza di Caserta. Una lapide in cui si ricorda che il grande statista democristiano Aldo Moro e la sua scorta furono trucidati da…”ignoto crimine “!! Sissignore, e’ scritto proprio così!! E così credo avvenga anche in altri omissivi ricordi celebrativi sparsi, ahinoi, un po’ in tutto lo Stivale. Per la serie: se l’attentato sanguinario è di matrice sinistrorsa, meglio rimanere nel vago. Se invece è fascista, allora fiato alle trombe!! In fondo, tranne i militanti più indottrinati e gli odiatori di professione, a chi volete che freghi qualcosa di queste “ sperequazioni”, queste amnesie premeditate. Queste ultime appartengono, ormai, ad un altro secolo e ad un’altra epoca, ma chi ancora ci marcia politicamente facendo il finto tonto. Il copione da recitare è questo perché conferisce ai nostalgici ai tardo eredi del comunismo militante una sorta di aura nobile marcandone una specie di superiorità morale tanto cara da quelle parti dell’arco costituzionale, ove, tolta la presunta e presuntuosa superiorità morale, rimane veramente ben poco da dire!! E veniamo ai fatti di questi giorni. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, benvoluto e stimato anche per il noto equilibrio mostrato nell’esercitare autorevolmente il suo secondo mandato al Quirinale, è caduto anch’egli nel “trappolone ideologico”. Per commemorare la strage relativa all’attentato al treno Italicus (4 agosto 1974) costato la vita di 12 persone, ha parlato, infatti, di “parte significativa della stagione stragista dell’estrema destra”, forse per similitudine con l’attentato alla stazione di Bologna dell’agosto del 1980 e quella sul Rapido 904 Napoli-Milano del 1984 conosciuto anche come la “strage di Natale”. Le obiezioni a tale eventuale paradigma sono elementari: la strage dell’Italicus è rimasta impunita. I colpevoli (neri, rossi o bianchi che fossero) non sono mai stati individuati. Per l’attentato al Rapido 904, invece, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli tirò in ballo anche l’ex numero uno di Cosa Nostra, Toto Riina, accusandolo di essere stato il mandante di quella mattanza. Per gli inquirenti partenopei, infatti, quella strage sarebbe stata la prima risposta architettata dal “capo dei capi” ai mandati di cattura relativi al maxi processo a Cosa Nostra emessi nel settembre 1984 dai giudici Falcone e Borsellino. Allinearsi quindi alle “sole” tesi antifasciste “pret a porter”, ossia facilmente utilizzate per ogni contingenza, rischia di trasformarsi in un marchiano errore. L’Inquilino del Colle, non dimentichiamolo, è chiamato a svolgere il ruolo di garante per tutti i cittadini. Sì, anche per quelli che furono vittime dell’eversione comunista e di cui oggi quasi nessuno più parla. Tra i tanti ricordiamo: Aldo Moro, Luigi Calabresi, Walter Tobagi, Pino Amato, Marco Biagi, Vittorio Bachelet, i direttori del Dap Tartaglione e Palma, il sindacalista Guido Rossa, i magistrati Francesco Coco, Emilio Alessandrini, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini e i tanti, troppi, servitori dello Stato (poliziotti, carabinieri, finanzieri) trucidati mentre adempivano al loro dovere. Un lungo elenco di martiri ai quali l’antifascismo perpetuo e di maniera, l’indirizzo unico e ricorrente verso i “bersagli” dell’eversione fascista dei Nar oppure di Ordine Nuovo, ne sbiadisce il ricordo e ne degrada il valore civile. Che questo gioco, ipocrita e vigliacco, lo facciano i tardo epigoni politici del nostro “comunismo alle vongole” è cosa risaputa, ma che vi si associ Mattarella è un gran brutto esempio che non possiamo accettare!! A quella altezza politica non e’ concessa alcuna partigianeria.

*già parlamentare